CAPITOLO 34: Il Gillet Giallo Di Zara

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Inutile dirvi scusa.
Non servirebbe a niente.
L'unica cosa che voglio e che posso dire è che mi dispiace essere stata assente per tutto questo tempo.
E che i motivi che mi hanno impedito di ridere e sognare con voi sono stati importanti, seri e reali.
Ringrazio chi mi è stato vicino con un semplice messaggio,
Chi mi ha aspettata,
E anche chi mi ha criticata aspramente.
È il segno, nel bene e nel male, che ho scritto qualcosa di buono.
Ma l'unica cosa che conta è che Sel e Sergej sono tornati.
E sono tornata anch'io.
Un abbraccio,
Alessia.

«Maremma bucaiola...» sto smandibolando come un pusher di Breaking Bad.
Sospiro ad intermittenza, sullo stile di una almost mamma in sala parto.

Mi batte forte il cuore, sono tesa ed affranta.
Perché so che, sì, sto per farla...

"... Farò una figura di merda! In mondovisione! E di solito non le faccio mai, proprio no!"

«Sei nervosa?» Sergej ride, come quel bambino felice della foto di Yelena Volkov. «Nah, non ci pensare... andrà tutto bene, tesoro!»

«Tutto bene, dici?» mi ritorna la faccia à la Ron. «Ma come fai ad essere sempre così maledettamente tranquillo?! Io dico boh, mah, che ne so!»

«Macché... filerà tutto liscio, sarà una passeggiata!» continua.

È strafigo come non mai, con la sua solita giacca elegante e la cravatta da sexy dominatore d'alto borgo; i capelli biondi come il grano d'estate sembrano scolpiti direttamente dagli dei.

Volkov sorride, angelico e pacato, senza staccarmi gli occhi di dosso.

Mi stringe la mano, lo fa con forza, con quel suo fare da cavaliere indomito capace di farmi perennemente sentire una principessa.

O ciuchino, l'asinello di Shrek.

«È che...» balbetto, sto sudando, forse mi sono venute le pezze sotto le ascelle, mi pare di sentire già la puzza di ragù. «È ENORME!»

«Oh, amore, lo so...» Sergej si sistema la cintura dei pantaloni eleganti. «In collegio mi chiamavano 'Martello di Thor'...»

Mi volto, gli sferro uno sguardo che uccide. «Ti pare il momento di scherzare?! Ma perché mi devi sempre fraintendere?!» sbuffo.

Volkov sgrana gli occhi. «Ah! Sono io quello che fraintende le cose, Volpe?» sembra fintamente sotto shock. «Da che pulpito...» ride ancora.

"Beh... a dire il vero non ha poi tutti i torti, visto il disagioh mentale che ho sfornato negli ultimi mesi, scambiandolo per un profugo hot... ma questa è un'altra storia, eh!"

Sospiro, mentre il mio uomo mi abbraccia da dietro, facendomi sentire tutto il suo amore.

E sì, avverto pure il martello di Thor.

Ma anche questa è un'altra storia.

«Quanta gente...» sussurro, terrorizzata. «Mi sto scacazzando sotto come un piccione con la dissenteria...»

Ok, è vero: ne ho già passate tante con lui. Anche se sembra ieri, anche se mi sembra ancora di vivere in un limbo fra il sonno e la veglia, quello in cui i sogni si mescolano con la realtà lasciandoci un sorrisino fanciullesco fino all'alba.

Perché, è così, con Sergej ho vissuto più avventure in pochi giorni che in tutta la mia vita: ho già fatto il mio debutto in società a teatro, davanti ai flash dei paparazzi impazziti; sono già nelle copertine di mezzo mondo, da quelle del Financial Times alla pagina web di Trash Italiano; mi hanno fatto pure una pagina di Wikipedia, una di quelle con gli avvisi in rosso e le note degli utenti "QUESTA PARTE, SOPRATTUTTO QUELLA CON LE GARE DI RUTTI, È SENZA FONTE"... anche se la fonte di tequila bum bum del trofeo più agoniato della Tana dei Cani me la ricordo ancora.

COLPO DI STATO Where stories live. Discover now