12. Sconfitti

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...Ma se n'era già andato...

Mattina

Oggi non ci sarebbe stato nessun allenamento. Levi e la sua squadra erano in missione. Eren mi aveva detto che non gli era permesso dirmi perché e dove stavano andando, quindi doveva essere qualcosa di molto serio.

Dopo colazione, decisi di fare una passeggiata in città. Era soleggiato e fresco allo stesso tempo.

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Quando tornai, il gruppo si era già riunito. Mi unii a loro e percepii la loro stanchezza. Sembravano sconfitti, delusi e persino tristi. Mikasa sembrava confusa e stressata.

Preoccupata sussurrai: "Mikasa..." e le misi una mano sulla spalla.

Mi guardò con rabbia e se la scrollò di dosso. I miei occhi si spalancarono, quando un pensiero entrò nella mia mente: Dov'era Eren?

Lo domandai e tutti mi guardarono. La voce di Armin tremò: "Lo-Loro hanno Christa... e... Eren..."

Il mio respiro si spezzò: "Cosa? Chi?! Dove sono?"

"Non preoccuparti, li riporteremo indietro", disse Levi.

Il mio sguardo ansioso si rivolse a lui e sussultai. C'era un lungo graffio sulla sua faccia, che stava ancora sanguinando.

Il gruppo si era già voltato per andarsene.

Rapidamente seguii Levi.

"Levi, hai bisogno di una benda."

Lui, indifferente: "Sto bene."

Gli presi il polso e lo tirai con decisione verso l'infermeria. "Stai ancora sanguinando-"

Tirò via il braccio e mi guardò disinteressato. "Ho detto che sto bene."

Mi accigliai un po' arrabbiata: "È perché pensi che gli altri meritino le cure mediche più di te?"

Levi: "..."

Io, arrabbiata: "Beh, non è vero. Hai bisogno di un disinfettante, una benda, un po' di riposo-"

Levi si liberò di nuovo dalla mia presa e si diresse verso la sua stanza.

"-e sicuramente un po' di buon senso.", conclusi, dicendolo più a me stessa che a lui. Poi mi voltai e uscii anch'io.

"Stupido uomo.", imprecai sottovoce.

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Dopo mezz'ora bussai alla sua porta.

"Chi è?", sentii una voce infastidita all'interno.

"(T/N)", risposi.

Levi più seccato: "Vattene".

Girai la maniglia ed entrai. Mi guardò irritato, ma io lo ignorai. Poi andai verso dove si era seduto e misi a terra la roba che avevo preso dall'infermeria.

"Non ne ho bisogno."

Io, imitandolo: "Non essere stupido e ammetti quando hai bisogno di un dannato aiuto, sciocco."

La sua espressione si rabbuiò, ma rimase in silenzio. Sorrisi perchè sapevo di aver vinto questa volta. Velocemente, presi un panno e lo guardai negli occhi. La sua espressione era segnata dal fastidio.

"Devo pulire la tua ferita.", spiegai con calma.

Grugnì in risposta, ma non si impose, quando iniziai a farlo. Poi presi un altro panno e lo immersi nel disinfettante. Stavo andando solo oltre i lati della ferita, così non avrebbe fatto molto male.

Per tutto il tempo, ho sentii il suo sguardo gelido su di me. Il mio battito aumentò. Spazzolai via con cura alcuni dei suoi capelli per vedere meglio e raggiungere la ferita. Sono morbidi proprio come sembrano, pensai e mi sciolsi internamente.

Quando fui pronta, lo guardai abbastanza soddisfatto. "Ho finito."

"Tch."

Il mio buon umore svanì e alzai gli occhi al cielo, ma sorrisi di nuovo.

"Idiota."

Inarcò le sopracciglia: "Caporale".

"Hm, beh, no. Non finché non imparerai a dire grazie!"

Levi: "Vai a pulire la cucina".

Io indignata: "Cosa, ma perché??"

Levi monotono: "Fallo e basta".

Io, supplichevole: "Per favore, no..."

Mi guardò indifferente. Sospirai e uscii. "Va bene."

Da dietro di me fui sicura di sentire un piccolo 'grazie' e mi girai rapidamente. "Cosa hai detto?", mi brillarono gli occhi, quando entrai di nuovo nella sua stanza.

"Vai a pulire la cucina."

Io: "No, no, quello che hai detto prima."

Levi non rispose, ma quando iniziai ad andarmene, mi sembrò di osservare un piccolo sorriso sulle sue labbra.

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Era notte fonda, quando sentii dei passi nel corridoio, provenienti dalla mensa. Smisi di strofinare e cercai di vedere meglio nell'ombra. All'inizio volevo chiedere chi fosse, ma decisi di nascondermi invece. L'ombra della persone era alta e magra. Probabilmente un ragazzo, pensai.

Mentre mi sporgevo lentamente dall'angolo, potei vedere il suo mantello. Polizia militare. Cosa ci fa qui? Mi accigliai e mi avvicinai, dirigendomi verso un tavolo. Entrando sempre di più nella mensa, ero concentrato solo sull'ombra. Improvvisamente la luce della luna illuminò il suo viso.

"Jean?", sussurrai.

Non mi sentì. Mi avvicinai ed ero così concentrato su di lui, che non prestai attenzione alla singola forchetta sul pavimento.

"clirr*

Si voltò immediatamente e anch'io feci lo stesso. Dietro una sedia, mi chinai e sperai che non fosse in grado di vedermi. Premetti le palpebre insieme.

Poi ci furono dei passi veloci. Stava correndo.

Mi alzai e mi guardai intorno, ma non c'era nessuno. Deciso di non seguirlo. Forse mi stava cercando, ma allora perché nel cuore della notte?

Che ci faceva qui?

La tua bugia (Levi x Reader)Where stories live. Discover now