CAPITOLO 20: Un Bellissimo Incubo

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«Sel... svegliati, piccolina...»

La sento.

Sento la sua voce radiosa, meravigliosa, calda... di nuovo, un attimo ancora.

Ed io mi perdo. Io mi distruggo.
Io rinasco.

"Amore mio... il mio lupo bianco... sei qui, sei qui con me..."

«Selvaggia, dai... é tardi...»

"No, rimaniamo qui, nel letto... il tuo profumo di neve fresca mi fa impazzire, sai? E i tuoi occhi, amore mio... sono due diamanti, due perle del mare..."

«Selvaggia, sono quasi le 9... ti prego, svegliati...»

"Sergej, no... restiamo qui. Resta qui. Non andare via, non voglio... amore mio, mia anima, mio cuore, mio..."

«VOLPE, TI ORDINO DI ALZARE IL CULO DA 'STO MATERASSO!!!»

"Ah."

E apro gli occhi.

Le tende della mia stanza sono spalancate: scorgo un sole timido, velato da nuvole grigie, oltre la vetrata.

Come se l'autunno fosse arrivato prima del previsto, nonostante Settembre sia appena cominciato.
Avevo udito il ticchettio della pioggia, durante la scorsa notte; di solito i temporali notturni mi hanno sempre rilassato... come se, rimanere riparata dalle lenzuola mentre fuori piove, mi recasse una familiare sensazione di protezione.

"Ma non adesso... adesso anche il cielo piange..."

Le dispense dell'università sono li, dove le ho lasciate ieri sera, sopra la scrivania ricolma di cartacce di snacks consumati, i barattoli vuoti di gelati confezionati, un paio di Tennent's stappate e lo schermo del computer ancora acceso.

«Buongiorno, Gora...» abbozzo un sorriso, mentre un brivido percorre la mia schiena coperta da una vecchia maglia di Michael Jordan.

E so che questo tremolio non è dovuto alla freschezza del mattino, all'aria non più tanto afosa che proviene dal mare... no, è il sintomo di un altro motivo.

Di un altro capitolo.
L'ultimo.

Accanto a me, che mi fissa con un'espressione tenera, rassicurante e paterna, c'è mio cognato.

Solo mio cognato.

E, come sempre nell'ultimo mese, mi accorgo che ormai i sogni sono rimasti l'unico mio rifugio felice.

L'unico appiglio verso il quale mi posso arrampicare per pochi attimi, lontana da tutti, segretamente, per fingere di stare bene.

Ma oggi... oggi, soprattutto, nemmeno la fantasia più dolce potrebbe curare il mio dolore.

«Mi dispiace averti svegliata, ma lo sai...» Gora mi sorride, sospira a fondo. «Dobbiamo andare.»

"Dobbiamo andare... verso la fine..." ripeto dentro di me, con la voglia di piangere.

Annuisco, in silenzio, mentre mi tiro su, e mi sgranchisco la schiena.
Nemmeno il profumo del caffè caldo, sopra il comodino, riesce a donarmi un po' di tepore.

"Mi ci vorrebbe l'arsenico, oggi, altro che caffeina..."

Mio cognato mi porge la tazzina fumante, do un sorso al liquido scuro, anche se il mal di testa che mi attanaglia le tempie torna subito a farmi compagnia.

Ho già la tachicardia.
Ho già paura.

«A che ora ti sei addormentata?» mi domanda Gora, mentre si siede al mio fianco, facendo inclinare il materasso.

COLPO DI STATO Où les histoires vivent. Découvrez maintenant