14. Topo domestico

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HARRY

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HARRY

Ingoio a vuoto, reclinando la testa all'indietro. Il ticchettio dell'orologio di Topolino diventa sempre più assordante, di volta in volta, e mi tocca resistere all'impulso di lanciarlo dalla finestra, una volta e per tutte. Ogni cosa in questa stanza è di per sé esilarante, come i testi universitari ammassati con gli album da colorare. Ma c'è anche una collezione di peluche del Re Leone, la sua scorta personale di plum cake, puzzle da ventiquattro pezzi e alcuni prodotti per la skin care.

Gwendaline se ne sta zitta. Tiene le ginocchia portate al petto, col capo chino. Si perde a fissare la punta delle sue scarpe, senza dire una parola — ed io osservo i dolci lineamenti del suo viso grazie ad un fioco fascio di luce dato dall'abat-jour sul comodino.

Secondo i miei calcoli, siamo bloccati qui da almeno sei ore. All'inizio rifugiarci qui dentro sembrava l'opzione più logica. Dopo i primi quindici minuti passati qui dentro, quando io e Gwen avevamo appurato che fosse giunta l'ora di uscire, la paura di Zayn ha preso il sopravvento — spingendolo a nascondere da qualche parte la chiave di camera sua. A seguito di intensi attimi di tensione, carichi di battibecchi, minacce e inseguimenti, mio cugino è crollato non appena s'è steso sul materasso. Per questo io e la mia coinquilina siamo finiti qui, seduti per terra, a contemplare una via d'uscita da questo inferno personale.

«Se non troviamo la chiave siamo fottuti.» Interrompe il suo silenzio, incrociando le braccia al petto. «Io non ci dormo sul pavimento. Lo sai, vero?» Inarca un sopracciglio, tenendosi a debita distanza da me.

«Sto pensando!» Affermo spazientito, mordendo l'interno guancia per frenare il desiderio di lasciarmi scappare qualche parola in più. So benissimo dove dove si trovi la chiave. Conosco Zayn come le mie tasche, nonostante io a volte cerchi di non darlo a vedere. La verità è che non ci vedo niente di male nel giocare sporco per tenerla qui con me ancora un po' — sopratutto quando questo sembra essere l'unico momento senza altri coinquilini, cartoni animati o vicine di casa con nomi di città australiane. È estremamente egoistico? Forse. Potrebbe essere profondamente patetico? Probabile. Ciò nonostante, ho raggiunto il mio obbiettivo primario? Direi più che abbastanza.

«Gwendaline?» allungo le labbra in una linea sottile, stringendo i palmi attorno alle cosce, fasciate dal tessuto consumato dei jeans. Potrebbe essere l'unica possibilità per dire ad alta voce ciò che non mi piace ammettere. E non si tratta della mie fantasie perverse su di lei, né tantomeno del fatto che Zayn nasconda un topo domestico in casa. Solo perché gli altri animali non gli andavano a genio.

Lei si volta nella mia direzione, esortandomi con un cenno del capo a dirle ciò che devo.

«Mio padre è positivo.» Schiarisco la voce, lasciando cadere velocemente le parole una dietro l'altra, prima che possa pentirmene. Lei sgrana gli occhi, trattenendo il respiro per alcuni secondi. Il suo viso, palesemente rilassato fino a qualche secondo prima, ora si contrae in una smorfia di dispiacere. Sorride amaramente, continuando a scuotere la testa. I suoi occhi diventano lucidi e le piccole dita della sua mano destra si stringo attorno al mio braccio.

StuckWhere stories live. Discover now