14.

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Entro nel mio appartamento con Ella in braccio che mi bacia e morde le labbra.
La porto in camera e la butto sul letto mentre io, impaziente, mi spoglio davanti a lei.
«Devo dirti una cosa...» sussurra mentre mi sdraio su di lei e inizio a baciarle il collo.
«Che cosa?» rispondo, prendendo in mano il seno, e mentre continuo a baciarle il collo, le prendo fra il pollice e l'indice il suo capezzolo turgido. Geme mordendosi il labbro. Cosi ripeto quel gesto, succhio il capezzolo e il suo respiro accelera.
«Mi sono lasciata con il mio ragazzo qualche giorno fa.»
Mi fermo e la guardo.
«Perchè non me l'hai detto prima?» le accarezzo la guancia.
«Mi ha lasciata lui...qualche giorno dopo che sono venuta a vivere con te. L'ho tradito molte volte, ha fatto bene a lasciarmi. Sono una persona orribile.» dice, distogliendo lo sguardo da me.
«Non è vero. Sei bellissima. Mi dispiace per quello che ti è successo, alla fine è anche colpa mia.» dico, mettendole due dita sotto il mento per farle alzare il viso.
«C'è un'altra cosa che voglio dirti...» le trema la voce, sta arrossendo.
«Dimmi piccola.»
«Io...» prende fiato e dice «è da un po' di tempo che...vorrei fare l'amore con te.» ammette.
La guardo sorpreso. È l'ultima cosa che mi sarei aspettato che mi dicesse.
«Anch'io devo dirti una cosa...da molto molto tempo.» mi guarda confusa.
Le tendo la mano che lei afferra alzandosi dal letto.
«Vieni con me.» le dico, uscendo dalla camera da letto.
Percorro il corridoio fino alla mia black room.
Imposto il solito codice e la maniglia si apre dall'interno.
«Sappi che capirò se te n'è vorrai andare e non vedermi più. Accetterò la tua decisione, qualunque essa sia.» dico, prendendola per mano.
Annuisce varca la soglia della stanza con me.
Si gira e mi guarda in viso, è scioccata.
Abbasso lo sguardo e con la coda dell'occhio, la vedo camminare per la stanza.
«Ora capisco dove hai preso la corda.» sghignazza ma poi torna seria.
«Cos'è questo?» chiede, estraendo da uno dei mobili un sex toys.
«È un plug.» la seguo lungo la stanza.
«Chi sei tu?» si gira di scatto quando le metto le mani sui fianchi.
«Un dominatore.» lei fa qualche passo indietro, allontanadosi da me.
«Pratico il BDSM. B e D stanno a significare Bondage d Disciplina, D e S significa Dominazione e Sottomissione, S e M significa Sadismo e Masochismo. È una pratica sessuale.» le spiego, parlando in tono calmo e dolce.
Annuisce, mentre fa un passo indietro e poi si gira.
«Scappo da un pazzo che mi picchiava, ed entro in una casa per essere picchiata di nuovo?» dice fra i singhiozzi.
Mi si stringe il cuore e mi sento una merda, ed è colpa mia se ora lei sta cosi. Non dovevo mostrarle queste cose.
«Andiamo via da qui.» faccio per prenderle la mano ma lei si libera dalla mia presa.
«Io non voglio picchiarti. Se non me n'è dai motivo, io non ti picchio. Se sarai obbediente. Se non lo sarai beh...» lei si gira verso di me. Non mi guarda negli occhi e la cosa mi urta, ma evito di esprimere il mio pensiero ad alta voce in questo momento.
Mi coglie completamente alla sprovvista quando s'inginocchia davanti a me con la testa bassa.
«È questo che vuoi?» chiede con voce rotta dal pianto.
«No!» mi esce una voce stridula che non sembra neanche la mia. «Voglio dire...non cosi.» la prendo per mano e la faccio alzare.
«Ti prego guardami...» le mie mani tremano incrociate alle sue.
Alza gli occhi su di me, lucidi e rossi, per colpa mia.
Senza pensarci due volte, la bacio prendendola in braccio facendola sussultare.
Usciamo baciandoci dalla black room e torniamo in camera mia.
«Sei sicura di volerlo fare con me?» chiedo, quando ci sdraiamo ormai nudi sul letto e io con lei.
«Si, si sono sicura.» mi guarda
Gli occhi le brillano. È cosi bella.
Ci baciamo lentamente, mentre come perfetto preliminare, facciamo il 69.
«Sei già molto bagnata piccola. Brava.» le do una leggera pacca sulla natica e poi continuo a leccarla e masturbarla allo stesso tempo.
«Sto...» geme e io sfilo le dita da lei che piagniucola e sbuffa.
«Abbiamo tempo.» le dico, mentre la faccio sdraiare a pancia in su.
«Come sei impaziente.» sghignazzo e lei si copre il viso con le mani.
La penetro con due dita mentre con il pollice, disegno piccoli cerchi sul suo clitoride bagnato.
Geme il mio nome e mi accarezza i capelli mentre io continuo a muovere le dita lentamente dentro e fuori da lei.
Le sfilo di nuovo e le porto alla sua bocca. Succhia e mi guarda negli occhi e io impazzisco.
Apro il cassetto del comò e prendo un preservativo.
Strappo la bustina, estraggo il profilattico e lo faccio scendere sull'erezione.
L'accarezzo lentamente e molto piano, inizio ad entrare dentro di lei solo con la punta.
Ansima. Cosi mi spingo più in profondità e lei urla. È cosi maledettamente stretta, e ora non è più vergine.
Mi muovo molto lentamente dentro e fuori mentre la bacio con la lingua.
«Sei bellissima.» ansimo sul suo collo.
«Sto...» aumento il ritmo e veniamo insieme, lei intorno alla mia erezione, e io nel preservativo, riempendolo del mio caldo seme.
Mi sdraio accanto a lei ancora con l'affanno. Mi tolgo il preservativo e lo appoggio sopra l'incarto sul pavimento.
Si gira con il viso a guardarmi e dice ansimando ancora «possiamo rifarlo?»
Scoppio a ridere e le dico «vacci piano piccola! Non mi diventare ninfomane.» le faccio la linguancia e lei mette il broncio.
«Vieni qui.» dico aprondo le braccia.
Lei si avvicina e si appoggia con la testa sul mio petto.
Restiamo in silenzio, ascoltando solo il suono del nostro respiro, e inspirando l'odore di sesso che c'è nell'aria.

Il suo cellulare suona nella borsa mentre io mi rivesto, dopo aver fatto una doccia insieme a lei.
Prende il telefono e con voce spensierata e allegra dice «pronto?»
Nella stanza cala il silenzio.
«C-cosa?» mi giro verso di lei e mi ci siedo accanto.
«Quando è successo?» dall'altro capo della linea sento «qualche ora fa. Ci dispiace signorina.»
Il telefono le cade di mano finendo a terra.
È pallida, sguardo perso nel vuoto, trema.
Faccio per sfiorarle il braccio ma lei si sposta, alzandosi dal letto velocemente.
«Cos'è successo?» chiedo, alzandomi dal letto mettendomi di fronte a lei.
Ha le braccia incrociate e non parla, fissa terra e se non fissa il pavimento, ha lo sguardo completamente perso. Vedo il dolore nei suoi occhi.
Esce dalla stanza senza dire una parola e si chiude a chiave in bagno.
Busso più volte ma non mi risponde. Quasi sfondo la porta a forza di pugni. Ma poi mi ripeto che innervosirmi non serve a niente. Cosi torno in camera e mi sdraio sul letto.
Dopo un'ora, sento la porta del bagno aprirsi. Mi alzo di scatto dal letto, ma mi fermo di colpo quando entra in camera.
«Mio padre è morto.» la sua voce è rotta, il viso bagnato dalle lacrime e lo sguardo perso, gli occhi rossi e il cuore a pezzi.
«Il troppo alcoll gli ha provocato danni irreparabili al fegato. È morto poche ore fa.»
Mi vengono i brividi. Mi sento una merda per averla portata via da lui. L'ho fatto per salvarla, e ora si trova orfana. Senza una madre, ne un padre.
«Dovrei esserci io al suo posto.» dice mentre viene a sedersi sul letto.
«Non dirlo neanche per scherzo piccola.» faccio per abbracciarla ma si sposta.
«Non mi toccare.»
Si alza e si allontana, senza dire una larola.
Vorrei correre da lei e dirle che ci sarò io con lei a proteggerla, dirle che andrà tutto bene, rassicurarla, calmarla e non farla chiudere in se stessa come sta facendo adesso.
Ma capisco anche il suo dolore che ha bisogno di sfogare a modo suo, come ogni persona deve sbollire la rabbia o la tristezza quando sta male a modo proprio.
Quando esco dalla camera e cammino nel corridoio, la vedo in camera sua dalla porta socchiusa.
È sdraiata sul letto, abbraccia il cuscino.
Le lacrime le colano sul naso, sulle guance e le riempiono gli occhi.
E ad ogni secondo che la vedo cosi, il mio cuore si riempie di dolore.
Vorrei poterla consolare e calmare, ma peggiorerei la situazione.
Mi siedo fuori la porta, appoggiato con la schiena al muro e le gambe incrociate sul pavimento.
Resto li tutta notte, fino a che non vedo che ha smesso di piangere e dorme.
Nel sonno, pronuncia spesso «papà» e per un momento, ho un deja-vu di quando morì mio padre.
Ero sdraiato nelle stesso modo, stringelo nelll stesso modo il cuscino mentre piangevo, e colpavo il dolore dentro con il pianto.
Rivedo me da bambino, con una mamma da sola vedova, e una figlio senza un padre e alla fine, non ha mai avuto davvero.
Ma forse piangevo più per qualcosa che sognavo di avere e non ebbi mai, che qualcosa che avevo, ma era come se non fosse mai esistita davvero.
Mi si chiudono gli occhi mentre la guardo dormire.
Mi addormento li per terra.
Non so stare lontano da lei, ma ora neanche troppo vicino.

All I want is youWhere stories live. Discover now