9.

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Quando mi sveglio, Ella è fuori dal letto.
Mi alzo, infilo dei nuovi boxer e i pantaloni della tuta e vado a cercarla.
È indaffarata ai fornelli mentre canticchia 'i want to break free' dei Queen.
Mi siedo allo sgabello del bancone e quando si gira sobbalza.
«Buongiorno» dice, passandomi un piatto con del bacon e dei pancake.
Finita la colazione, lavo il mio piatto e il suo e li sistemo nel mobile.
Ella è già vestita e io sono ancora in pigiama.
Vado in camera e infilo dei jeans, una maglia nera con sopra la felpa e infine le scarpe.
«Andiamo?» chiede lei un po' impaziente.
Prendo le chiavi della macchina e di casa e usciamo.
«Scusa è che ho una verifica e sono un po' in ansia.» dice quando arriviamo all'auto quasi correndo.
Appena metto in moto e parto, lei inizia a ripetere a raffica dei numeri e parole che sembrano un codice criptato ma in realtà sono solo formule di matematica.
Parcheggio davanti la sua scuola, e senza rendersene conto, scende dall'auto senza salutare e corre via verso i suoi compagni che entrano nel grande portone della sua scuola.
Sinceramente mi da fastidio che non mi abbia salutato, ma decido di non farci molto caso e tornare a casa.
Appena entro in casa, vado in bagno e mi spoglio, facendomi una rapida doccia.
Quando esco, il telefono squilla sul bordo del lavandino.
Rispondo pensando che sia Ella, ma quando sento il «ciao» dall'altro capo della linea, capisco che non è lei.
«Ciao Mark...come stai?»
«Che cosa vuoi Sharon? Non ho tempo per le tue stronzate! È finita. Quante volte devo respingerti per farti capire che non ti scoperò più, che non mi servi più?» urlo, a voce abbastanza alta.
La sento singhiozzare.
So di essere stato stronzo con lei, un vero stronzo. Ma non ho mai detto di non esserlo.
Non posso farci niente. Sono cosi.
Loro, tutte quelle che mi sono scopato, sapevano tutti cosi volessi da loro, e non era l'amore.
Avevo messo le cose in chiaro dal primo giorno. Solo sesso. Niente amore.
E all'inizio ha funzionato con tutte, ma poi da cosa nasce cosa e boom. S'innamoravano di me. Nonostante io fossi il solito stronzo di sempre e non facessi nulla per piacere a loro.
«So che è finita fra noi...ma io ho bisogno di te.» tira su con il naso e poi dice «per favore...dammi un'altra possibilità.»
«Non c'è più posto per te nella mia vita.» taglio corto, e senza darle modo di replicare, chiudo la chiamata.
È meglio cosi. Per me e per lei.
Guardo l'ora e vedo che sono le tre del pomeriggio. Ella uscirà a breve da scuola.
Prendo la macchina e arrivo fino davanti la sua scuola.
Di solito è una delle prime a uscire.
Dopo circa quindici minuti che aspetto, ancora non la vedo.
Controllo sul telefono ma non trovo sue chiamate o messaggi.
Provo a chiamarla ma scatta la segreteria telefonica e non visualizza ne risponde a nessun mio messaggio.
Torno a casa e inizio a pensare che le sia successo qualcosa.
Vorrei andare a casa sua, so ormai dove abita, ma mi sembra troppo da stalker.
Mi alleno per circa tre ore per distrarmi, poi mi metto a scrivere fino a tarda sera dopo aver cenato.
Aspetto una chiamata o messaggio da parte sua ma nulla. Non si è connessa e la mia ansia cresce.

Un ronzio, un fastidioso ronzio mi sveglia.
Prendo il telefono e vedo due messaggi suoi.
"Avevo da fare."
"Ci sentiamo."
È molto fredda. Nessun messaggio di scuse ne di spiegazioni per la sua assenza.
Non rispondo e torno a dormire, sperando di trovare al mattino dei messaggi con una spiegazione a quel suo comportamento.
L'indomani mattina, non trovo nessun messaggio. Inizia a irritarmi questo modo di comportarsi che ha.
Dopo una settimana, lei non mi ha ne scritto ne chiamato.
Perchè fa cosi? Non può essere sparita nel nulla?
Non le ho fatto niente, anzi.
Altre due settimane senza sentirla... Nonostante le mie ripetute chiamate e messaggi infiniti.
È lunedì mattina quando mi decido ad andare io da lei. Sta per uscire da scuola.
Quando intravedo, noto che è un po' più magra e i capelli raccoli in una coda alta.
Ma la cosa che mi sconvolge più di tutte, è che tiene per mano un ragazzo. Non il coglione violento che vedevo le altre volte.
Il ragazzo è alto, molto più alto di lei, ma non di me.
Ha i capelli neri, gli occhi azzurri come i suoi, la mascella ben scolpita, muscoli non esagerati e poca barba.
Cazzo, sembra più un professore che un suo compagno. Dev'essere più grande di lei. Cosi credo.
Ora capisco perchè non mi scriveva ne chiamava più.
Quando sto per andare via e la guardo per l'ultima volta, lei si gira ridendo con le amiche e poi mi vede, in macchina davanti al cancello, con il finestrino abbassato e il sorriso le si spegne in faccia.
Ha gli occhi sbarrati e mi sembra di vederle il cuore battere più veloce sotto la pelle, ma è solo la mia immaginazione.
Lei non si muove ne si avvicina.
Io tiro su il finestrino e parto a razzo, andando via.
Mi sforzo di non tornare indietro e staccare la testa a quel tizio troppo vicino a lei.
E mi sforzo soprattutto di non chiamarla ancora. L'ho già chiamata troppe volte in ste settimane. Non esiste che la cerco ancora. Io non cerco nessuno, cazzo.
Quando rientro in casa, sbatto cosi forte la porta da far cadere due quadri appesi alla parete. E come se non bastasse, la mia rabbia prende il sopravvento, afferro un vaso nell'entrata e lo scaravento contro il muro.
Ho troppa rabbia in corpo.
Vorrei avere qui chiunque, una ragazza qualsiasi da scopare, frustare e torturare fino a che non mi passerà il nervoso, e quasi mi pento di aver detto quelle cose a Sharon.
Se avessi saputo prima che Ella stava uscendo con un ragazzo, prima di dirle quelle cose, avrei invitato Sharon a casa mia e me la sarei scopata a sangue fino a dopodomani senza fermarmi.
Fino a farla svenire sul letto dalla stanchezza.
Sono arrabbiato non solo con lei, ma anche con me stesso.
Le ho dato pure troppo, rispetto a quanto sono abituato io a dare alle donne.
Ho sbagliato io ad aprimi con lei.
Ho sbagliato tutto. Non so cosa mi sia preso.
Ormai è sera quando quasi mi calmo. La rabbia ha ceduto il posto al nulla.
Si, sono ancora nervoso, ma non da spaccare casa come qualche ora fa.
Suonano alla porta. Apro senza rispondere. È lei.
Faccio per chiuderle la porta in faccia ma lei mette un piede in mezzo per impedire che la chiuda.
«Devo parlarti.» implora.
Io spingo più forte la porta per chiuderla, ma mi fermo quando la sento urlare.
La faccio entrare e barcollante si siede al divano.
Io apro il freezer e prendo una piattina del ghiaccio, l'avvolgo in un panno e glielo passo, senza guardarla.
Lei lo prende e lo appoggià al lato del piede.
«Volevo dirtelo da qualche giorno...» inizia a dire «ma non volevo neanche dirtelo. Dopo quello che è successo, mi sarei sentita uno schifo. Volevo aspettare.» ammette.
«Non devi darmi spiegazioni.» dico secco.
«Si invece.»
«No! Non devi! Evidentemente lui ti tocca e forse scopa meglio di come stavo facendo io ultimamente!» sbotto.
Le si riempiono gli occhi di lacrime che però ricaccia indietro.
«Scusa, non volevo.»
«Si invece. Volevi.» si alza dal divano e posa il ghiaccio nel levandino in cucina.
«Sei uno stronzo.» dice con voce placata.
Fa per uscire ma la fermo, afferrandola per un braccio.
Lei si divincola dalla mia presa ma non abbastanza da far si che la lasci andare.
«Non mi toccare!» urla e cerca di tirare via il braccio ma senza riuscirci.
«Smettila di dimenarti, tanto non ti lascio.» dico, fermandole le mani sulla testa, appoggiandola al muro.
La guardo negli occhi e la vedo calmarsi poco a poco.
«Ecco, brava.» le sorrido.
«Allora, è una cosa seria?» chiedo, mettendole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre ho ancora le sue mani sopra la testa.
«Certo che è seria!» squittisce.
Io scoppio a ridere mentre la guardo arrossire sotto  il mio sguardo.
«Quindi, avete già scopato?» le chiedo, mettendole due dita sotto il mento per farle alzare il viso e costringerla a giardarmi negli occhi, nonostante sia imbarazzata. E a me diverte vederla cosi, con me poi.
«No!» dice, a voce troppo alta. «Ci siamo messi insieme oggi!» ammette e alza gli occhi al cielo quando rido per l'ennesima volta.
«Quindi fammi vedere se ho capito bene. Vi siete messi insieme oggi, non avete scopato e la vedi seria? Nella tua mente secondo me, ci sei tu con cento neonati urlanti e fastidiosi intorno e con l'abito da sposa addosso immagino.» la prendo in giro facendole la linguaccia.
«Non è vero!» fa il broncio e gira la testa di lato per non farsi vedere.
Si morde il labbro per non ridere anche lei.
Le lascio andare le mani e penso che correrà via in un lampo, ma non lo fa.
Mi abbraccia, appoggiando la testa al mio petto e infilando le mani sotto la maglietta, accarezzandomi la schiena.
Non so se ricambiare l'abbraccio o lasciare che mi abbracci lei, so solo che mi è mancato il suo tocco in queste settimane della sua assenza.
«Vuoi restare qui?»
Non risponde a parole ma annuisce.
«Vado a fare la doccia.» dico quando si stacca da me.
Finita la doccia, esco dal bagno con l'asciugamano in vita.
Ella è seduta sul letto ancora vestita.
Sgrana gli occhi quando lascio cadere l'asciugamano a terra, apro il comodino e metto dei boxer bianchi.
«Tieni, puoi mettere questa.» le lancio la mia felpa bianca senza la zip.
«Emh...girati, per favore.»
Scoppio a ridere e mi sdraio sul letto accanto a lei.
«Ti ho già vista nuda piccola. Conosco ogni millimetro del tuo corpo. Non devi essere imbarazzata con me.» dico, girandomi di fianco per guardarla.
Lei si alza e si chiude nel bagno.
Quando esce, indossa solo le mutandine di pizzo bianche sotto la felpa.
Posa i vestiti sulla cassettiera vicino la porta e poi viene a sdraiarsi nel letto.
«Domani è sabato, non vado a scuola. Quindi posso restare di più qui, se vuoi.»
«Si, certo. Tanto ormai praticamente vivi qui.» lei mi tira una cuscinata e io a lei.
Ridiamo e lei si dimena quando la faccio sdraiare sotto di me.

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