4. Threesome

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ZAYN

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ZAYN

«Niente scopate fino al tre aprile.» Ripeto incredulo, ricontando i giorni sul calendario tra le mie mani. Seduto sullo sgabello del bancone in cucina, arriccio le labbra, trovandomi a fissare il vuoto.

«Tanto non scopavi neanche prima.» Harry scrolla le spalle, accendendo il fornello per far bollire l'acqua in pentola. Con un pacco di pasta Divella tra le mani, afferra degli spaghetti e li sistema su una bilancia, misurando attentamente la pasta.

«Nemmeno tu, se è per questo.» Ribatto, posando il mento sul mio palmo aperto, osservando Gwen uscire dalla sua stanza solo per buttarsi a peso morto, poi, sul divano nel living room.

Batto il pugno sul tavolo, richiamando l'attenzione dei miei coinquilini, che si girano meravigliati, e anche un po' stupiti. Ma io sorrido, saltellando sul posto, quasi sorpreso dall'idea geniale che potrei aver avuto. «E se facessimo un threesome?»

Gwendaline mi guarda più sconcertata del solito, mentre rimugina su cosa dire — e, quando strizza le palpebre, so che in realtà si è appena morsa la lingua pur di evitare di dire qualcosa di cattivo.

«Voi due avete una cameretta tutta vostra, no?» Sospira, sottolineando la sua indisposizione nei confronti della mia proposta. «Divertitevi.» Ridacchia, facendo zapping tra i canali della tv.

«Ma io sono etero!» Harry si gira, lanciando un'occhiataccia a Gwen, che risponde con un alzata di spalle, mostrando la sua indifferenza. «Ho detto il contrario?» domanda lei, schioccando la lingua sul palato.

«Mi hai suggerito di fare sesso, con mio cugino.» Harry ribatte prontamente, alzando un sopracciglio.

«Bambini, bambini,» batto una mano sul bancone, facendoli stare in silenzio «riesco a sentire la tensione sessuale tra voi due.»

«Prima ci chiami bambini e poi ci suggerisci di fare sesso?» Gwendaline, spazientita, si sporge oltre lo schienale del divano, borbottando qualcosa sottovoce tra sé e sé. «Ingegnoso tuo cugino.» lei si rivolge un ultima volta ad Harry, che afferra il sale dal mobile in lato a destra.

«Posso buttare la pasta?» Harry chiede, rivolgendosi ad entrambi tra un'espressione annoiata e l'altra.

«Si, butta tutto quello che vuoi; così lo vado a ricomprare al supermercato.» Commento distrattamente, prendendo il mio album da colorare assieme al porta pastelli di Spider-Man, con tre zip e scompartimenti diversi, di colore rosso. Con la coda dell'occhio, vedo Harry coprirsi il viso con le mani, mantenendo il ponte del naso con pollice e indice.

«Gwen, mi metti un bicchiere di succo di frutta?»faccio un colpetto di tosse, facendo correre la punta dei pastelli su un disegno che raffigura una farfalla, stando bene attento a non colorare fuori dagli spazi.

Lei scrolla le spalle, abbandonando il divano per avvicinarsi al frigo, aprendone lo sportello e vagando con lo sguardo verso i vari scompartimenti, da dove afferra una confezione in tetrapak.

«Grazie mille.» dico solamente, prendendo un sorso e facendo volontariamente rumore. Dopo aver temperato perfettamente la matita, procedo ad utilizzare il mio pastello rosa. Loro due si guardano straniti, scuotendo il capo — con l'unica differenza che, Gwen, non ci pensa due volte a nascondere un sorriso divertito, mentre Harry allunga ancor di più gli angoli della bocca.

«Cosa mi sono perso, ragazzi?» abbandono i colori, prendendo un altro sorso di Ace — dopo aver preso il telecomando per sintonizzarmi su Rai Yoyo.

«La puntata di Bing di ieri,» Harry sfoggia un ghigno, trattenendo una sonora risata «perché sei svenuto.» Aggiunge poi, calando la pasta nella pentola, dove l'acqua acqua bolle.

«Merda!» sbatto il bicchiere sul bancone dalla frustrazione e la nostra coinquilina, che prima grattugiava il parmigiano, a quel gesto veloce e inaspettato sussulta, fermandosi di scatto.

Harry, nel frattempo, tornando verso il frigorifero, si trova a sfiorare distrattamente i fianchi di Gwen; e lei, quel contatto improvviso, sembra percepirlo subito, irrigidendosi per qualche secondo, prima di schiudere le labbra e lasciarsi andare con un sospiro.

Tuttavia, pochi secondi dopo, lei si dirige verso camera sua, sentendo il telefono squillare. Mio cugino lascia cadere gli occhi fin troppo in basso, suoi glutei sodi e ben scolpiti, nascosti sotto al pigiama. Subito dopo, però, cerca di distogliere lo sguardo a fatica e arriccia il naso, evidentemente avvilito dal suo desiderio scostante; in lotta tra la tentazione di guardare ed i sensi di colpa che ne derivano — e quando sto quasi per asciugargli il rivolo di bava che gli ricade lungo il mento, invece mi limito solamente a dargli un calcio sulla gamba.

«Ma che fai?» borbotto sottovoce, sfogliando nervosamente l'album alla ricerca di un altro disegno da colorare. Faccio poi partire su Spotify la playlist di High School Musical, che contiene anche pezzi dei Jonas Brothers in Camp Rock.

«Cerca solo di non fare l'animale,» sospiro, tamburellando le dita sul bancone della cucina «capisco che sei in astinenza, ma-»

«Chi è in astinenza?» domanda Gwen, che torna in cucina con un paio di leggins e una maglia a mezze maniche, aderente, che scende lungo il suo corpo sinuoso, fasciandolo come un guanto.

Harry mi dà un calcio ed io trattengo un urlo, stringendo i denti in preda al dolore.

«Zayn.» Afferma lui, lanciandomi occhiate che, se potessero, mi manderebbero a fuoco pur farmi tacere. «È Zayn che un urgente bisogno di ca-»

«Harry, ma la smetti!» Ribatto offeso, con la bocca schiusa e le braccia incrociate al petto.

«Di cosa ti offendi? Vatti a prendere un panettone e taci.» Harry schiocca la lingua sul palato, proprio quando Gwen inarca un sopracciglio, evidentemente confusa dalla nostra conversazione. Ma io, in preda alla vergogna, nascondo il viso nelle mie mani a coppa, consapevole di essere stato scoperto.

Ho riempito lo sgabuzzino di confezioni di panettone e pandoro, di molte confezioni, comprate in diversi supermercati di diverse zone della città, per non destare sospetti. Sono i miei dolci preferiti e non posso vivere senza, come non posso aspettare, ogni anno, che venga Natale per mangiarli.

«Certo che voi due siete strani.» Lei alza le mani, uscendo fuori al balcone nell'attesa che il pranzo sia pronto, con l'espressione di una che, di questa quarantena forzata, ne abbia già abbastanza.

«Io non sono strano.» Ribatto offeso sotto voce, estraendo dalla tasca dei jeans un pezzo di plastilina, con lo scopo di ricreare la forma di un ferro da stiro.

StuckWhere stories live. Discover now