5. Vestito in latex

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HARRY

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HARRY

«La mia mascherina è scaduta.» Zayn entra in cucina, facendo parecchio rumore ed inarcando un sopracciglio, attendendo una mia replica.

Quasi rischio di farmi fuori un dito, per via di coltello e tagliere con cui armeggiavo fino a poco fa. Affondo così i denti nell'interno guancia, trattenendo l'impulso di lasciarmi andare ad una bestemmia.

«Le mascherine non scadono.» Lascio andare un sospiro, pregando me stesso di mantenere la calma. Se entrate in lockdown è difficile di sé, un isolamento ti porta a picchi di stress ancora più inauditi quando ogni sera si riduce ad effimeri litigi sulla gestione della spezzatura, sui turni per la spesa e su qualunque cosa che ci porti ad uscire; perché stare dentro è infernale e, a me, questo sembra un dato di fatto. È incredibile come un minuscolo appartamento per studenti possa diventare ancora più piccolo quando, nonostante tutte le buone intenzioni, nessuno riesce a raggiungere una equa condivisione degli spazi comuni. Prima era semplicemente facile convivere perché ognuno aveva orari diversi; e per quanto possa sembrare utopico, era difficile incontrarsi nella nostra stessa casa.

«Possiamo andare a farci un giro?» chiede poi, frignando come un bambino di cinque anni farebbe; battendo nervosamente i pugni sul tavolo.

«Zayn!» lo ammonisco, stringendo gli occhi in due fessure. Per intimidirlo, allungo la lama del coltello nella sua direzione; osservando come luccichi sotto le luci del lampadario.

«Gwendaline vieni qui!» urla, spingendo il bacino all'indietro e scrutando impaurito l'oggetto «Harry vuole uccidermi!» Dal corridoio arriva il silenzio più assoluto e tentenno per un attimo, rivolgendo lo sguardo verso la sua porta di camera sua - da dove arriva il silenzio più totale. Così scuoto il capo, pulendo le mani con uno strofinaccio a righe rosse e bianche; lanciando un'occhiata ostile a Zayn.

Mi concentro sulle restati verdure da tagliare, correndo freneticamente dal frigo al lavello; cercando di pulire il disastro che mio cugino poco prima ha combinato, fallendo miseramente nel tentativo di informare dei Brownies appena decenti. Tasto le tasche del mio jeans alla ricerca del telefono, ricordandomi di averlo abbandonato sulla lavatrice quando, poco prima, avevo cercato di capire il funzionamento di alcuni suoi programmi speciali tramite l'aiuto di Safari. Sbuffando torno verso il bagno, spalancando gli occhi nel momento in cui Zayn sbuca da dietro la porta, con una pistola ad acqua, rigorosamente carica, tra le mani - e, quando sto per esordire con una ramanzina più simile ad un crollo nervoso, lui prende la parola: «Alza le mani» dice in tono minaccioso «o ti spruzzo.»

Stringo i palmi in due pugni, convinto di aver perso del tutto la pazienza, e distolgo l'attenzione da Zayn sono perché, Gwen, poggiata allo stipite della porta di camera sua, situata in fondo al corridoio, richiama la nostra attenzione con un colpetto di tosse.

Il suo intero corpo è fasciato da un vestito in latex, nero, estremamente succinto, e con uno spacco che le lascia parte della gamba scoperta. Tuttavia, nonostante abbia messo in mostra così tanto, non cade mai nel volgare, sfoggiando fin troppo bene un vestito così stretto da contenere a stento il suo generoso décolleté; vestito di un tessuto tanto sottile e aderente da permettermi di studiare ogni centimetro del suo corpo. Traballa sui suoi tacchi neri e lucidi, parecchio alti, mentre prova a raggiungerci; costretta a mantenersi alla parete per non spiaccicarsi al suolo.

«Ho fatto workout ieri» scrolla le spalle, come se non la avessimo sentita bestemmiare al decimo secondo di plank «e non mi sento più le gambe.»

«Perché ha una pistola ad acqua?» Punta il dito verso il nostro coinquilino, cercando di respirare regolarmente; ché sembra che quel vestito sia in grado di bloccarle l'intera circolazione.

«Lunga storia.» La liquido, mentre mio cugino corre verso il frigorifero per afferrare un brick di succo di frutta. L'attimo successivo la ragazza perde l'equilibrio ed è costretta a tenersi alla maniglia di una delle porte del corridoio per non collassare.

«Sembri una merendina confezionata.» Dice Zayn soprappensiero, con la pistola sotto braccio, guadagnandosi un'occhiataccia da parte mia.

«È delle superiori, okay?» ribatte acida, inarcando un sopracciglio e puntando il suo sguardo nel vuoto, probabilmente delusa dal fatto che non riesca più ad entrare nei vestiti di qualche anno fa.

«L'ho provato presa dalla nostalgia, ma... non riesco a toglierlo.» Pinza il labbro inferiore con i denti, mettendo da parte l'orgoglio. Riduco lo sguardo a due fessure, incrociando le braccia al petto.

«Be' — cerco di incanalare tutta l'aria possibile nel tentativo di recuperare la calma, sentendo il mio cuore battere all'impazzata — a starti, ti sta.» Per qualche secondo perdo l'equilibrio anch'io, diventando paonazzo per la mia mancanza di fermezza; e soprattutto per la frase patetica che le ho rifilato. «Indubbiamente.» conferma Zayn, credendo di potermi aiutare. Ma io distolgo lo sguardo, cercando disperatamente una via d'uscita.

Ed il suo viso s'accende, con il ghigno di una che sembra sapere più del diavolo. «Tarzan» sogghigna soddisfatta «vieni qui, forza.»

«Mica mordo, Re della foresta.» Continua dopo avermi visto tentennare, palesemente divertita dalla situazione. Sfoggiando quella sua aria un po' da stronza, che tuttavia viene smentita dal sorriso amichevole che le spunta sulle labbra.

«Mi tiri giù la zip?» smette di sorridere, scrutandomi con aria seria. Si mantiene la porzione di vestito che le copre il seno, indicandomi involontariamente la chiusura su cui devo ancorare le mie mani; ed abbassa lo sguardo, osservando i miei movimenti a labbra schiuse, con un guizzo di lussuria che le attraversa le iridi. Con me così vicino al corpo, sembra che abbia abbassato le difese; e potrei tranquillamente farne di questo un vantaggio, se solo il livello di libidine, ora in circolo nel mio corpo, non raggiungesse picchi sproporzionati.

Tiro giù lentamente la zip, non perdendo il contatto visivo. Ben presto il tessuto scompare, facendo spazio alla pelle lattea del suo corpo; e una volta che le mie dita arrivano in basso, mi rendo conto che non indossa biancheria intima. Nasconde un sorriso sotto la sua aria da dura, palesemente soddisfatta, mentre io inghiotto a vuoto.

«Se l'avessi indossata,» inumidisce le labbra ed i suoi occhi saettano sulla mia bocca, che tengo serrata, «sarebbe stata d'intralcio e troppo visibile.» Fa spallucce, guardandomi dietro quelle sue ciglia troppe lunghe. Socchiudo le palpebre, ignorando la sigla di un programma che passano su Cartoonito; mentre Zayn ci osserva con palese interesse.

«Grazie.» Sussurra con voce gracchiante, forse presa da un moto di vergogna, prima di sparire in bagno, ad un paio di spanne da me. Gira la chiave nella serratura e le tubature della doccia si riempiono d'acqua, mentre io sono ancora fermo, con le mani a mezz'aria, dove prima c'era lei.

Mi allontano, dirigendomi verso il lavello della cucina. Raccolgo le mani a coppa e mi sciacquo il viso con acqua gelida, quasi sul punto di  schiaffeggiarmi da solo. Zayn mi raggiunge, fragrando nella dispensa con uno strano cipiglio in volto, quasi come se fosse scosso. Sospira, svitando il barattolo dell'omogenizzato a frutta.

«Finirete a scopare come conigli.»

StuckWhere stories live. Discover now