17.

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Appena arrivati in aereoporto, un gruppo di ragazzini urlanti ci corre incontro, o meglio, corrono incontro a Ella.
«Andiamo!» le afferra un braccio un ragazzo.
Faccio un passo verso di lui ma Ella mi ferma, appoggiando una mano sul mio petto.
«Stai tranquillo.» mi rassicura e mi abbraccia, mentre quel gruppo di ragazzi si allontana.
«Chiamami e scrivimi ogni giorno. Scrivimi appena arrivi.» le dico mentre stiamo abbracciati.
«Fra una settimana, al mio ritorno, sarò tutta tua.»
Si stacca da me, mi bacia la guancia, mi fa l'occhiolino e si allontana andando dai suoi compagni, che spariscono fra le persone.
Quando rientro a casa, il telefono già squilla.
«Ehi. Tutto bene?»
«Si si tutto benissimo. Stiamo salendo ora in aereo.» dice per tranquillizzarmi.
Ma io non resco a stare tranquillo sapendo che lei è lontana da me.
«Aspetta.»
Sento un grande frastuono e tante persone che parlano.
«Ok eccomi. Sto cercando il mio posto.» mi informa.
«Trovato!» urla poi scoppia a ridere quando le ricordo che stava al telefono con me e mi ha perforato un timpano con il suo urlo.
«Devo dirti una cosa, ma non posso dirtela al telefono. Ci sentiamo nei messaggi, devo andare ora.» sussurra lei e non ho il tempo di rispondere che ha già attaccato la chiamata.
«Eccomi. Scusa una mia compagna si è seduta accanto a me e non potevo parlare. Volevo dirti che ho portato il contratto con me.» il suo messaggio mi fa venire un colpo.
Dovevamo discuterne insieme insieme e parlarne faccia a faccia. Non a chilometri e chilometri di distanza e per telefono.
Decido di non risponderle e dopo parecchio tempo, mi metto alla scrivania e continuo il mio libro.
Ho fatto diverse modifiche, correzioni e cambiameti che hanno portato il racconto, ad essere una storia totalmete diversa da quella che avevo iniziato a scrivere.
Passano minuti che sembrano ore e ore che sembrano giorni se non sento lei.
Dopo ore, e ore, e ore, mi arriva un messaggio di Ella che mi dice di essere arrivata ed essere in albergo a sistemare già le sue cose in stanza.
«Manchi solo tu.» scrive con un'emoji triste.
«Non ti preoccupare, stasera staremo "insieme", se cosi possiamo dire.» lei scrivo.
Lei, dopo circa mezz'ora, rispnde.
«Scusa, era la mia professoressa. È venuta a controllare se fosse tutto apposto.» dice.
Mi fa cosi strano messaggiare con lei, con la quale sono abituato a guardarla, sentire la sua voce e vedere i suoi occhi.
Per il resto della giornata non ci sentiamo e io mi concentro maggiormente sul mio libro, e sul cibo, ordinando una pizza al salame piccante a casa, per cena.
Finita la pizza, cerco di non pensare al fatto che li a Barcellona sono le due di notte, e qua le otto di sera.
Dato che non mi ha cercato, penso che stia dormendo.
Ma quando sento squillare il telefono sul tavolo, quasi salto di gioia a leggere sul display il nome di Ella.
Ventitre anni buttati nel cesso proprio. Dice il mio subconscio.
«Ma stai zitto.»
E per un momento mi sembro pazzo, quando mi rendo conto di stare a parlare da solo.
«Ehi.» cerco di nascondere la felicità che provo nella voce, ma fallisco miseramente.
Sembro un bambino il giorno di Natale con i regali intorno da scartare.
«Che stai facendo?» chiede sussurrando.
«Nulla di che. Ho finito adesso cena.»
«La mia compagna di stanza sta dormendo.» dice
«E non ti sente?»
«No per fortuna. Usa i tappi per le orecchie, e poi ha il sonno molto molto pesante.» e la sento ridere quando mi dice che la sua amica e compagna di stanza Anna, russa molto e sembra che in camera ci sia un treno.
«Che ne dici di stare in videochiamata?» le chiedo mentre io vado in camera.
«Okay, un secondo solo.» dice e attacca la chiamata.
Mi spoglio e metto nel letto e nel mentre la richiamo.
«Eccomi. Stavo cercando le cuffiette.» dice mentre si sdraia nel letto.
Noto che indossa una delle mie felpe per dormire, e la cosa mi fa molto piacere.
«Sei vestita sotto, vero?» le chiedo, ricordando che rare volte ha indossato un pantalone per dormire, restando sempre in mutandine.
«Emh...» alza la coperta e gira la fotocamera, mostrandomi che è senza pantalone.
«Mettilo. Potrebbe svegliarsi la tua amica o entrare qualcuno.»
«Chi vuoi che entri cosi tardi in camera?» ride e si copre la bocca con la mano, comprendo il suo bellissimo sorriso.
«Quasi quasi...tolgo anche le mutandine.» e inquadra la mano che scende giù.
«Mi vuoi morto?»
Ride di nuovo, mentre io qua sto impazzendo, duro come il marmo e purtroppo a distanza da lei.
«È divertente provocarti.» mi fa la linguaccia.
«Vedrai quanto sarà divertente quando tornerai a casa e ti riempirò il culo di schiaffi facendotelo diventare tutto rosso per poi scoparti. Sarà divertentissimo per me.» dico e mi mordo il labbro pensando a lei nuda sotto di me.
«Non dici sul serio. Vero?»
«E chi lo sa. È divertente provocarti.» le dico ridendo e lei mi mostra il dito medio.
«Sono tua?»
Non mi aspettavo quella domanda, ma mi fa piacere che l'abbia fatta.
«Sei sempre mia piccola. Anche con chilometri e chilometri di distanza che ci dividono.» sorride e poi dice «ho voglia di te.»
«Cosa vuoi di me piccola?»
«Tutto. Le tue mani, le tue carezze, il tuo...» si ferma prima di dire quella parola.
Scoppiamo entrambi a ridere e mi rendo conto che è passata più di un'ora da quando siamo a parlare al telefono.
Giro la fotocamera e le faccio vedere che sotto il piumone sono nudo e lei imbarazzata chiede «posso masturbarmi? Non l'ho mai fatto in realtà, lo hai sempre fatto tu. Però...non ce la faccio più.» ammette.
«E io posso farlo con te?» chiedo e lei con voce timida dice «certo che si. Devi.» e a me viene da sorridere.
«Cosa...cosa devo fare?» chiede.
«Ma come siamo impazienti. Allora, per prima cosa, resta coperta fino al bacino. Quindi abbassa la coperta. E togliti le mutandine, subito.»
Si alza dal letto, appoggia il telefono sul materasso con il cuscino dietro per far si che stia in verticale, si mette davanti al telefono in piedi e si toglie le mutandine.
Si gira le abbassa, mostrandomi il suo culo perfetto.
Si mette sotto le coperte e dice
«e ora?»
«Succhiati il dito e scendi fino al clitoride. Accarezzati piano e dimmi cosa provi.» le sussurra mentre inizio a segarmi.
Gira la fotocamera e mi fa vedere un bellissimo panorama mozzafiato.
Geme e muove molto piano il dito su e giù.
«Guarda come scivola bene di già...cazzo. Aumenta il ritmo adesso.» le ordino e lei esegue all'istante.
«Brava piccola, cosi.» la incito e inizia ad ansimare più forte.
«Sto...» le gambe le tremano mentre ansima il mio nome e geme forte.
«Non venire.»
«Cosa...?» si ferma e gira la fotocamera.
Ha le guancia rosse e le labbra gonfie come sempre, dal quanto se le morde.
«Non ti faccio venire da sola. Verrai quando tornerai a casa. Ti farò toccare, ma senza avere l'orgasmo.» le spiego, e dalla sua faccia capisco che è scioccata.
«Non puoi farmi questo...» ha ancora l'affanno.
«Oh certo che posso. Ora riprendi, ma non ti azzardare a venire.» l'avverto e lei riprende ad accarezzarsi.
«Oddio...» geme e divarica di più le gambe.
«Che bello spettacolo.» sego veloce e stringo forte la mano intorno l'erezione, pensando alla sua intimità stretta.
Gemo e ansimo il suo nome mentre inizio a sentire il pene pulsare nella mano.
«Guardami.» le dico
Lei gira la fotocamera e mi guarda.
«Si...» gemo il suo nome mentre vengo, riempendomi la mano di sperma.
«Wow. Sei venuto tantissimo.» dice lei mentre io mi pulisco con un fazzoletto.
«Nah, di solito vengo anche di più quando scopo. Con te vengo il quadruplo.» lei tossisce imbarazzata e io scoppio a ridere.
«Ti prego...posso...»
«No. Verrai sol quando tornerai a casa. Non ti toccare da sola, mai. Solo io posso farti godere. Non preoccuparti, ti farò venire per bene al tuo ritorno.» la informo e lei annuisce.
Si rimette le mutandine e poi va in bagno a sciacquarsi le mani.
«Sei crudele...» dice mentre si rimette sotto al piumone.
«Sono pure troppo gentile piccola. Ancora non hai visto quel lato di me. Lo scoprirai molto presto.» le sorrido e lei ricambia.
Noto che sbadiglia e mi rendo conto che li sono quasi le cinque del mattino rispetto a qui.
«Vai a letto piccola. Ci sentiamo domani. Scrivimi appena ti svegli, ok?» le dico.
«Ok signore.» ho un colpo al cuore.
«Come mi hai chiamato?»
«Mark! Ok Mark.» si corregge lei, ma io so come mi ha chiamato. Sentirmi chiamare in quel modo da lei, mi eccita da morire.
«Buonanotte piccola.»
«Notte!» e chiude in fretta la chiamata.
Non vedo l'ora di poterla sentire e toccare. Sono passate poche ore e sembrano passati mesi che non la tocco. Che non c'è contatto fisico con lei.
Penso a lei fino a che non mi addormento. E anche nel sonno, continuo a pensare a lei. A noi.
Ma soprattutto a lei.
A quanto sia bella, sexy e sensuale.
Ed è meglio se penso ad altro, altro che dormire sennò. Mi toccherà masturbarmi di nuovo.

All I want is youWhere stories live. Discover now