32. Gwendaline Mary Jones

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Chapter twenty two,
"Gwendaline Mary Jones"

Chapter twenty two,"Gwendaline Mary Jones"

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GWENDALINE

Ci sono attimi della tua vita che decreti perfetti prima ancora che accadono, perché li pianifichi per anni interi, perché curi minuziosamente ogni dettaglio. Poi ci sono, invece, frammenti di una giornata che appaiono singolari senza il minimo sforzo. Nessuno li pianifica, nessuno se li aspetta, arrivano senza regalarti la consapevolezza della loro unicità.

Questo, ad esempio, è uno di quelli.

Zayn lascia dondolare le sue gambe nel vuoto, comodamente seduto vicino al bancone in granito, mentre sgranocchia la sua colazione. Semplice e senza troppe pretese: caffè, pane tostato e spremuta d'arancia. La superficie del toast è stata raschiata, perché Harry lo ha lasciato abbrustolire troppo e ne è uscito carbonizzato, bruciacchiato qua e là. Gli ci è voluto un attimo.

Non l'ha ammesso — o almeno, non ancora — ma credo che sia stato nel preciso istante in cui si sia perso a guardarmi, navigando tra le mie iridi con la vana speranza di potervi trovare la risposta alle sue domande. E noi non abbiamo altro in casa, se non confezioni vuote e scatolette di tonno. Quelle, non so come, non mancano mai. Sarà perché nessuno le mangia.

Il pane abbrustolito, tuttavia, non dispiace, perché è la compagnia a farmi scalpitare il cuore, perché è essere al centro di questi due ragazzi la mia vera fonte di gioia. È tutto perfetto in ogni sua singola sfaccettatura: i cartoni mattutini, la mandibola marcata di Harry che mastica e Zayn che, ancora nel suo pigiama di flanella, stringe il suo pupazzo tra le braccia, non distogliendo la vista dal televisore.

Ed è una colazione più silenziosa del solito, adesso che ci penso. Forse è anche la prima vera e proprio che facciamo tutti insieme, pur se ognuno viaggia altrove — trasportato dai loro pensieri.

Mai come adesso ho desiderato di stabilire una mia quotidianità fissa, cosa che ho tanto ripudiato per anni della mia intera esistenza. Potrebbe essere il mio punto di partenza. Sul traguardo ci sarebbe scritto felicità a caratteri cubitali e sarei l'unica partecipante della gara — il che significa che non importa la velocità che io impieghi per arrivarci, poiché sarei la vincitrice in ogni modo e porterei a casa il trofeo.

La mano di Harry si posa sulla mia coscia, riportandomi a galla dal mare di fantasticherie— che io stessa mi occuperò di classificare come futili più tardi.

<<Tutto bene?>> aggrotta le sopracciglia, carezzando la mia cute coi suoi polpastrelli. Annuisco, distogliendo i miei occhi liquidi dalle lussureggianti iridi. Vorrei gettargli le braccia al collo, sentendo di star provando una miscela di novità difficili da gestire. Il concetto stesso di saggiare la dolcezza dell'allegria mi spaventa; tuttavia il mio capo si china, mentre sovrappongo le labbra l'un l'altra e lascio qualche altro cenno di assenso.

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