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È quasi l'una del pomeriggio quando ci svegliamo.
«Non ho mai dormito cosi tanto.» sbadiglio e mi alzo dal letto, stiracchiandomi la schiena ed Ella fa lo stesso.
«Era comoda la tua felpa.» dice e sorride mentre esce dalla camera.
La seguo e mentre sono dietro di lei, ammiro il suo culetto perfetto.
Mi viene duro all'istante quando si china a prendere il cellulare nella borsa appoggiata sulla sedia in cucina.
Mentre lei è girata di schiena a guardare il telefono, io mi accarezzo sui boxer.
Tirano ancora di più quando si china di nuovo per posare il telefono nella borsa e si gira verso di me.
Si morde il labbro quando abbassa gli occhi sui boxer, notando l'erezione.
«Rischia di scoppiarmi.» ammetto, guardandole le cosce dove le ricade la mia felpa.
Diventa rossa sulle guance e deglutisce. Si passa la lingua sulle labbra secche, inumidendole.
«Ti viene sempre cosi?» chiede, venendo verso di me.
Mi guarda con aria innocente e dolce. Gli occhi le brillano sotto la luce del lampadario in cristallo che c'è in salotto.
Annuisco e dico «sempre con te piccola»
Si copre la mano con la bocca per nascondere il sorriso.
Io le prendo la mano e me la porto alla bocca. Lei non la toglie.
Lecco il pollice, poi l'indice, la guardo mentre muovo la lingua.
Lei fissa la mia bocca. Si lecca il labbro e lo morde, lasciando schiuse poi le labbra. Il suo respiro è cambiato. È più veloce.
La sto facendo eccitare.
Lecco il mignolo e faccio scendere la mano sui miei addominali.
Lei mi guarda negli occhi e mi lascia fare, non si ritrae.
Arrivo fino all'elastico dei boxer.
Le prendo il polso e lei con la mano che trema leggermente, me li abbassa solo per far uscire l'erezione.
Lo prende in mano e inizia a muoverla su e giù lentamente, continuando a guardarmi negli occhi.
«Senti quanto mi fai stare bene piccola»
Lei si lecca di nuovo le labbra e respira con la bocca aperta, continuando a toccarmi e a guardarmi negli occhi.
Le accarezzo la guancia, lei chiude gli occhi al mio tocco e si lascia accarezzare.
Le fermo la mano e dico «muovi il pollice in cerchio sulla punta» lei fa come ho detto e io inizio a tremare mentre lei piano inizia a toccarmi la punta bagnata che gocciola.
Non riesco a togliere il contatto visivo da lei, dai suo magnetici occhi azzurri. Inizia a pulsare...
«Piccola» gemo mentre vengo nella sua mano, riempendola di sperma.
«Ora chi pulisce?» chiede guardando il lago che ho fatto par terra.
«La tua lingua.» le faccio l'occhiolino mentre lei si copre gli occhi imbarazzata.
Scoppio a ridere mentre mi tiro su i boxer.
Prendo uno straccio e pulisco a terra, Ella sorride e dice sedendosi sul tavolo «una perfetta donna delle pulizie» e io le faccio il dito medio mentre lei ride.

Dopo essermi fatto la doccia, alle tre del pomeriggio, dopo svariati tentativi, Ella mi costringe ad accompagnarla a fare shopping.
Mi tiene per mano e io non mi ritraggo mentre camminiamo per i vari negozi.
Guarda spensierata e felice le vetrine con i vestiti in esposizione.
Sembra una bambina il giorno di Natale quando compra vari vestiti. È bello vederla sorridere.
È bello vederla felice, mi riempie il cuore di gioia.
Penso spesso a quanto dev'essere difficile la sua vita. Vorrei tanto poter fare qualcosa.
Da quando ho conosciuto una piccola parte della sua storia, una cosa che vorrei fare c'è...
La guardo storto quando mi passa l'ennesima busta di vestiti.
Ha speso minimo cento dollari di vestiti, e sono pure in saldo.
Entriamo da Starbucks e ordino un caffè mentre lei prende un thé freddo alla pesca.
«Cos'era la tua mamma?» chiedo
Le va quasi di traverso la bibita iniziando a tossire. Si schiarisce la voce.
«Di aspetto o caratterialmente?» chiede. Le si incrina la voce.
«Entrambi»
«Era alta, bionda come me, occhi grigi. Indossava sempre un bracciale di perle con un ciondolo fatto a luna. Nonostante avesse dei capelli meravigliosi, li teneva sempre legati in una coda. A volte in uno chignon e rare volte li teneva sciolti.» guarda la finestra e sorride, sogna ad occhi aperti.
«Caratterialmente era solare, amichevole, altruista, generosa, sapeva sempre come tirare su di morare una persona, sapeva sempre far sorridere chiunque le stesse intorno.» chiude gli occhi, sorride, si copre la bocca con la mano per coprirlo.
«Era una donna straordinaria. C'era poco a casa per il suo lavoro, ma trovava sempre modi per restare in contatto con me. Quando ero piccola giocava sempre con me, mi ha insegnato a pattinare, ad andare in bicicletta.» ride tenendo ancora gli occhi chiusi. «Le piaceva tanto dipingere, leggere e cantare. Amava cantare, era la sua più grande passione.
Eravamo una famiglia felice...» apre gli occhi e mi guarda. Sono rossi, pieni di lacrime, dolore e tristezza.
«Ma poi ci ha lasciati, e mio padre ha iniziato a bere.» beve un sorso di thé. «lo sento spesso piangere e ogni notte abbraccia una foto della mamma di quando si sono sposati.» si sposta una sciocca di capelli dietro l'orecchio.
«Ehi» mi prende la mano sopra il tavolo «non piangere»
Non mi ero neanche accorto di stare piangendo.
Mi asciugo gli occhi non le maniche della felpa, fingendo che sia tutto apposto, ma non lo è.
Questa ragazza è unica.
Affronta queste cose con il sorriso, anche se nei suoi vecchi vedo tanta sofferenza e dolore.
Un trauma emotivo. Lo stesso che ho anch'io da tempo. Eppure sorride nonostante tanta sofferenza.
Le uniche volte che ho sorriso in vita mia, è da quando conosco lei.
«È tutto ok?» chiede tenendomi la mano.
Sorrido e le annuisco, portando la sua mano alla mia bocca per baciarla.
Non mi vergogno di essermi messo a piangere davanti a lei.
Piangere significa provare emozioni, avere un cuore. Se un'uomo che piangere, non significa che non è uomo, significa che lo è.
Non mi è mai capitato con nessuna donna, NESSUNA donna, di essermi mostrato cosi.
Non mi riconosco neanche io.
Quando usciamo dal bar, mi chiede di andare da lei per posare tutto e portarsi dietro il cambio per dormire di nuovo da me.
Non mi dispiace che viene da me quasi ogni sera a dormire, mi piace averla vicino quando dormo. Mi fa dormire tranquillo.
«Sali se vuoi» dice, prendendo lr varie buste e avviandosi verso il suo condominio.
La raggiungo e salgo le scale con lei fino al secondo piano.
Apre la porta, e va in camera, assicurandomi che ci metterà poco a prendere i vestiti.
«E tu chi sei?» biascica qualcuno alle mie spalle.
Mi alzo dalla sedia del tavolo e mi giro vedendo un'uomo altezza media, capelli brizzolati e occhi verdi con un insopportabile odore di alcol che lo circonda.
Barcolla, ha gli occhi rossi, il volto pallido e ha una bottiglia di birra nella mano sinistra.
Cerco di rispondere con tutta la calma possibile dicendo «un'amico di Ella»
L'uomo annuisce e si siede alla sedia dove stavo seduto io.
Mi guarda e sorseggia la sua birra.
«Quindi mia figlia esce con dei ragazzi. Te la sei già portata a letto?» ride e si porta la bottiglia alle labbra. Ma prima di bere, lo afferro per la maglia facendolo alzare, cammino avanti e lui retrocede fino a che non sia con la schiena al muro.
«Ascoltami bene figlio di puttana, ho visto tante volte lividi sulla faccia di quella ragazza. Mi fai schifo. Dovresti vergognarti. Ora ascoltami bene, perchè non lo ripeterò una seconda volta. Lei ora verrà via con me, vivrà a casa mia, mi prenderò cura io di lei in tutto. Tu devi sparire dalla sua vita, non farti più vedere, o ti rovino. Sono stato chiaro?» la mia voce è sussurrata ma piena di rabbia.
Lui annuisce tremando con gli occhi sbarrati.
Mi stacco da lui e vado da Elle che esce dal bagno pronta.
«Prendi tutte le tue cose.» le prendo la mano portandola in camera. Mi guarda confusa.
«Cosa?» chiede mentre la porto in camera.
«Non voglio più che soffri per colpa sua. Prepara la valigia con tutte le tue cose, ti porto via da qui.»
Mi guarda a bocca aperta ma non ribatte.
Apre l'armadio e prende una valigia, iniziando a mettervi dentro tutti i suoi vestiti, poi una scatolina con dentro degli accessori di bigiotteria, un carillon rosa, e un'altra scatola. Si siede sulla valigia per chiuderla.
I vari libri e quaderni della scuola, li mette dentro un borsone nero e anche le scarpe che ha.
In pochi minuti, svuota tutta la sua camera da letto.
«Devi prendere altro?» le chiedo
Fa di no con la testa. Io prendo sia la valigia che il borsone e mi avvio alla porta.
Lei guarda quell'uomo, seduto a una sedia con la birra davanti.
Fa per avvicinarsi ma poi si ferma e torna indietro.
Apre la porta e usciamo insieme, senza dire una parola.
Solo quando arrivo a casa mia mi parla.
«Perché?» chiede, sganciandosi la cintura di sicurezza.
Io tolgo la mia, la prendo in braccio facendola sedere su di me a cavalcioni.
«Perché non ce la faccio più a vederti soffrire. Ho bisogno di vederti star bene, di sapere che sei al sicuro, ho bisogno di vederti sorridere. Mi voglio prendere cura di te, cosa che avrebbe dovuto fare lui ma non l'ha fatto. Sono tranquillo solo quando sei con me. Voglio proteggerti. Ho bisogno di te.» le accarezzo la guancia.
Quasi mi pento dell'ultima frase, ma è vero. Ho bisogno di lei.
Lei mi sorride, si morde il labbro.
Mi abbraccia e il mio viso affronda nei suoi capelli luminosi e profumati. Profumano di lei.
Restiamo in quella posizione per un tempo che mi sembra infinito.
Un piccolo infinito che vorrei non finisse mai, se si tratta di lei.

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