CAPITOLO 15: Nelle Tue Mani

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Sergej parcheggia la moto accanto alla rimessa delle biciclette del Bagno Sociale.

Afferro un telo, uno di quelli che solitamente utilizzo per mettere a riparo il pattino di salvataggio, una volta finita la stagione estiva.

Copro la Ducati, interamente, che manco nella Bat-caverna quando l'uomo pipistrello torna ad essere semplicemente Bruce Wayne, un eccentrico miliardario.

E, in un certo senso, penso che al mio fianco ci sia una sorta di supereroe: un uomo lupo, come soprannome gli calzerebbe a pennello.

"E che pennello... manco quello di Michelangelo nella Cappella Sistina! E che cappella..."

La corsa rocambolesca per raggiungere la spiaggia è stata un'avventura: Sergej mi ha fatto strada per raggiungere il bolide a due ruote, in mezzo alle frasche dei campi, a ridosso del viale interno completamente invaso dalla polizia.

E sì... non solo la mia attenzione era rivolta a quell'accento simil lombardo, incomprensibile, con il quale gli sbirri gridavano frasi sconnesse tra di loro; ma, come sempre, ero rimasta incantata a guardare le movenze feline del mio cavaliere.

Sergej si destreggiava con esperienza, tra la vegetazione attorno a noi. Proprio come un soldato, un Marine, un berretto verde nella jungla Vietnam, un Rambo dagli occhi di ghiaccio... con una consapevolezza, un'esperienza, che mi ha fatto temere, addirittura, che avesse preso parte a qualche guerra.

"Ma no, Sel, ma che stai a dì? Avrà fatto qualche battaglia di soft-air! O sarà stato campione di nascondino e gavettoni! O per campare avrà commesso qualche furtarello al mercato e avrà zigzagato tra i banchi del pescivendolo, povero cucciolo!"

Una volta acceso il motore, tra il caos generale, abbiamo tagliato per la campagna, schivando le buche di fango dei terreni agricoli, fino al lungomare.

Nonostante il traffico spaventoso, figlio della movida versiliese by night, ci siamo mimetizzati alla grande tra clacson e automobili.
Anche se, e di questo ne sono certa, mi è sembrato di scorgere ancora una volta, nel cielo oscuro, quegli stessi elicotteri che avevo intravisto sulla battigia, quando litigai con Tozzi Jr, prima di salvare la vita al guardiano più figo del pianeta.

Ma, abbracciata a lui, durante il tragitto, con la testa china sulla sua schiena da infarto... beh, lo posso dire: non potevo che sentirmi più felice di così.
Più protetta di così.

Dopo aver nascosto la motocicletta, dietro alla baracchina, mi sento ancora più al sicuro.
Forse sarà perché questo è il mio territorio, il mio mondo... l'ultima cosa che mi resta di mamma e papà.
Come se loro, da lassù, si prendessero cura di me.

Sento che qua, nel mio universo, siamo salvi; che, per nessuna ragione, siamo in pericolo.
Che nessuno ci può toccare.

"Tranne lui... lui può toccarmi wherever he wants!"

«Dici che ci hanno visti?» domando, mentre ci lasciamo nascondere dal buio della notte. I rumori e il chiasso del lungomare si assopiscono sempre di più.

Camminiamo sulla ghiaia dello spiazzo riservato ai clienti del Bagno Sociale, in punta di piedi.
Mano nella mano.
La luna piena, sopra di noi, è l'unico faro della notte.
E sì... ciò mi basta, di nuovo.

«No... credo di no.» mormora, tirando un'ultima occhiata verso la strada principale, alle nostre spalle. «Ma forse sarebbe meglio nasconderci da  qualche parte, io e te... almeno un po'.»

"E me lo chiede pure?!? Ma andiamo ad imboscarci come donnole assatanate!"

Ho un brivido, sto già godendo.
Vorrei sculettare come Noemi quando mi mostra la famosa 'mossa' napoletana.

COLPO DI STATO Where stories live. Discover now