Come Jace aveva detto

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«Credo che dovremmo entrare» disse Isabelle, l'orecchio premuto contro la porta della biblioteca. Mi fece segno di avvicinarmi.

«Riesci a sentire qualcosa?» mi curvai, attento a non far cadere di mano il cellulare. Magnus aveva detto che avrebbe telefonato, se avesse avuto notizie o fosse successo qualcosa. Finora non si era fatto vivo significava che andava tutto bene no?

«No.»

«Già. Ora hanno smesso di urlarsi contro.» Gli occhi scuri di Isabelle brillarono.

«Aspettano Valentine.» Mi allontanai dalla porta e percorsi a grandi passi il corridoio fino alla finestra più vicina. Fuori, il cielo aveva il colore del carbone cosparso di cenere rubino. «È il tramonto.»

Isabelle allungò la mano verso la maniglia della porta. «Andiamo.»

«Isabelle, aspetta...»

«Non voglio lasciarle la possibilità di mentirci su quello che dirà Valentine. O su cosa succederà. E poi, voglio vederlo, il padre di Jace. Tu no?» 

Tornai accanto alla porta della biblioteca. «Sì, ma non è una buona idea, perché...»

Isabelle abbassò la maniglia. La porta si spalancò. Lanciandogli uno sguardo arguto al di sopra della spalla, Isabelle vi si infilò; imprecando sottovoce, la seguì.

Mamma e l'Inquisitrice erano in piedi ai lati opposti dell'enorme scrivania come pugili che si fronteggiano sul ring. Maryse aveva le guance di un rosso acceso e i capelli scompigliati.

Isabelle mi lanciò un'occhiata, come per dire: Forse non dovevamo entrare.

Mamma è infuriata. D'altra parte, se Maryse sembrava arrabbiata, l'Inquisitrice era decisamente fuori di sé. Quando la porta della biblioteca di aprì, ruotò su se stessa, la bocca contorta in una brutta smorfia. «Cosa ci fate qui voi due?» gridò.

«Imogen» disse Maryse.

«Maryse!» L'Inquisitrice alzò la voce. «Ne ho avuto abbastanza di te e di quei delinquenti dei tuoi figli...»

«Imogen» ripeté Maryse. C'era qualcosa nella sua voce... un'urgenza... che fece sì che perfino l'Inquisitrice si girasse a guardare. L'aria accanto al mappamondo di ottone che si reggeva da solo tremolava come acqua. Cominciò a materializzarsi una forma, come fosse della pittura nera stesa su una tela bianca, che prese le sembianze di un uomo dalle larghe spalle squadrate. L'immagine ondeggiava troppo perché potessi distinguere qualcosa più del fatto che l'uomo era alto e con folti capelli bianchi tagliati corti.

«Valentine.» ebbi l'impressione che l'Inquisitrice fosse stata presa alla sprovvista, anche se doveva certamente aspettarlo. Ora l'aria accanto al mappamondo tremolava più forte. Isabelle rimase senza fiato quando un uomo ne uscì come se emergesse da strati di acqua. Il padre di Jace era un uomo formidabile, alto più di un metro e ottanta, con un largo torace e braccia vigorose e robuste solcate da muscoli fibrosi. Il viso era quasi triangolare, e si appuntiva in un mento duro, aguzzo. Avrebbe potuto essere considerato attraente, ma era incredibilmente diverso da Jace, senza lo sguardo dorato del figlio che io conoscevo in ogni suo più piccolo dettaglio da anni. Al di sopra della sua spalla sinistra si vedeva l'elsa di una spada... la Spada Mortale. Non aveva bisogno di essere armato, visto che non era materialmente presente, perciò doveva averla indossata per irritare l'Inquisitrice.

«Imogen» disse Valentine, gli occhi scuri che la sfioravano con un'espressione di compiaciuto divertimento.

È Jace sputato, con quell'espressione.

«E Maryse, la mia Maryse... Quanto tempo.»

Maryse, inghiottendo a fatica, disse con una certa difficoltà: «Non sono la tua Maryse, Valentine.»

città di cenere secondo Alexander Gideon LightwoodWhere stories live. Discover now