16|Una missione per la strega e il midvam

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«Com'è possibile che una ragazzina sia sfuggita a te, Nicholas, Lidia e al Mezzosangue?» Slave urlò contro sua figlia incredulo e furioso.

Non solo aveva fatto brutta figura col suo finanziatore ma si era lasciato sfuggire una persona che credeva essere una strega degli elementi tanto potente quanto scaltra.

Modestamente al tempo ero furba e col passare degli anni la mia arguzia è cresciuta ma non voglio vantarmi troppo delle mie abilità, ho fin troppi difetti che le compensano.

Tornando alla narrazione, Mr. Slave era su tutte le furie e Shirley sapeva benissimo quale sarebbe stata la sua punizione.

Fu rinchiusa in una camera insonorizzata senza cibo o acqua e rimase lì per un giorno intero.
Dato che sapeva che prima o poi sarebbe successo, si era preparata imparando un incantesimo per sentirsi sazia e un altro per sentire dei suoni rilassanti tipo le onde del mare che si infrangono sulla riva o lo scrosciare delle foglie in un giorno di vento e pioggia.

Shirley era una ragazza incredibilmente intelligente per la sua età ma usava le sue abilità in modo sbagliato. Obbediva a suo padre, certo, ma quante persone avrebbe dovuto uccidere ancora per renderlo totalmente felice?

Finita la sua punizione venne portata dalle guardie al cospetto di suo padre che la aspettava seduto sulla poltrona di pelle dietro la sua scrivania nel suo ampio studio dove aveva infisse al muro le sue molteplici lauree e coppe gremite di medaglie.

Nella sua vita aveva avuto così tanti successi che si era dimenticato che a volte le persone potevano fallire e così scaricava tutte le sue colpe sulla povera figlia che considerava il suo più grande fallimento da quando l'Accademia era andata distrutta.

Aveva cercato di mascherare la cosa dandole dei poteri e facendola allenare con Lidia ma ogni volta che la vedeva si ricordava di ogni suo fallimento e la odiava per questo.

Shirley entrò nella stanza a testa china, con le labbra serrate e i capelli neri legati in una treccia perfetta.

«Spero che tu ti sia pentita di avermi disonorato»
«Lo sono, padre»
«Eccellente. Ora torna nella tua camera e rimanici. Non pensare che io abbia finito qui. Per riscattare il tuo onore, oltre che al mio, dovrai dimostrarti degna di averlo e quindi verrai mandata in missione per recuperare delle rispose utili al miglioramento di un piccolo progetto a cui sto lavorando»

La figlia rimase in silenzio, aspettando che le concedesse di parlare ma non accadde.
Aspettati invano i soliti trenta secondi nell'attesa che dicesse qualcos'altro come di suo solito, uscì dallo studio e si diresse nella sua stanza.

Durante il tragitto incontrò Nicholas, che, preoccupato per lei, la strinse in un abbraccio e la accompagnò dentro.

«Come ti senti?» le chiese accarezzandole le braccia.
«Come al solito: uno schifo. Non sai cosa darei per...» Si guardò intorno e abbassò la voce. «...andarmene da qui»
«Ma Mr. Slave è tuo padre, lo abbandoneresti davvero?»
«Se potessi lo farei volentieri. Non hai idea di quante cose orribili mi abbia fatto quell'uomo. È mio padre sulla carta ma il mio cuore non troverà mai posto per un uomo così spregevole»

Nicholas lasciò che Shirley si sfogasse affondando la sua testa nell'incavo del suo collo e piangendo tutte le lacrime che non era riuscita a buttare fuori in tutti quegli anni.

Incredibile ma vero, anche lei era una ragazzina e come tutte aveva dei sentimenti che venivano volentieri calpestati quotidianamente da Mr. Slave.

Dopo tre anni passati così, gli unici che riusciva a ricordare, era difficile trattenere tutta quella tristezza.

Mentre piangeva Nicholas la cullava dolcemente come si soleva fare a un neonato e le accarezzava la treccia intonando un dolce "shh" che pian piano riuscì a calmarla.

I Grandi 7Where stories live. Discover now