29

15.9K 288 22
                                    

«Come mi è venuta questa idea...» sbuffo e mi tengo al muretto per non cadere con il sedere sul ghiaccio.
«Dai vieni. È facilissimo, guarda.» Ella inizia a pattinare davanti a me, fa qualche piroetta e io sono sorpreso di come sappia pattinare bene.
Provo a fare qualche passo verso di lei, ma data la mia scarsa bravura, finisco con il sedere sul ghiaccio.
«Ma porca troia.» alzo gli occhi al cielo e provo ad alzarmi, ricadendo di nuovo.
«Impedito.» Ella scoppia a ridere mentre io mi trascino fuori dalla pista di pattinaggio e cerco di alzarmi ancora.
«Che brava.» una voce maschile arriva fino alle mie orecchie mentre io esco dalla pista di pattinaggio. Quando finalmente sono in piedi e mi giro, noto che Ella sta parlando con un ragazzo.
Lei timidamente sorride e si sistema una ciocca di capelli dietro l'orecchio, ringraziando il ragazzo per il complimento.
«Ho fatto pattinaggio per qualche anno, un paio di anni fa.» spiega lei. Lui annuisce e le sorride.
Le tende la mano e iniziano a pattinare insieme per tutta la pista.
Mi slaccio i pattini, mi infilo le scarpe ed esco da li.
Mi sento soffocare e la rabbia mi sta logorando lo stomaco.

Mentre cammino, alla fine della via, fra circa una ventina di persone, ne riconosco una.
«Mark?» eslama lei.
«Jennifer?» rispondo.
Lei imbarazzata, mi stringe la mano e mi chiede come sto.
«Vieni, ti offro un caffé.» dice lei, facendosi strada insieme a me tra la gente.
Mi racconta della sua carriera del mondo della moda e di quanto le piacesse fare la modella.
«Sei dimagrita molto.» le dico mentre arriviamo al bar e vi entriamo.
«Si. Il mio lavoro mi impone regole rigide sull'aspetto fisico. È dura a volte, ma non impossibile.»
Mi sorride lei mentre ci sediamo a un tavolino.
«Cosa prendi?» mi chiede.
«Un caffé macchiato, grazie.»
Lei si alza e si avvicina al bancone per dire il nostro ordine e poi torna a sedersi.
«Come va con la vita sentimentale? Chissà quanti uomini ti sbavano dietro.» le dico e nel mentre arrivano il mio e il suo caffé.
«Beh...si, spesse volte. Sono single da qualche mese. Il mio ex ragazzo, era troppo geloso che io facessi la modella. Mi pressava e tartassava la testa che dovessi smettere. Fra l'amore e il lavoro, ho scelto io lavoro, e lui anziché accettarmi, mi ha mollata.» racconta lei bevendo il suo caffé amaro.
«Dopo quella cosa che successe con te, non mi sono fidata più di nessuno. Finché non ho incontrato lui. Ma ora, non devo fidarmi davvero più di nessuno.» abbassa gli occhi lei.
Si appoggia con i gomiti sul tavolino e la manica della maglia le cade giù, alzandosi.
«Perché lo hai fatto?»
Lei mi guarda «parli dello scegliere il lavoro a lui?» chiede lei, posando la tazzina da caffé vuota sul piattino.
Le prendo il braccio e le alzo la manica.
Tante cicatrici appaiono visibili sulla sua pelle pallida.
Lei tira via il braccio da me e si tira giù la manica.
«Non sono affari tuoi Mark.» risponde lei fredda.
«Non rispondere cosi. Lo sai chi sono.» sbotto, stringendo i pugni sul tavolino.
«Non sono più la tua sottomessa.» bisbiglia lei per non farsi sentire dalle altre persone nel bar.
«Hai ragione, non sei più mia. Ma una sottomessa nell'anima, resta una sottomessa anche se non appartiene più al proprio Padrone. Ricordatelo sempre.
Tu sei quello che sei, e anche con un'aspetto diverso, l'anima resta la stessa. E nessuno, ti ha conosciuto davvero come ti ho conosciuta io.» lei abbassa il capo.
«Brava.» le dico, prendendole la mano.
«Mark...» la voce di Ella risuona alle mie spalle.
Girandomi per guardarla, la vedo in lacrime.
Mi alzo di scatto e la prendo per mano. Lei si ritrae e corre via.
Io la inseguo cercando di fermarla.
Quando le prendo di nuovo il braccio, ormai usciti dal bar, finalmente si ferma.
«Che ti prende?» le chiedo, asciugandole con il pollice una lacrime che le sta scendendo sulla sguancia, ringandogliela.
«Che mi prende? Che mi prende??
Te ne sei andato dalla pista di pattinaggio e mentre ti cerco ti trovo con un'altra. Fai un po' te.»
Mi dice, incrociando le braccia aspettando una mia risposta.
«Me ne sono andato per lasciarti da sola con quello la. Mi sembrava di essere quello di troppo. Il 'terzo incomodo' come si suol dire. Camminando ho incontrato quella ragazza, è una mia vecchia conosciente. Abbiamo iniziato a parlare di lavoro e a chiaccierare, lei fa la modella. Non stavamo facendo nulla. Te piuttosto, ti sei divertita con il tuo nuovo amichetto? Non ti ha seguita e portata nel bagno della pista di pattinaggio per farselo succhiare da te? Mi sorprendo. Lo inseguivi come una cagnetta in cerca del biscotto da mangiare.» sbotto, urlandole in faccia queste ultime parole.
La sua faccia è scioccata e ferita dalle mie parole. Gli occhi le si riempiono di lacrime. Apre la bocca per replicare, ma poi la richiude non dicendo nulla.
Si gira e si copre il viso con le mani, asciugandosi le lacrime.
La prendo per mano per farla girare ma lei la tira via.
«Non ti azzardare a toccarmi. Sei disgustoso.» mormora tra i singhiozzi.
Inizia a camminare e dopo qualche minuto, la vedo sparire fra la gente.
Quando torno nel bar, Jennifer se ne andata.
«Una ragazza ha lasciato questo per te. La ragazza ha pagato l'ordine di prima.» mormora il barista alto con la barba dietro al bancone, porgendomi un foglietto di carta.
"Chiamami. Non abbiamo finito di parlare." e il suo numero di telefono.
Ringrazio l'uomo ed esco dal bar.
Torno a casa e trovo Ella ancora in lacrime che prepara la mia e la sua valigia.
«Ciao.» mormoro.
Lei non risponde. Continua a singhiozzare, rare su con il naso e ad asciugarsi con la manica le lacrime.
«Mi dispiace per quello che ho detto.» le dico, avvicinandomi di più a lei.
«Tu ti diverti a fare del male a chi ti circonda. Hai fatto del male a tante ragazze. Io sono solo una delle tante. Una delle ragazze che tu hai distrutto, fisicamente ed emotivamente.
Chissà che hai fatto ad ognuna di loro. Come alla ragazza nel bar. Sono sicura le hai fatto qualcosa in passato e farla soffrire. Sei malato cazzo...sei disgustoso.» esclama, a volce molto più alta di quanto mi aspettassi.
Quelle parole mi feriscono, ma sono la pura verità, e solo lei ha avuto le palle di dirmelo in faccia quello che pensava di me.
«Hai ragione. Hai ragione su tutto.» sono le sole parole che riesco a dire.
«Che cosa le hai fatto?» domanda, dandomi le spalle, sistemando ancora le valige frettolosamente.
«Una sera, io e lei siamo andati a ballare. Ci conoscevamo da circa due mesi, era una mia slave.
Le avevo pregato di non mettere un vestito troppo scollato, ma che lei amava. Non mi ha dato retta e l'ha messo lo stesso. Per tutta quella serata, ha ballato con dei ragazzi, credo tre o quattro.
Niente baci o altro, solo ballare.
Io non dissi nulla ne le vietai nulla, anzi le lasciai fare tutto. Bevve molto. Arrivati a casa, era completamente sbronza da non reggersi in piedi.
Me la sono scopata a sangue nel culo, legata con le mani dietro la schiena e lo scotch sulla bocca...»
«Continua.» mormora lei.
«L'ho filmata mentre me la scopavo e ho messo il video sul sito della sua scuola. Da allora, tutti l'hanno presa di mira. Insultata, picchiata e tutti erano contro di lei. Perse tutti i suoi amici. Dopo qualche giorno, se ne andò di casa, cambiò scuola e città. Scoprì che anche nell'altra scuola ebbe problemi di bullismo. Io provai ad aiutarla in qualche modo ma nulla...
Sparì per parecchio tempo, fino ad oggi che l'ho incontrata.
Aspetto diverso, capelli diversi, cicatrici addosso.» sospiro quando la sento piangere di nuovo.
Per il resto della giornata, non ci rivolgiamo la parola.
Andiamo all'aereoporto e quando siamo ai nostri posti, finalmente mi parla.
«Non posso credere a quello che le hai fatto. L'hai rovinata. Hai rovinato la vita a una persona...lo capisci?» esclama lei a bassa voce.
«Lo so...» riesco a dire.
«Hai filmato anche me?» chiede, asciugandosi le lacrime.
«No! Cristo santo no! Come ti viene in mente? Ho sbagliato una volta. Un'errore imperdonabile che ha distrutta la vita di quella persona. Non capiterà più.» mormoro a voce alta.
Alcune persone si girano a guardarmi. Io li guardo male e tornano a farsi i fatti loro.
Arrivati a casa dal viaggio, Ella va in camera sua e si chiude a chiave.
Piange quasi per tutta la giornata finchè verso le nove di sera, esce dalla camera solo per andare al bagno, poi andare in cucina a bere dell'acqua e ritornare in camera sua.
Io sto in camera mia, sperando e pregando che domani le sia passata e mi parli.

2 gennaio

Svegliandomi, vado in cucina e sul tavolo, trovo un biglietto.
"Mark, questa volta sono io ad andarmene. È strano, di solito cacci tu le tue sottomesse innamorate di te. Ma non sta volta. Sono innamorata di te, te l'ho detto, ma già lo sapevi. Ora come ora, ho troppa paura. Paura di te. Paura di noi. Paura di tutto.
Ho bisogno di stare da sola. Non odiarmi, non cercarmi. Perdonami.
Ti amo..."
Il foglietto mi cade dalle mani.
La stanza mi gira intorno.
Mi siedo e cerco di calmarmi ma non ci riesco.
Corro in camera sua e tutte le sue cose sono sparite.
Rovescio tutti i mobili dalla rabbia. Scoppio a piangere e mi siedo sul suo letto.
Sul cuscino, noto un secondo biglietto e una fotografia.
"Eravamo belli qui, sembriamo quasi felici."  e nella foto siamo io e lei, io che dormo e lei che fa una buffa.
Rovescio anche il suo letto e corro fuori da quella camera.
Esco fuori dall'appartamento e quando arrivo sul marciapiede davanti casa pieno di neva, mi guardo intorno, cercandola fra la gente.
Provo a chiamarla al telefono più volte ma non risponde.
Ritorno in casa, raccolgo il biglietto da terra e lo rileggo.
Dalla rabbia tiro un pugno e le nocche iniziano a sanguinarmi ma non m'importa.
Mi sento un mostro. Avevo una sola certezza, lei.
E adesso, non ho neanche più quella.

All I want is youWhere stories live. Discover now