"too bad it's just a dream"

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"Sei come una presenza effimera che mi sento scivolare tra le dita, in certi momenti più di altri."

JUNGKOOK's POV

Avevo un macigno nel cuore. Facevo di tutto per distrarmi, perfino studiare. Eppure non riuscivo a concentrarmi nello studio perché, inevitabilmente, la mia mente ritornava al solito pensiero, a quel chiodo fisso. Mi chiesi se era giusto starci male, se ero più importante io o sua madre. Dentro di me sapevo quale era la cosa giusta: dovevo permettere a Jimin di riallacciare il rapporto con quella donna e dovevo aspettare. Non sapevo ancora quanto, ma dovevo aspettare.

Ero malinconico, non proprio triste. Mi sentivo giù di morale, ma nemmeno così rassegnato. A volte, quando pensavo direttamente a Jimin, mi pizzicavano gli occhi e rimandavo indietro le lacrime focalizzandomi su altro. Come avrei potuto dirglielo? Mi avrebbe aspettato?

Ed ora ci stavo giusto pensando. Gli occhi erano già umidi, le guance solcate di lacrime. Non era stato semplice prendere quella decisione: notti insonne, acidità di stomaco e continui ripensamenti. "È un occasione che mai si ripeterà, saresti un folle a fartela scappare" mi dicevano.  "Col carattere che hai, non dureresti nemmeno una settimana" altri ancora mi dicevano. Io cosa volevo veramente?

Io volevo partire, ma volevo anche restare. Jimin avrebbe capito?

Aprii il cassetto della scrivania ed osservai il suo contenuto. In bella vista appariva il biglietto di sola andata per Londra e, in secondo piano, tutti i moduli che avevo compilato per la mobilità internazionale mesi addietro, quando Jimin era scappato a Busan. Avevo fatto domanda per studiare all'estero per il mio ultimo semestre universitario e, per mio grande stupore, ero stato accettato.

Ormai avevo deciso. Mi restava solo un ultima cosa da finire prima di partire. 

***

JIMIN's POV
18 aprile 2020, domenica ore 17:38 - Seul

Silenzio.

Fu il silenzio ad accogliermi quando entrai nell'appartamento di Jungkook a Seul. Non sapevo cosa aspettarmi. - La mia casa -. Forse mi ero illuso che l'universo si sarebbe capovolto e avrei trovato il paradiso terrestre, e cioè il mio ragazzo in carne ed ossa, qui in Corea, nella quiete della nostra casa. Perchè, di fatto, era nostra a tutti gli effetti. Jungkook era stato molto chiaro sul mio modo di considerare il suo appartamento a Seul.

Mentre ripercorrevo le stanze buie e vuote, riprendevo anche contatto con le sue cose, ma era cambiato tutto. Mi guardai attorno analizzando le piccole differenze rispetto all'ultima volta che ero stato lì, circa quattro mesi prima.

Sulla mensola del salotto, proprio sopra alla televisione, c'era una statuetta di circa venti centimetri: una ballerina con la gamba distesa verso l'alto, con la mano che impugnava la caviglia al di sopra della testa e restava in equilibro sulla punta del piede. Apparteneva a mio padre, che era solito alzarsi sulle punte e inarcarsi all'indietro, per mostrarmi come faceva un ballerino ad assumere quella posizione elegante. Mio padre era stato un ballerino di danza classica e contemporanea. Mi piaceva guardarlo mentre si muoveva. A volte, quando era di buon umore, faceva piroette in giro per la casa, seguendo una musica che sentiva solo lui. Quando avevo cinque anni, pensavo che mio padre fosse l'uomo più meraviglioso al mondo e lo amavo più di chiunque altro. Era un amore fondato sulla nostra stessa passione, sull'essere molto simili. Dopo la sua morte, avevo desiderato fracassare per terra quella statuetta, ma alla fine l'avevo risparmiata e nascosta dalla vista. Ed ora, eccola qui, nell'appartamento di Jungkook. A volte i ricordi facevano male, anche i più belli.

Shameless ~Jikook [completa].Where stories live. Discover now