21.

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Ora che Ella è tornata a casa, abbiamo parlato del contratto, delle regole e norme di sicurezza che dovrà rispettare.
Era insicura si molti punti e si è posta tanti limiti all'inizio.
Ma le ho spiegato che, questo contratto, serve proprio per vedere fino a dove può arrivare.
E se già in partenza, si impone dei limiti, significa che ha paura e non è sicura, e non è quello che voglio da lei. Paure, insicurezze, due cose che non mi piacciono in una sottomessa.
La sottomessa deve essere sicura di se stessa, sapere cosa vuole in ogni momento.
Se ha un minimo di esitazione, non è una cosa che fa per me.
Il fatto che io le abbia detto 'ti amo', non significa che me la sposo o che sarà la mia fidanzata.
Penso di aver sbagliato.
In fondo, io non voglio una relazione con nessuno.
A volte mi sento una merda di persona, pensando solo ai miei bisogni sessuali e basta. Altre volte invece, mi ripeto che io sono questo, non faccio nulla per farmi piacere. So di essere uno stronzo, e anche le altre donne lo sanno, ma non so come, piaccio.
Dopo che ha firmato il contratto, dopo aver chiarito ogni suo dubbio e domanda, abbiamo cenato e siamo andati a dormire.
Ora, è un giorno intero che non parliamo.
Lei non mi parla, e io non so cosa dire, quindi non parlo neanche io.
«Sei silenziosa.» dico, mentre siamo seduti sul divano a vedere la tv.
Non risponde.
«Che succede?» chiedo.
«Niente. Non succede niente, ok?
Solo perchè sono la tua schiava del sesso, non significa che dobbiamo parlare ogni secondo della giornata. Posso avere anche i cazzi miei, va bene?» dice alzandosi dal divano e mi si piazza davanti.
Mi alzo a mia volta e mi metto davanti a lei.
«Non mi rispondere cosi. Devi portarmi rispetto. Ti ho chiesto cosa avessi, dato che sono due giorni che non mi parli, e lo sai che mi preoccupo.» ammetto e le prendo le mani.
Lei le sfila via e si allontana.
L'afferro per il braccio inseguendola, si muove di scatto per liberarsi dalla mia presa.
Distrattamente, mette il piede male e cade a terra, battendo il gomito.
La prendo in braccio e la faccio sedere sul divano.
Prendo del ghiaccio e glielo metto al gomito e alla caviglia.
«Ho il ciclo.» dice.
Scoppio a ridere. Ora capisco il nervosismo.
«Lo sai che ti scopo lo stesso vero?» le faccio la linguaccia.
«Non dirai sul serio.»
«Certo che si.» le accarezzo l'interno coscia e le bacio la fronte mentre la tengo in braccio.
«Non se ne parla!» squittisce coprendosi gli occhi imbarazzata e scuote la testa.
«Non essere timida su, so che sei una gran porca a letto.» sghinazzo e lei mi da uno schiaffo leggere al braccio.
«A si?» domanda.
«Mh mh.»
Si sposta sul divano, sedendosi con le gambe appoggiate sulle mie.
Mette l'indice in bocca, succhiando e mordendo la prima falange e, mentre mi provoca cosi, muove il piede destro sui miei jeans.
Mi guarda negli occhi, cosa che urta molto e eccita al tempo stesso.
Voglio punirla per questo.
Mi fa arrapare anche solo con lo sguardo provocatore che sta facendo.
«Ti è passato il piede?» le chiedo.
Lei si alza e quando sente che non le fa male ad appoggiarlo a terra, mi sorride e si inginocchia davanti a me con il capo chino, proprio come piace a me.
«Ti sei dimenticata che non mi devi guardare negli occhi quando mi provochi?» le prendo i capelli, tirandoli indietro.
«Mi punisca, mio signore.» sussurra.
Il mio pene diventa cosi duro da fare male. Devo svuotarmi al più presto dentro di lei.
La faccio alzare e piegare sulle mie ginocchia.
«Ti colpirò dieci volte. Conterai e mi ringrazierai. È chiaro?» le tiro di nuovo i capelli e lei dice «si, mio signore.»
Il primo colpo, arriva alla natica destra, forte e secco.
«Uno, grazie signore.» geme lei.
I prossimi quattro colpi, arrivano uno dietro l'altro alla natica sinistra.
«Cinque, grazie signore.» ansima.
Altri tre secchi alla natica destra e poi gli ultimi due a quella sinistra.
«Dieci, grazie signore.»
La faccio alzare e lei si gira di schiena per non farsi vedere, tenendo le mani sulla pancia.
«Hai male?» mi alzo e mi metto alle sue spalle, prendendole i fianchi.
«Un po'...» geme lei di dolore.
La prendo per mano e la porto in camera e ci sdraiamo sul letto.
La coccolo e le massaggio la pancia, tenendo abbracciata a me.
«Niente sesso finchè non ti finisce il ciclo piccola.» le dico.
Lei mi guarda sorpresa e dice «niente niente?»
«Beh...potremmo fare anale.» e lei subito annusce, strappandomi un sorriso.
«Li o qui?» chiede, e noto dal tono della sua voce che è impaziente.
«Soggiorno oggi.» le dico
Lei si dirige in salotto mentre io, entro nella black room per prendere alcune cose.
Quando entro nel soggiorno, lo spettacolo che mi si presenta davanti è meraviglioso.
Ella è nuda, piegata a 90 sul bracciolo del divano.
Poso tutto sul tavolo e vado da lei.
«Sei fantastica.» lei dico, accarezzandole le natiche ancora arrossate dalla punizione di prima.
Mette le mani dietro la schiena senza che le abbia detto di farlo. Telepatia pure, ormai mi conosce e sa cosa voglio.
Gliele ammanetto, poi prendo la ballgag e gliela infilo in bocca, legando i laccetti dietro la testa, prendo quattro mollette del bucato, due gliele pinzo sui capezzoli, e le altre due alle grandi labbra della sua figa.
Geme forte di dolore e si dimena all'inizio, ma poi la sensazione di dolore inizia a diminuire piano piano.
«Tiene aperte le natiche con le mani.» lei esegue.
Prendo il lubrificante e ne verso un bel po' sul suo buchetto, poi prendo il plug appoggiato sul tavolo e, lentamente, inizio a metterglielo dentro.
Ansima, incapace di parlare per la ballgag in bocca.
Muovo dentro e fuori l'oggetto in metallo e, mentre il suo culetto si dilatata, la penetro fino in fondo, strappandole un urlo soffocato e respiri sempre più affannati.
Le afferro i capelli con una mano mentre con l'altra, schiaffeggio le sue natiche arrossate.
Non ne avrò mai abbastanza del suo corpo. È troppo bella, troppo perfetta.
Mi pento a ogni schiaffo che le tiro perchè le sto facendo male, ma sono troppo eccitato per smettere di scoparla.
A ogni schiaffo, geme e quel suono che emette la sua gola, mi fa impazzire.
È tutta mia, tutta per me.
Le slaccio la ballgag e lei, inizia ad ansimare il mio nome, mentre mi spingo piano dentro di lei.
«Sono tua?» chiede, sapendo la risposta.
Ma so quando si eccita, cosi aumento il ritmo e le dico «si, sei la mia puttana.»
La mia erezione minaccia di scoppiare e non riuscendo più a resistere, vengo dentro il suo culo, riempendolo.
«Ti prego...» ansima.
Io continuo a scoparla nonostante sono venuto, fino a farla venire.
Le tolgo le mollette e le manette, portandola in bagno e ci facciamo una doccia insieme.
«Mi ami davvero?» chiede mentre le passo l'acqua sulla schiena per togliere via la schiuma.
«Non lo so.» è tutto ciò che riesco a dire.
Quando usciamo dalla doccia, ci asciughiamo e mettiamo il pigiama, Ella decide di dormire in camera sua e non con me, ricordandosi che domani deve tornare a scuola.
Penso e ripenso a noi mentre cerco di prendere sonno.
Io non la merito, non merito di usarla in quei modi solo per il bisogno sessuale.
Sono un incoerente del cavolo.
Amo dominarla, ma poi dopo averla dominata, mi pento di averlo fatto.
Non voglio farle male, ma vedere la sua pelle da pallina a quasi violacea per i miei schiaffi sulle natiche, mi eccita da morire.
Ma che accidenti di problemi ho?
Perchè la voglio come un matto, ma al tempo stesso il mio volerla disperatamente, mi fa sentire sbagliato quando inizio a farle male?
Ma poi, perchè tutte queste paranoie?
Fino a un'anno a qualche mese fa, neanche mi sognavo di preoccuparmi per cosa provasse la mia schiava. Non mi interessava se stesse male o bene. Litigavamo per delle stronzate, e alla fine ovviamente, avevo ragione io, e per punirla, me la scopavo a sangue, fino a farla piangere e urlare, più urlava e più la scopavo forte.
Non m'importava se provasse dolore. Finché non ero soddisfatto io, non mi fermavo.
Ora invece, ho paura a toccarla, terrore di farle male, ma nonostante la paura, gliene faccio.
Che cosa mi sta succedendo?
Una domanda alla quale non avrò una risposta, finchè starò qui con lei.
Mi alzo dal letto e quando arrivo fuori dalla sua camera, la porta è socchiusa come sempre.
Resto sulla soglia a guardarla mentre dorme.
Trema per il freddo, cosi le sistemo le coperte addosso e la copro per bene.
«Mark...»
«Scusa, non volevo svegliarti.» sussurro.
«Dormi con me?» chiede con voce assonnata.
«No, ero venuto a vedere se era tutto ok.» mento, non riuscendo a dire che sono andato da lei per vederla dormire.
Annuisce e si gira dandomi la schiena, continuando a dormire.
Torno in camera e mi metto sotto al piumone.
Il letto metrimoniale è troppo grande senza di lei.
Il silenzio è troppo assordante.
La notte è troppo tranquilla.
E io sono troppo innamorato per ammetterlo a me stesso.
La cosa peggiore, è che più sto con lei, più il sentimento cresce.
Lo nego e nascondo fino alla morte e faccio lo stronzo, ma è stritto in fronte quanto lei mi piace.
E anche quanto sei coglione! Mi urla il subconscio.
Alle due e mezza del mattino, dei tuoni mi svegliano, interrompendo il mio sonno.
Mi alzo dal letto, vado in cucina a bere dell'acqua e quando torno, accanto a me, c'è Ella, abbracciata al cuscino.
Mi sdraio accanto a lei che appena sente che sono tornato nel letto, appoggia la testa sul mio petto e la gamba destra fra le mie, sdraiata a pancia in giù.
«Non te ne andare mai.» sussurra.
Mi si stringe il cuore e mi viene la pelle d'oca.
E mentre prendo sonno, ho la forza di dire in un sussurro «come potrei andarmene?» e mi addormento pensando a lei, come sempre ormai.

All I want is youWhere stories live. Discover now