18.Venti Minuti

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Beatrice

Oggi la scuola è deserta a causa di uno sciopero generale. Che cosa ci faccio allora io qui? Semplice: la nostra professoressa di francese ha pensato bene di fissare il compito scritto proprio oggi e ha anche minacciato di mettere impreparato a chiunque non si fosse presentato, quando noi le abbiamo chiesto gentilmente di poterlo spostare. È sempre stata una stronza, dopotutto.

Quindi la scuola é sì deserta, ma la nostra classe c'è e ha fatto lezione nonostante lo sciopero.

Questo ha praticamente implicato anche l'ora di matematica - figuriamoci se Presetti aderisce a uno sciopero! - e il fatto che sicuramente adesso dovrò fare un'interrogazione che ho il terrore di affrontare.

Quando il professore annuncia la sua intenzione di chiamare qualcuno alla lavagna e - fingendo spudoratamente, perché è più che ovvio che chiami me - ci pensa su un attimo leggendo i vari nomi sul registro, in classe regna un silenzio che mette quasi i brividi, soprattutto se associato alla quiete che regna nell'intero edificio.

Anche se me lo aspetto, quando Presetti pronuncia il mio cognome, sussulto. Una parte di me ha sperato fino alla fine che mi risparmiasse, ma sono costretta - assolutamente controvoglia - ad alzarmi e a raggiungere la lavagna.

Dopo pochi secondi sono di fianco al mio boia - in fondo mi pare di essere al patibolo - e il mio sguardo finisce nella direzione dei miei compagni di classe: Ilaria mi sorride incoraggiandomi, quando i miei occhi incontrano i suoi, e io ricambio cercando di non farmi beccare dal professore.

Provo a incontrare anche lo sguardo di Loffredi, ma lui sembra non essersi nemmeno accorto che alla lavagna - pronta a farmi venire una crisi isterica - ci sia io. Ha la testa china sul suo quaderno e già sta scrivendo qualcosa, anche se io non ho segnato ancora nessun numero sulla lavagna.

Presetti mi riporta alla realtà chiedendomi: «Sei preparata, Marchesi?»

«Mi detti una traccia e scopriamolo insieme, prof.» Dico ironicamente, facendo ridacchiare l'intera aula. Tutti tranne Umberto, che ora ha alzato lo sguardo ma sembra non aver sentito nulla. Mi chiedo se sia di cattivo umore per qualcosa, e la mia mente ritorna al giorno in cui mi trattò davvero male, dopo il nostro primo bacio. Scuoto la testa immediatamente quando mi rendo conto che ancora ci penso, ai nostri momenti insieme. Devo semplicemente scrollarmeli di dosso, perché noi abbiamo risolto tutto ed è inutile che ancora io rimugini su determinate cose. Dopotutto, magari lui è semplicemente tornato a ignorarmi come qualche mese fa perché è questo il suo concetto di tregua.

Comunque Presetti - che per tutto il tempo dei miei viaggi mentali, si è messo a cercare un esercizio sul libro - inizia a dettarmi una traccia che io prontamente segno alla lavagna. Una volta scritta del tutto, mi ci vuole un attimo per rendermi conto che è la stessa traccia dell'ultimo esercizio che io e Umberto abbiamo svolto durante le ripetizioni. Sorrido vittoriosa, perché mi ricordo perfettamente ogni singolo passaggio e sono più che sicura di riuscire a svolgerlo correttamente.

Ogni passaggio svolto, lascio controllare il mio professore che - quasi commosso - ogni volta mi dice che è tutto perfetto. Così io cancello quel passaggio - non avendo tanto spazio sulla superficie sulla quale lo sto svolgendo - e comincio a scrivere il successivo. Così fin quando non arrivo fino alla fine senza aver fatto nemmeno un errore.

«Direi che la risposta è sì.» Mi fa Presetti sorridendo «Sei preparata.»

«Quindi, ho recuperato il voto?» chiedo speranzosa.

«Ti metto otto, Marchesi.»

Non so cosa mi prenda nel momento in cui lui mi annuncia il voto, ma lascio cadere il gessetto che fin'ora è stato tra le mie mani ed emettendo un urletto felice, mi avvicino a lui e lo abbraccio. Non è una cosa che generalmente si fa con i professori, ma non ho saputo resistere... Sono troppo contenta!

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