Capitolo 15

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"Apri questa cazzo di porta." era già da un'ora intera che era lì fuori e insisteva nel voler entrare in camera.
"Ti ho detto di andare via!" Infastidita dal suo comportamento tirai il cuscino alla porta, per provare ad allontanarlo.

"Ti giuro che la butto giù." Colpì la porta con un pugno, facendomi sobbalzare.
"Poi la ripaghi." Alzai le spalle come se mi potesse vedere.

Aspettai un po' e sentiì i suoi stivaletti allontanarsi, sospirai. Finalmente si era arreso, credevo volesse stare un'altra ora a gridare e a tirare pugni alla porta.

Andai a lavarmi, indossai il mio reggiseno e apriì l'armadio per poter scegliere una felpa, amavo le felpe di tre taglie piu grandi ed erano anche molto comode.
Ma saltai all'indietro gridano appena la porta cadde per terra.

Il riccio davanti a me aveva un faccia a dir poco infuriata, ma mai quanto la mia.
Mi avvicinai, ricordandomi di avere solo il reggiseno appena il suo sguardo si abbassò.
"Esci immediatamente!" Mi copriì con l'anta dell'armadio indicandogli l'uscita. Nel frattempo si morse il labbro inferiore, facendomi arrossire ancora di più.

"Pervertito del cazzo!" Gli tirai delle scarpe che lo fece risvegliare dal suo stato di trance.

"Ti ho detto di uscire!" Continuai a tirargli cose a caso, avendo finito le scarpe, che però non riuscirono a fermarlo visto che avanzò verso di me fermando i miei polsi.
"Lasciami stare." Ringhiai, davvero infuriata dal suo atteggiamento di sfida.

"Ti avevo detto che avrei sfondato la porta." La sua voce era sempre più roca e profonda, dovevo ammetterlo...era tremendamente eccitante.

"Smettila." Cercai di divincolarmi dalla sua presa, inutilmente.
"Vatti a scopare qualcun'altra perché qui non trovi niente." Serrai la mascella, riuscendo finalmente a liberarmi dalle sue mani e a spingerlo via.

"Ora si spiega tutto." Si allontanò sempre con quel sorriso del cazzo sul viso.
Nel frattempo indossai la prima felpa che mi si presentò davanti, per evitare quello sguardo da depravato.
"Non osare parlare, se hai intenzione di stare qui a dire stronzate me ne vado." Indossai le mie scarpe pronta ad uscire, sicura che non avrebbe mollato.

Lui iniziò a ridere, facendomi salire la voglia di dargli un pugno.
"Non credo tu abbia il coraggio di uscire dopo quello che è successo ieri." Si stirò e si sdraiò sul letto.

Di conseguenza mi misi il giacchetto ed uscii definitivamente dell'appartamento, correndo via prima che Harry mi raggiungesse e mi fermasse.

Camminai un bel po', notando quanto la città fosse triste e deserta. I negozi erano vuoti e privi di colori, come il resto della città, ovviamente.
Solo adesso mi accorsi di aver dimenticato il mio cellulare in camera.

Imprecai andando a sbattere contro un uomo, alzai lo sguardo e vidi due uomini guardarmi dall'alto, il loro sguardo era duro e severo. "Scusatemi." Sussurrai impaurita scappandomi via dai loro occhi, il mio battito accelerò, pentendomi di essere uscita, soprattutto senza cellulare. Idiota!

Girai a destra trovandomi però in una strada buia e considerata non molto sicura.
Ma quando decisi di tornare indietro mi scontrai, nuovamente, contro gli uomini di poco prima.
Il battito accelerò come il mio respiro. Stavo già iniziando a sudare solo a vedere la loro faccia.

"Claire Agent." Pochi conoscevano il mio cognome, non volevo ricordarmi di essere figlia di un uomo sgradevole.
"C-come fate a sapere il mio nome?" Indietreggiai tenendo ben saldo il mio giacchetto.
"Conosciamo tuo padre." Disse l'uomo più basso, l'altro invece, che aveva dei capelli chiari e lunghi, rimase in silenzio.

"Non lo vedo da tanti anni." Serrai la mascella, cercando di non piangere.
"Neanche noi." L'uomo, che prima era rimasto in silenzio, avanzò scrocchiandosi le dita.

Holmes ChapelWhere stories live. Discover now