77. Solo io e te

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...E con questo, te ne sei andata, dirigendoti verso un qualsiasi posto dove saresti stata da sola...

Hai sbattuto la porta del ripostiglio, mentre la tua schiena premeva contro il legno ruvido. Era la prima stanza che avevi incrociato e ci eri entrata senza esitazione. Ora eri consumata dalla quiete accanto a scope, spazzole e altra roba quasi invisibile, come la carta igienica, che marciva negli angoli profondi degli armadi impolverati e tra strofinacci ammuffiti. La gratitudine ti inglobò fino all'orlo: ora eri sola e non c'era nessun altro lì dentro.

Ti sentivi una sciocca, una stupida idiota, per esserti trattenuta e non aver permesso a te stessa di provare il rimpianto che avevi provato, dopo quello che era successo in tribunale. Per aver permesso a te stessa di cadere di nuovo nel suo tranello.
La tua giacca infangata e brunastra sfiorò da dietro la superficie stantia e poco interessante di un altro sudicio oggetto.

Lui non era buono e tu in effetti lo sapevi, vero?
Tuttavia, quello che avevi provato prima con Levi, sembrava una cosa buona; non doveva finire così, come un errore.
Allora cosa c'era che non andava in te?

Tutto quello che volevi era tornare indietro e affrontarlo, ma in realtà eri solo spaventata. Eri una codarda per non aver affrontato te stessa e quindi lui.

Solo i deboli scappano, ripetevi con la testa tonante e le nocche già bianche.
Gli attrezzi da giardino erano tuoi spettatori, e ti rendevano grata per la loro incapacità di parlare.
Il tuo respiro usciva a malapena dalla gola stretta, combattendo con riluttanza in questa guerra costante dentro di te contro nientemeno che te stessa.
Perchè non riuscivi nemmeno una volta a pensare razionalmente?

La rabbia si era evoluta di nuovo in tristezza.

Non credevo davvero che gli piacessi o che tenesse un minimo a me, giusto?

Una scopa cadde a terra, rompendo i tuoi tranquilli singhiozzi. Ma non stavi piangendo.

E alla fine, lui non stava nemmeno cercando di dimostrarmi nulla.
Ero io a fingere che tutto fosse tornato alla normalità. Ero la sola che stava ignorando tutto ciò che aveva fatto.
Sono stata io stessa a lasciarmi ingannare da lui in ogni istante, proprio nel modo che gli piaceva.

La tua testa china indicò il suolo sporco, finché non la sollevasti, corrugando le sopracciglia per opposizione ai tuoi occhi cupi.
Hai tirato su con il naso, strappato un fazzoletto da un altro mucchio bianco e ti sei asciugata il naso rossastro.
Ho fatto una promessa.
A papà.
E soprattutto, a me stessa.

Hai aperto la porta dopo un po', ignorando tutti quelli fuori che ti guardavano un po' sbalorditi con le bocche aperte e i loro sguardi stralunati.

Passi decisi risuonavano dal fondo del tuo corpo, mentre le tue scarpe nere e luccicanti tintinnavano sulle piastrelle sotto di te.
Tutto quello che dovevi fare era tornare nella tua stanza, bypassarla e dimenticarlo. Dimenticare Levi.
Era uno stronzo, e aveva molte ragioni per essere chiamato così, a cominciare dalle sue parole e finendo con il suo comportamento, oltre a tutto ciò che non gli piaceva, specialmente di te.

E tu, tu non sei mai stata una persona che si inchinava e nascondeva il capo per un tipo del genere. Non saresti mai stata sconfitta così facilmente da nessuno, specialmente non con le parole che lasciavano le sue labbra fastidiosamente meravigliose. Ovviamente non eri debole, eri forte e non c'era nulla in grado di cambiarlo.
Quindi se lui avesse voluto parlare, tu avresti parlato, ma se lui avesse deciso di lasciare le cose così e non si fosse neanche sforzato di migliorare, avresti lasciato perdere. Perché avresti potuto farlo, cazzo se avresti potuto.

La tua bugia (Levi x Reader)Where stories live. Discover now