8.Confusione

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Beatrice

Mai come questa volta, durante l'intervallo la mia classe è completamente vuota.

E solitamente sono la prima a uscire per prendere una boccata d'aria, e all'occorrenza poter stare insieme a Cassandra - ora avrei anche l'opportunità di stare insieme ad Andrea. Ma oggi i miei arti inferiori - e in generale un po' tutto il mio corpo - sembrano non volersi muovere nemmeno sotto tortura.

Nemmeno mi spiego il perché di questo cattivo umore, so solo che è da quando ho parlato con la mia migliore amica che mi sento completamente spossata.

Non capisco come mai la notizia della sua cotta per Umberto mi abbia scombussolata così tanto.

Probabilmente è per il fatto che io non mi fido minimamente di uno come Loffredi, e che ho un'immensa paura che la mia amica possa soffrire.

Però comunque è un qualcosa che in realtà non ha un vero senso, perché una come Cassandra di certo non si fa mettere i piedi in testa da un ragazzo. E ancora più certamente non è la tipa che soffre per "amore".

Però non so perché, ma lo sguardo con il quale mi ha supplicata di darle una mano, mi ha suggerito che questa volta c'è qualcosa di diverso sotto.

Mentre sono assorta nei miei pensieri con lo sguardo perso nel vuoto, la porta dell'aula si apre, svelando la presenza di Umberto.

Oh tu guarda, ho dei superpoteri. Se penso a un deficiente, questo mi si materializza davanti agli occhi!

Come se non bastasse insomma, anche il mio karma sembra essere contro di me oggi.

Lui pare quasi spaventarsi nel momento in cui nota la mia presenza ma non posso biasimarlo: mi spaventerei anche io se in una classe apparentemente deserta, trovassi una persona ferma in un posto a contemplare il vuoto.

L'attimo di sgomento dura solo un momento però, perché poi senza dire niente si dirige verso il suo banco e sfila dalla sua cartella un pacchetto di sigarette. Evidentemente lo aveva dimenticato, o forse non ha trovato nessuno che gli lasciasse scroccare, nei corridoi.

Io resto al mio posto senza proferire parola e faccio finta di niente, sperando con tutta me stessa che lui finisca di fare ciò per cui è venuto e se ne vada senza darmi nessun tipo di fastidio.

Ma ora mi chiedo: la mia vita può mai esaudire un mio desiderio? No, ovviamente.

Perché lui prima di uscire, prima tentenna e poi ritorna sui suoi passi, per avvicinarsi al mio banco.

Quando è di fronte a me, prende la sedia appartenente al posto davanti e la sposta per mettervisi seduto a cavalcioni e poggiare i gomiti sul mio banco.

«A che ora è avvenuto il decesso?» mi chiede.

Ha davvero avuto il coraggio di rivolgermi la parola? Potrei assalirlo e prenderlo a sberle in questo momento!

«Cosa?» gli chiedo di rimando io, non capendo di cosa stia parlando.

«Sembri una morta, quindi mi chiedevo a che ora avessi esalato il tuo ultimo respiro.»

Io faccio finta di ridere, perché non lo trovo per niente divertente. Ma il mio trattarlo in maniera pessima, sembra solo agevolarlo nel continuare a torturarmi: deve essere una sorta di sadico che prova piacere nel rompere i coglioni alla gente.

«Lo sai che ridere per almeno un quarto d'ora al giorno, rende la vita migliore?» mi chiede ancora retoricamente.

Ma io mi sono già stufata della sua presenza, quindi sbotto: «Che cosa vuoi, Loffredi?!»

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