5.Due Ore D'Inferno

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Beatrice 

Mi sembra di non aver camminato mai così lentamente prima d'ora.

Generalmente sono una di quelle persone che non vede l'ora di uscire di casa per liberare la mente. Camminare per le strade della mia città e osservare ciò che mi circonda, mi piace da impazzire.

A volte faccio lunghe passeggiate senza meta anche da sola. Mi piace perdermi tra i volti della gente, e sentire il suono delle loro voci.

Insomma, sono entusiasta all'idea di uscire di casa. Sempre.

Ma non oggi, non questo mercoledì.

Fin da quando ho aperto gli occhi ed ho realizzato che dopo scuola avrei dovuto trattenermi al bar per le ripetizioni di matematica, ho fatto fatica a svolgere qualsiasi tipo di attività.

Ci ho messo più del solito a prepararmi per uscire di casa e sono arrivata giusto in tempo a scuola - solo perché è passata Cassandra a prendermi con lo scooter - un attimo prima che chiudessero il cancello.

Sono stata distratta tutto il tempo delle lezioni e mi sono girata più volte nella direzione del ragazzo con il quale dovrò passare il pomeriggio, cercando in lui non so nemmeno io cosa. Forse la stessa noia che ho io al solo pensiero di parlargli. Ma lui mi è sembrato essere tranquillo e spavaldo come sempre.

Ho mandato un messaggio a Cassandra durante la ricreazione, per dirle che non sarei uscita dall'aula perché non ne avevo le forze. E sono effettivamente rimasta da sola con la testa poggiata sul banco e gli occhi chiusi, per venti minuti.

Quando alla fine, la campanella che solitamente avverte la fine della giornata ha suonato, non sono riuscita a trattenere un sospiro di frustrazione. E ovviamente ho faticato anche ad alzarmi dalla sedia e a mettere le mie cose a posto nello zaino, per uscire dall'edificio.

Mi sono guardata intorno e ho notato tutti i miei compagni sollevati all'idea di tornarsene a casa, mentre io ho maledetto me stessa per non essere in grado di capire la matematica da sola.
Se così fosse, a quest'ora me ne tornerei anche io alla mia umile dimora, serenamente.

E invece sono qui, davanti alla porta del bar dove lavora Carolina a fare il pari e dispari sull'entrare o meno.

Penso che potrei tranquillamente fare dietro front e dare buca a Loffredi.

Però poi rifletto sul fatto che l'aiuto in matematica mi serve se non voglio fare un esame di stato pessimo. E poi, comunque - in fin dei conti - Umberto si è offerto di darmi una mano anche se fondamentalmente non mi conosce - cosa che non tutti avrebbero fatto. Sarebbe davvero poco carino andar via.

Quindi mi faccio coraggio trattenendo per un attimo il respiro e varco la soglia del bar pronta ad affrontare un paio d'ore di inferno.

Non appena sono all'interno, nonostante il malumore, sento un'ondata di piacevole calore che mi fa rilassare completamente.

Mi guardo intorno per cercare Umberto, e lo vedo seduto a un tavolo un po' più appartato in fondo alla sala; in un primo momento impreco mentalmente, chiedendomi il perché non abbia scelto un posto più centrale. Subito dopo però, mi dico che forse lo ha fatto per studiare meglio, senza troppe distrazioni. Dopotutto lui stesso sta scrivendo su alcuni libri, presumibilmente iniziando ad anticiparsi qualche compito per domani.

Mentre sfilo il mio giubbotto blu ed avanzo verso di lui, penso che dovrei imparare a non dare per scontate le cose.

Forse Umberto non è poi così male se si è offerto di aiutarmi, e per farlo ha anche cercato in ogni modo di agevolarmi.

Il Momento Più BelloWhere stories live. Discover now