7. Speranze

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Noreen rimase alcuni minuti ferma sul posto, con le lacrime agli occhi, senza sapere se avvicinarsi a Sygal e confortarlo, per quanto fosse possibile, oppure se lasciargli i suoi spazi.

Fece un passo indietro, con l'intenzione di allontanarsi e dargli tempo per elaborare il lutto, ma Sygal alzò il capo e la guardò con le iridi rosse. La pupilla era ristretta come quando mutava. Aveva gli occhi da drago. Noreen arretrò ancora, irrigidendosi.

«È mia madre» mormorò. Parlò con un tono così dolce, che Noreen non poté che raggiungerlo e sedersi di fianco a lui. Gli cinse la vita con le braccia e lo abbracciò forte.

Sygal sospirò e posò la guancia sulla sua testa.

«Ho sperato fino all'ultimo che non fosse morta, che fosse riuscita a salvarsi, quella sera. Ho fatto di tutto per difenderla, ma ho fallito. Avevo solo lei» disse, a bassa voce.

Noreen si appoggiò al suo petto e lo strinse con più energia. Non disse nulla, si limitò ad ascoltarlo. Avvertì il battito frenetico del cuore di Sygal contro il suo orecchio e il petto che si alzava e abbassava prima più in fretta e poi con più calma.

«Dobbiamo seppellirla. Lei e tutti gli altri» osservò Sygal, dopo un po'.

«Sono sicura che ti amasse tanto» rispose Noreen, staccandosi da lui e alzandosi, per aiutarlo a svolgere il faticoso compito.

«La amo anche io» disse, lasciando una carezza delicata sulla guancia del drago.

Noreen sospirò, più sollevata che gli occhi di Sygal fossero tornati umani e che il ragazzo si fosse calmato un po'. Faticava a credere, però, che fosse davvero così tranquillo dentro di sé.

Provò una rabbia cieca nei confronti di chi aveva massacrato i draghi. Giurò in silenzio che li avrebbe vendicati tutti. Chiunque fosse stato l'assassino, avrebbe sofferto fino all'ultimo secondo di vita.


Si allontanò da Sygal, per lasciarlo ancora un po' solo con sua madre, prima di dirle addio. Si aggirò per il villaggio con i sensi all'erta, pronta ad avvertire qualsiasi rumore.

Ovunque, poteva scorgere cadaveri di draghi, lasciati in balia della natura.

Ci avrebbero messo ore a seppellirli tutti, ma voleva farlo. Era suo dovere, in quanto Regina.

Si chinò davanti al primo e valutò le possibilità: per spostarli avrebbe dovuto per forza usare la magia e Sygal mutare in drago.

Si guardò intorno, alla ricerca del ragazzo. Non aveva idea di dove potesse trovarsi il cimitero, sempre che ce ne fosse uno. Non sapeva nulla sui draghi e su come vivevano. Si chiese perché la precedente Regina non fosse venuta a prenderla per istruirla. Non avrebbe potuto proteggere le sue creature finché non le avesse comprese appieno.

Si rialzò e, nel farlo, una ciocca di capelli le cadde davanti agli occhi. Alzò una mano per scostarla, ma si bloccò, impallidendo.

Quella ciocca era troppo chiara. Si girò, trovandosi controluce, per studiarla meglio. Invece che essere del consueto rosso, tendeva al bianco, quasi argenteo.

Se la rigirò intorno al dito per un po', riflettendo. Forse l'aveva modificata lei per sbaglio, mentre usava la magia.

Sbuffando, chiuse gli occhi per richiamare il suo potere. La sua mente corse alle lezioni che le aveva impartito Viltor sugli incantesimi d'origine. Si poteva far tornare qualsiasi oggetto com'era prima, se si conosceva la sua forma d'origine. Quegli incantesimi, però, non potevano essere effettuati su esseri viventi morti oppure su oggetti troppo grossi, come un lago o una montagna. Inoltre più si voleva modificare qualcosa e più energie ed esperienza servivano.

La Regina d'ArgentoWhere stories live. Discover now