11. Un pacco di Zucchero

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HARRY

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HARRY

Sottolineo per la terza volta la stessa frase, provando a cerchiare le parole chiave. È infatti la voce di Doja Cat che mi impedisce di concentrarmi sul testo, facendomi perdere perfino l'ultimo briciolo di concentrazione. Say so esce a tutto volume dalle casse del salotto, mentre sento l'irritazione crescere dalla base dello stomaco, diramandosi in ogni centimetro del mio corpo.

Controllo freneticamente l'ora sul quadrante del mio orologio da polso. Dal nervosismo spezzo la matita tra le mie dita in due perfette metà, e per questo faccio strisciare la sedia sul pavimento, tirando giù la maniglia con una certa prepotenza.

Mi dirigo verso la cucina con i palmi stretti in due pugni — e neanche lo spettacolo che mi si para davanti riesce ad addolcirmi, o divertirmi appena, mentre tiro la spina dello stereo, facendo penzolare il filo dalle mie dita.

La musica, però, continua a inondare l'ambiente con complessiva irruenza, solo che adesso i miei coinquilini ballano sulle note di Break my heart, l'ultimo singolo di Dua Lipa. Alzo gli occhi al cielo quando, con parecchio disappunto, finalmente noto la cassa Bluetooth sul bancone in granito.

Gwendaline si muove nei suoi pantaloncini di lycra evidentemente troppo stretti — ed evidentemente di qualche anno fa. Ondeggia dolcemente, lasciando passare le dita tra le sue ciocche castane e seguendo il ritmo della musica, completamente persa assieme nella melodia. Zayn, invece, balla come se fosse in preda a degli spasmi nervosi. Entrambi sono ad un metro di distanza l'uno dall'altro, trasportarti dal ritmo. Faccio schioccare la lingua sul palato, schiarendo la voce, aspettando che uno dei due si accorga del mio arrivo.

«Ragazzi...» batto ripetutamente le palpebre e, nel momento in cui entrambi si girano, Gwendaline ricade all'indietro, perdendo l'equilibrio.

«Cazzo,» sbotta «mi hai fatto prendere una paura.» Esala un paio di respiri profondi, portando una mano al petto, ancora con gli occhi socchiusi.

Io mi limito semplicemente a sbuffare appena, dirigendomi verso il frigorifero per versarmi un bicchiere d'acqua fredda.

«Cos'è, Tarzan, ti hanno rubato le banane?»

Il suo tono di voce è ironico, mentre si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio. È palesemente divertita e mi viene ancora difficile capire se sia una presa in giro, velata, oppure un modo per smorzare la tensione. Complice è, poi, la sua capacità di mascherare a perfezione le emozioni, mostrando solo ciò che le piace mostrare.

Faccio schioccare la lingua sul palato, sorseggiando a piccoli sorsi la bevanda, scegliendo di non rivolgerle risposta. Eppure lei, una risposta, se l'aspettava — al punto da inarcare un sopracciglio, aspettando che io ribatta alle sue provocazioni.

Schiude le sue rosee labbra, come a voler aggiungere qualcos'altro, ma tuttavia un'altra voce femminile la interrompe. Lei chiama il mio nome a gran voce, procurando a tutti un'occhiata confusa.

Gwen si avvicina alla finestra, scostando appena la tendina e scuotendo il capo.

«Ti chiama Rapunzel.» Sputa le parole in tono amaro, sorridendo beffarda. Poi torna fino al divano, accomodandosi tutta indispettita e mettendosi alla ricerca del telecomando.

«Rapunzel?» domando, aggrottando le sopracciglia, avvicinandomi alla finestra nel tentativo di identificare la donna che ha causato tanta agitazione.

«Si, Rapunzel.» Annuisce, incrociando le braccia al petto. «Tu come la chiami? Australia?» sembra mantenere un tono serio, mentre apro gli infissi per potermi affacciare sul balcone.

«Si chiama Sidney.» La corregge Zayn. Gwendaline in risposta borbotta qualcosa sottovoce, ma ormai sono entrambi troppi distanti affinché io riesca a comprendere ciò che si dicono.

La ragazza in questione, Sidney, ha raccolto i lunghi capelli biondi in due trecce. Solo alcune ciocche ricadono, di sfuggita, sul suo viso, illuminato dai suoi occhi color cielo.

«Ciao Harry» sorride, allungando le labbra ricoperte di lucido in una linea sottile. «Ciao Sid» accenno un sorriso, ignorando il nostro televisore che ha l'Albero Azzurro col volume al massimo.

«Hai dello zucchero?» si stringe nelle spalle, un po' civettuola, giocando con alcune ciocche, biondo cenere, sfuggite dalla pettinatura. Saranno tinti, penso — e perdo qualche secondo a guardarla meglio, realizzando come mi venga naturale, sotto certi aspetti, compararla a Gwendaline.

E faccio per replicare, ma mi blocco non appena quest'ultima ci raggiunge sul balcone.

«Ciao Dakota» Mette in scena il suo miglior sorriso finto. Ciò nonostante, continua a sembrare per nulla maleducata — essendo tanto brava a mascherare le divergenze nel loro rapporto.

«È Sidney» Gwen viene corretta dalla ragazza stessa, che si poggia sulla ringhiera, mentre la mia coinquilina sorride beffarda, sull'orlo di una risata.

«Buono a sapersi, me lo appunterò.» Annuisce appena, nel tentativo di mascherare una reazione che, probabilmente, sarebbe inopportuna.

Si volta poi nella mia direzione, inumidendo le labbra: «Harry, non volevo disturbare» fa un colpetto di tosse, leggermente imbarazzata — ma è solo un frangente, poiché di colpo torna a riacquistare la sua sicurezza. «Zayn ha bisogno di te, dice che è urgente. Ha dato fuoco a qualcosa.»

Svanisce in manciata di secondi, senza aspettare neanche la mia risposta— ed io ingoio a vuoto, guardando fisso, per qualche secondo, il punto in cui si trovava prima di darsene a gambe levate. Successivamente mi lascio andare ad un sospiro, realizzando come sia stata in grado di trasportami altrove con un paio di semplici battute e un sorriso furbo — al punto da aver messo da parte, per un bel po' il significato delle sue parole.

Zayn ha dato fuoco a qualcosa.

Sgrano gli occhi, realizzando di dover andare. Così torno a dare attenzione alla mia vicina di casa. «Te lo porto subito» inumidisco appena appena le labbra, ricordandomi solo ora del pacco di zucchero e varcando la soglia di casa, intenzionato a prenderne uno. Tuttavia è Gwen a passarmi un pacco di Eridania, mentre si dirige verso camera sua, pronta a rintanarsi lì dentro e non uscire per ore. Ma prima di scomparire, specifica: «Non stavo origliando.»

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