27|Anche Shirley ha un cuore

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«Sei...» la donna si tolse la mano dalla bocca. «Sei veramente tu? Shirley...»

Anche se erano passati tre anni era riuscita a riconoscere sua figlia. Si era alzata, il suo volto era cambiato leggermente e negli occhi color ghiaccio aveva lo stesso bagliore sinistro che aveva suo marito, Mr. Slave.

Ricordandosi di quel che era capace di fare quell'uomo si rabbuiò e si convinse che Shirley fosse venuta lì sotto comando del padre per farla soffrire ancor di più. «Ti ha mandata tuo padre, non è così?»

La gioia e il sollievo scomparvero dall'espressione della ragazza. «No. Lui... Lui non me l'avrebbe mai permesso. Ti prego, madre, devi credermi: io non sono qui per fare del male a te o al piccolo Eddy...»

La donna rimase immobile davanti a lei, con lo sguardo pensieroso. Infine sbuffò arrendendosi e le fece cenno di entrare. «Si gela qua fuori... entra»

Shirley varcò incerta la soglia di casa e si guardò intorno cercando di ricordarsi qualcosa, ma era ancora difficile per lei attingere a quelle memorie dato che aveva mangiato il cibo dove suo padre aveva messo quella sostanza che glieli bloccava.
Ma era fiduciosa e sperava che restando con la sua vera famiglia, vivendo con loro ed essendo finalmente felice avrebbe potuto riacquistarli del tutto.

«Perché sei qui? Perché proprio ora sei venuta da me?» chiese con freddezza la madre mentre richiudeva la porta.

Shirley mantenne il contatto visivo con lei, senza fare la minima smorfia, come era solita fare. Un atteggiamento che irritò parecchio l'altra. «Sono fuggita da mio padre. Stava diventando insopportabile... più del solito, almeno. Non era mia intenzione svegliarti a quest'ora, è solo che... di recente mi sono ricordata di voi, di te e di Eddy, e volevo rivedervi e stare qui...»

«Cosa intendi? Ti sei ricordata ora di avere una famiglia oltre a tuo padre?»
La ragazza annuì. «Per tre anni ho vissuto all'ombra di tutto. Non ricordavo nulla di te, nella mia testa c'era solo mio padre. Pensando di non avere nessun altro da cui andare e sono rimasta con lui. L'ho visto inventare congegni mostruosi, rapire persone, soprattutto dei ragazzini, e istruirli in un posto chiamato Accademia che poi è stata distrutta da...»

Si fermò prima di insultarmi. Se lo avesse fatto sua madre avrebbe capito che dentro di lei c'era un'immensa perfidia e non voleva essere cacciata via. Era disposta a cambiare pur di vivere felice con lei e suo fratello.

«Non importa, è stata un'eroina. Ha salvato centinaia di vite e le sono grata, ma anche se aveva liberato quei ragazzi... non ha liberato me da mio padre. Sono stata costretta a schierarmi con lui, a seguirlo attraverso i suoi studi, e me ne pento» Guardò la madre con le lacrime agli occhi. «Voglio solo una vita normale, mamma...»

La donna si sciolse e abbracciò forte la figlia lasciando che delle lacrime di gioia le inumidissero le guance leggermente arrossate dall'emozione.

Era tornata. La sua bambina era ancora tra le sue braccia, e non le importava cosa avrebbe fatto Mr. Slave, lei avrebbe protetto e ospitato Shirley.

«Sei cresciuta...» disse tra un singhiozzo e l'altro. «Sei diventata una bellissima ragazza...»

Shirley, per la prima volta, si abbandonò a quell'abbraccio e pianse tutte le lacrime che non aveva potuto piangere in tre anni.

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Finito il momento commovente, le venne dato un pigiama leggermente grandino e si sistemò sul divano. Non fece in tempo ad appoggiarsi sul cuscino che sprofondò nel sonno più sereno e felice della sua vita.

La donna la guardò sorridendo amorevolmente e le mise una coperta pesante. Ma presto un dubbio la inquietò: e se Slave l'avesse seguita? E se per riaverla avesse intenzione di fare del male alla sua famiglia? Non poteva permetterselo.
L'indomani avrebbe chiamato suo fratello e insieme avrebbero cercato una soluzione.

I Grandi 7Opowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz