Capitolo quarantatre.

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Bastò quella sua frase perché le mie gambe iniziassero a muoversi velocemente nella direzione opposta a quella dalla quale arrivavano quei mostri.
Dimithryus, che all'inizio rimase indietro, mi superò afferrandomi per mano e trascinandomi dietro di sé.

-Abbiamo bisogno di raggiungere il punto più alto perché io possa riportarti indietro.- Urlò per sovrastare l'intenso rumore del vento polveroso che, violento, si infrangeva contro i nostri corpi controcorrente.

-Hai detto di essere una delle principali figure qui! Non so, fa qualcosa! Digli di lasciarci in pace!- Con le gambe dolenti ed il fiato corto  osservai al di sopra della mia spalla constatando, con orrore, quanto fossero ormai vicini a raggiungerci.

-Sono mietitori Jolie, divoratori di anime! Tu, per loro, sei come l'acqua nel deserto! Non mi ascolterebbero nemmeno se lo volessero.- Dicendo questo, l'uomo iniziò ad arrotolare la manica della sua camicia lasciando che il grande tatuaggio venisse fuori.

Arrivammo davanti ad un grosso cumulo di macerie formanti una collina, che iniziammo a scalare rapidamente, finchè non mi sentii afferrare per una caviglia. Caddi rovinosamente in avanti, urlando di terrore ed invocando l'aiuto di Dimithryus quando osservai le zampe di quell'essere disgustoso graffiarmi la pelle.
In un secondo acchiappò la mia mano tirandomi su con forza, prima di acquattarsi in posizione felina all'altezza dei demoni, che avevano formato un gruppo compatto, e ringhiare parole in un latino antichissimo.

-Tornate da dove siete venuti mietitori! E' il vostro principe che ve lo ordina!-

L'espressione rabbiosa di quegli esseri immondi deturpò i loro già orrendi linamenti la cui pelle, dal nauseabondo odore di morte, pendeva stracciata e raggrinzita dai loro volti; fu il demone a capo del gruppo l'unico a sfidarlo, avanzando carponi e dirignando i denti marci.

-Traditore.-  Fu l'unica cosa che sibilò viscidamente prima che Dimithryus mi stringesse a se premendo la mano sul suo tatuaggio e, nuovamente, fummo risucchiati da quel vortice che ci aveva condotti lí, riportandoci a casa.

Mi ritrovai catapultata nel salone della tenuta, salva.
Un forte senso di nausea mi investì, facendo sì che svuotassi il contenuto dello stomaco sul lucido pavimento marmoreo, cercando di sorreggermi alla figura di Dimithryus, per quanto mi fosse possibile. 

-Hai tormentato la tua anima, in quel buco infernale, più del dovuto.- Disse allontanando lo sguardo da me, rivolgendolo  da tutt'altra parte. -Snow!- Urlò per richiamare la giovane ragazza all'attenzione che, precipitosamente, ci raggiunse mettendosi a nostra completa disposizione. -Conduci Jolie alle sue stanze e preparale un bagno caldo.-  Si assicurò che i suoi ordini fossero stati recepiti prima di rivolgersi a me che, nel silenzio più assoluto, cercavo di calmare i sudori freddi. -Va a riposarti, ti farò chiamare per l'ora di cena; più tardi ci preoccuperemo di parlare di quanto accaduto.-
Annuii, avviandomi verso la mia camera con l'aiuto di Snow.

***

Inutile dire che, nonostante quel sonno fosse stato popolato da incubi orribili, una volta sveglia mi sentii rinata.
Il bagno, preparatomi dalla domestica, era stato un vero e proprio toccasana dopo aver passato quattro giorni circondata dal puzzo dell'umidità e della polvere, di cui le segrete erano impregnate, ed aver viaggiato attraverso l'inferno.

La notte, ormai, incombeva silenziosa sulla tenuta quando, osservando il cielo attraverso i lucidi vetri della finestra, constatai che nessuno mi  avesse convocato per la cena; o probabilmente lo avevano fatto, beccandosi un grande rifiuto da una me totalmente assonnata ed incosciente.
Non che il cibo fosse una mia priorità considerando gli eventi recenti.
L'unica cosa che continuava a ronzarmi nella testa era la necessità impellente di incontrare Dimithryus per affrontare quanto accaduto, che sembrò essere diventato solo uno sfocato ed intangibile ricordo lontano.
Tutte quelle che erano le mie intenzioni passarono in secondo piano quando, voltandomi tra le vaporose coperte, notai dei fogli spiegazzati ai piedi dell'ampio letto.
Accesi l'abat-jour, posto sul comodino al mio fianco, sollevandomi per afferrare quelle misteriose pagine  abbandonate lí come a voler farsi notare: "un amicoerano le uniche due parole scritte esternamente, in una calligrafia che non mi era sconosciuta ma, di cui non seppi definire l'appartenenza.

Azazel - Lucifer's SonWhere stories live. Discover now