7.

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Mi fermo non molto distante da casa sua.
È un condominio tipico newyorkese, fatto di mattoni con le scale fuori.
Esce dalla macchina ed entra nel portone.
Aspetto circa venti minuti, e già mi assale il panico che ci sia suo padre e che possa farle qualcosa.
Spengo l'auto, ma resto con le mani sul volante, stringendolo.
Quando la vedo uscire finalmente dal portone, tiro un respiro di sollievo.
Il suo aspetto è cambiato.
Indossa dei classici jeans blu attillati, scarpe da ginnastica, una maglia bianca e sopra una giacca nera.
Tiene i capelli raccolti in una coda alta e il suo zaino è nero di pelle, grandezza media.
Entra in macchina e sento un profumo inebriante di vaniglia, deve essersi fatta una rapida doccia.
Inizio a guidare, mentre lei messaggia con il cellulare.
«A che ora esci da scuola?» le chiedo, svoltando l'angolo.
«Alle 16:15» risponde lei
Annuisco dicendo semplicemente «passo a prenderti a quell'ora» e lei annuisce a sua volta.
«Mi daresti il tuo numero?» chiede gentilmente e timidamente.
Fermandomi al semaforo, prendo il suo telefono e scrivo il mio numero.
«Ecco a te» dico, restituendole il cellulare. Lei sorride dicendomi «grazie» e si morde il labbro.
Mi fermo davanti la sua scuola.
Mi bacia la guancia e scende «grazie, a più tardi» sorride e si avvia verso il cancelli, pieno di ragazzini.
Riconosco fra la folla il tizio della discoteca che l'ha picchiata.
Devo andarmene il più in fretta possibile prima che scenda da questa auto e lo ammazzi con le mie mani per averle fatto quello che ha fatto.
Sono solo le otto del mattino,  quando arrivo a casa, le successive cinque ore, le dedico al mio libro, scrivendo senza sosta.
Squilla il telefono, rispondo al primo squillo.
«Ehi, sono io. C'è l'intervallo. Mi stavo annoiando. Come va?» la sua voce è rilassata, felice.
"È felice di sentirti" pensa il mio subconscio, ma non può essere vero. Si stava annoiando infatti.
«Bene, grazie. Tu?»
Si sente che sono a disagio.
Ma cosa mi prende? Forse non mi aspettavo che mi chiamasse davvero.
Sono sorpreso che lo abbia fatto.
«Bene bene.» dice
Sento altre voci intorno a lei, molte di ragazzi e lei risponde a loro ridendo e scherzando.
«Devo lasciarti ora, ci vediamo all'uscita» non mi lascia il tempo di replicare che attacca la chiamata.
Sentirla ridere mi fa stare davvero meglio.
Esco di casa per andarla a prendere a scuola.
Esce con le sue amiche e quel tizio. Cerco di mantenere la calma e aspetto in macchina finché non esce dal cancello grande.
Il ragazzo la prende per mano e le bacia la guancia.
Lei non ricambia, ma quando lui la bacia sul livido coperto dal correttore, la sua fronte diventa corrucciata. Sente dolore.
Fa un sorriso tirato e poi si allontana, venendo verso la mia macchina.
Vi entra e io parto a razzo.
«Piano cazzo!» strilla lei, mettendosi la cintura.
«Come cazzo fai a vederlo ancora dopo quello che ti ha fatto? Dovresti denunciarlo!» urlo, a voce molto più alta di quanto mi aspettassi.
Lei non risponde, guarda fuori dal finestrino.
«A te della mia vita non deve interessare. Non mi conosci neanche. Perchè ti frega tanto di me?» chiede fredda, guardando ancora fuori dal finestrino.
Io non rispondo fino a quando arrivo davanti casa mia.
«Hai ragione. Non mi interessa.»
"T'interessa eccome di lei cretino!" ripete come un disco rotto il mio subconscio maledetto.
«Vattene.» dico aprendole la portiera dal mio sedile.
Lei esce di corsa e sbatte la portiera correndo via.
Mi viene quansi un colpo quando diverse macchine le saettano davanti e frenano di colpo quando passa lei, attraversando la strada correndo con lo zaino in spalla.
«Cazzo!» stringo forte il volante.
Potrei staccarlo dall'auto a mani nude per quanta rabbia ho dentro.
Salgo in casa e sbatto la porta.
Ho voglia spaccare tutto.
Non capisco neanche io perchè m'importi tanto di quella ragazzina. Forse perchè abbiamo una storia famigliare simile.
Forse perchè la voglio e non vorrei che nessun'altro la voglia.
"Ci sono troppo 'forse' nella tua mente coglione"
Odio il mio subconscio. Ma è vero.
C'è troppa insicurezza, e io non sono cosi. Non sono mai stato insicuro, se volevo qualcosa me la prendevo anche con la forza.
Ma con lei questo non è possibile.

Per l'intera settimana non ho fatto altro che scrivere.
Mi sono allenato un po' e ho scritto ancora.
Allenarmi in quella dannata stanza, mi è quasi impossibile adesso.
C'è il suo odore li dentro, mi sembra ancora di vedere il suo riflesso nello specchio che trema appoggiata a me per il piacere che le ho dato.
Mi è venuto duro a quel pensiero, mentre facevo sollevamento pesi.
Salvo in suo numero in rubrica, è ancora nella lista delle chiamate.
Guardo in chat, è online.
"Scrivile cazzo!"
No. Non posso scriverle. Non oggi.
Devo avere pazienza, mi scriverà lei se vorrà.
So che lo farà, almeno spero.
Esco di casa con la tuta, scarpe da ginnastica e una felpa.
Entra nel supermercato e faccio una rapida spesa.
Quando arrivo alla cassa, pago ed esco, lei è li, a pochi metri da me.
Mi cadono le buste di mano, la guardo quasi drogato da lei.
Mi saluta con la mano da lontano, poi raggiunge le sue amiche e il solito tizio.
Raccolgo le buste e mi avvio verso casa, cercando di non pensare al fatto che vorrei correrle dietro, afferrarla per il braccio, allontanarla da quel coglione e baciarla fino a farle sanguinare le labbra a forza di morderle e succhiarle.
Quando arrivo a casa sistemo la spesa nel frigo e inizio a preparare la cena.
Il telefono vibra nella tasca.
"Ella" leggo nel display. Due messaggi.
"Ho bisogno di parlarti, e vederti."
"Per favore, chiamami."
Vorrei ignorare il messaggio, ma se poi le è successo qualcosa? E se quel tizio le ha fatto qualcosa di nuovo? E se il padre ubriaco l'ha picchiata?
"E se, e se, e se. Chiama e basta con ste seghe mentali!"
Digito il suo numero, risponde al primo squillo.
«Sono fuori casa tua» dice
Apro la porta e me la trovo li, davanti a me.
Mi oltrepassa ed entra nel soggiorno, mettendosi con le braccia incrociate.
«Io non so che intenzioni tu abbia con me. Abbiamo dormito insieme due volte, mi hai...fatto quella cosa, sai delle cose di me che nessuno sa, e in un momento di tristezza mi sono sfogata con te. Sembra t'importarti di me. Ma non capisco perchè, e perchè ti preoccupi cosi tanto per una ragazza che nemmeno conosci.»
Ho il fiatone io per lei, ha parlato molto velocemente.
Prendo coraggio, cercando di non pensare a nulla, e ad essere il più sincero possibile con lei.
«La tua storia. Mi ha colpito la tua storia. Io sono cresciuto in una famiglia dove amore non me n'è stato dato. Mio padre era un ubriacone e picchiava mia madre. Abbiamo molte più cose in comune di quanto pensi» mi appoggio con la schiena alla parete. Lei ha gli occhi lucidi.
Prendo fiato e continuo «tu sei una bellissima ragazza. Mi interessi in parte. Ci tengo a te, so cosa significa quando nessuno ti abbraccia, quando nessuno ti faccia sentire a casa, protetta, amata. So come ti senti, perchè anch'io mi sono sentito cosi.
So cosa vuol dire quando piangi la notte, abbracciando il cuscino, perchè solo lui vede quante lacrime versi quando sei da sola e nessuno può vedere il dolore che hai dentro.» si asciuga le lacrime, si guarda le dita intrecciate davanti a se.
«Tu sei bellissima. Fai vedere quanto sei forte ma di nascosto vengono a galla tutte le tue paure, le tue insicurezze. Hai ragione, forse non conosco quello che fai vedere agli altri. Ma conosco la vera te, non puoi negarlo.»
Riprendo fiato di nuovo.
«Io non sono la persona che vedi. Si, sono anche questo. Ma c'è un lato di me, quello che nessuna persona vorrebbe vedere, che non conosci. Se mi conoscessi fino in fondo, avresti paura di me.»
Abbasso lo sguardo. Dio mio quanto mi sento a disagio, non ho mai messo a nudo questo lato di me, con nessuno. Ma con lei è tutto diverso.
Quando riapro gli occhi, lei è davanti a me.
Appoggia una mano sul mio petto, mi accarezza piano.
«Non potrò mai avere paura di te» sussurra e in un istante, la sua mano è nei miei capelli, strattonandoli, e la sua bocca sulla mia.
Il cuore mi sta per scoppiare.
Le passo entrabe le mani nei capelli sciolti, tirandoli indietro per farle alzare la testa.
Si mette in punta di piedi per baciarmi. Sorrido sulle sue fantastiche labbra.
Le prendo i fianchi e la faccio sedere sul tavolo.
Mi avvolge le gambe intorno la vita e mi tira di più i capelli mentre mi bacia.
Gemo nella sua bocca e il mio pene diventa duro.
Il mio primo pensiero dovrebbe essere quello di strapparle i vestiti, farla girare e scoparmela in ogni modo possibile.
Ma lei è vergine, e non voglio che lei abbia paura. Dovrà sentirselo lei, volerlo lei, senza fretta.
Anche se il mio cazzo scoppia ogni volta che la vedo, aspetterò che se lo senta lei.
Si stacca da me per riprendere fiato. Ha le labbra gonfie e molto rosse.
"Non immaginarle intorno al tuo cazzo. Non immaginarle intorno al tuo cazzo." mi ripete il mio subconscio a ripetizione come un disco rotto, ma è troppo tardi. E io sto per bucare i boxer e i pantaloni.
«Che facciamo?» chiede, accarezzandomi i capelli.
"Io, un paio di idee ce le avrei"
Alzo mentalmente gli occhi al cielo.
«Beh, stavo per cenare. Ceni con me?» chiedo, mentre lei scende dal tavolo e va verso la cucina.
«Solo se poi mi posso fermare anche a dormire» dice, piegandosi a 90 per allacciarsi la scarpa.
"Messa cosi ti sposo pure!"
«Vabbè mo non esagerà»
«Non vuoi che resto a dormire?» chiede tirandosi su.
«Nono, certo che puoi restare! Non dicevo a te.»
Quanto mi sento cretino. Mio Dio.

All I want is youWhere stories live. Discover now