32|L'altra sponda

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Times Square non era mai stata così vuota.

Tutt'intorno c'erano i corpi esanimi di centinaia di persone che erano state brutalmente uccise prima che potessi giungere sulla scena per salvarle.
Uomini, donne, bambini, tutte vite innocenti stroncate quel terribile giorno di marzo.

Avevo fallito.

Mi asciugai una lacrima con la mano sporca di fuliggine. I miei vestiti erano strappati e laceri dopo aver tentato invano di salvare qualcuno che credevo fosse ancora vivo.

Come avevo potuto essere così stupida? Dovevo aspettarmi che prima o poi sarebbe successo, sapevo che ero troppo debole per sconfiggere i miei nemici, ma allora perché faceva così male la sconfitta? Ero ancora viva, dovevo essere grata al destino per avermi salvata ma tutto ciò che sentivo erano solo la consapevolezza di essere inutile e il rancore verso un fato che era solo appena iniziato.

"Affare fatto"

Mi voltai verso la voce. Non vidi nulla, solo vetri distrutti per terra e pozze di sangue ovunque.
L'odore acre dello stesso liquido vermiglio si mescolava a quello dell'asfalto bagnato.

Ma non aveva piovuto, non ancora, e le strade erano secche, crepate a tratti, piene di polvere, fuliggine e viscere umane e di demone.

Guardai in alto e vidi l'HD, lo schermo più grande al mondo, venire assaltato da un'orda di demoni che rimase fulminata da una scarica emanata da esso. Caddero tutti a terra inceneriti, pronti a rigenerarsi in poco tempo come avevano fatto per tutta la battaglia.

Lo schermo ormai rotto si staccò e cadde a terra sopra macchine e corpi, facendo schizzare in giro le sue stesse schegge miste al sangue di chi aveva schiacciato.

Rimasi immobile quando esplose e l'onda d'urto respinse una macchina facendola arrivare a pochi metri da me.

Gli edifici stavano cadendo a pezzi, divorati e distrutti dagli stessi demoni che stavano sorvolando New York in un moto circolare, facendo un verso simile ad uno sghignazzo continuo. Pareva quasi che si stessero rincorrendo giocosamente ma non era uno spettacolo gioioso, tutt'altro.
Il cielo era una sfumatura di nero, arancione e rosso e l'aria era così fitta e sporca che non riuscivo a respirare. Tossii e vidi sulla mia mano una macchia di sangue che si raggrumò in un serpente rosso.

Il rettile serpeggiava lentamente sul palmo della mia mano allungandosi e distendendosi fino a formare una M sinuosa ed elegante. Dopodiché si solidificò diventando oro rovente.
Lanciai un urlo e lasciai cadere il metallo che sfrigolò al suolo entrando in una crepa.

«È finita, avete perso» Alzai lo sguardo e notai un giovane corpo femminile. Tuttavia riuscivo a vederla solo dal collo in giù, non perché io fossi bassa ma perché non riuscivo ad alzare il capo.
Aveva una divisa in pelle nera da dove faceva capolino un pugnale dalla lama nera da dove sgorgava un liquido verdognolo, probabilmente veleno.

«La nostra ascesa è vicina» continuò, avvicinandosi di un passo.
«Non abbiamo ancora perso» riuscii a rispondere.
«Sicura? Perché mi sembra che tu sia l'unica sopravvissuta»

In un angolo apparvero i corpi ammucchiati di quelli che immaginai fossero i prescelti celestiali. Ognuno di loro aveva addosso una lucente armatura dorata come quella dei guerrieri, io non avevo nulla. Ero scoperta, vulnerabile, a pezzi.

Spintonai la ragazza sperando che cadesse, ma questa indietreggiò solo di un passo. «Chi sei? E cosa vuoi da me?»

La ragazza mi schiacciò le guance afferrandomi la faccia con una mano. Stringeva così forte che se avessi potuto avrei urlato dal dolore. Era come essere stretta tra due tizzoni ardenti, le sue mani erano roventi. «Oh cara ragazzina... io sono il tuo peggior incubo»

I Grandi 7Where stories live. Discover now