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Quando il tramonto è passato e i colori caldi che dominavano il cielo fanno spazio a colori più freddi che preannunciano la sera, decidiamo di andarcene.
Sono già le 19:30 e ripartiamo con la moto. Abbiamo deciso di tornare a casa sua, almeno posso posare lo zaino e magari andiamo a mangiare da qualche parte solo che, appena arriviamo, sono già le 20:30 e nessuno dei due ha fame. Il viaggio è stato più lungo di quanto credevo.
Decidiamo allora di guardare un film e scegliamo un giallo poliziesco. Mentre guardiamo il film beviamo alcune bibite e facciamo scommesse continue su chi possa essere il colpevole. È proprio come l'altra volta a casa mia: è divertente guardare film polizieschi con lui.
Il film è durato ben due ore e mezza. Sono le 23 e tra una cosa e l'altra ci siamo dimenticati di mangiare. Quando ci rendiamo conto dell'orario, Baji mi fa una proposta.
"Che ne dici se facciamo quella cosa come l'altra volta?"
Si può fare.
Andiamo al konbini sotto casa sua e prendiamo scorpacciate di cibo di tutti i tipi, mettiamo tutto nella moto e partiamo.
Andiamo in quel luogo, dove si vede Tokyo dall'alto. Il tempo è passato, è autunno inoltrato adesso e fa molto più freddo rispetto all'ultima volta che siamo stati lì. C'è anche da dire che questa volta non avevo la camicia da notte. Ci sistemiamo su una panchina e cominciamo a mangiare. Nonostante avessimo comprato abbastanza cibo per sfamare un esercito, lo finiamo tutto, senza indugi. A stomaco pieno, decidiamo di riposarci e stiamo qualche minuto in silenzio.
A rompere quel silenzio ci ha pensato la sua voce profonda che tutt'a un tratto mi chiede:
"Che cosa è successo oggi?"
In che senso? Cosa significa?
"Beh... siamo andati nel bosco, abbiamo fatto una scampagnata..." dico, pensando che mi chiedesse quello. Non sapevo cos'altro avrei dovuto rispondere.
"No, non quello. Sei stupida? Prima che ci incontrassimo, è successo qualcosa. Avevi lo sguardo spento, non ti ho mai vista così giù di morale. Bene o male sei sempre allegra." mi dice. L'ha notato. Non voglio parlarne, quindi cerco di evitare l'argomento.
"Cosa significa "bene o male" eh, Kyosuke? Stai dicendo che sono una tipa depressa?" gli dico ridendo e tirando una pacca sulla spalla. Voglio nascondere i miei veri sentimenti. Faccio sempre così, mi viene automatico. Non riesco mai ad aprirmi completamente con le persone, a costo di raccontare bugie. Non so come mai, forse non voglio creare preoccupazioni agli altri.
"Non sto scherzando. È successo qualcosa, che cosa?" mi dice con un tono anche abbastanza irritato. Significa che non devo più scherzare come prima. Decido allora di rimanere in silenzio, non so cosa dire. Non voglio dirglielo.
"Si, qualcosa è successo. Ma grazie a te adesso sto meglio, sul serio non ti preoccupare. Anzi, ti sono grata per la giornata che mi hai fatto passare." dico alla fine. Rimango sul vago, mi piace questa risposta.
"Però non è quello che ti ho chiesto di dirmi. Perché non vuoi raccontarmi la verità? Ti ha dato fastidio qualche mio comportamento?" mi chiede all'inizio con tono sempre irritato, ma poi si addolcisce.
Si sbaglia di grosso.
"No no! Assolutamente, tu non c'entri niente con questa storia, non mi infastidisce nulla di te!" gli dico. Non voglio che fraintenda.
"Allora, cosa?" mi chiede con un tono calmo questa volta.
"Ho... litigato con mia madre..." dico alla fine. Le parole mi sono uscite di bocca da sole. Però non mi sento in colpa per averlo detto, come mi sento di solito, questa volta invece è cose se mi fossi liberata da un peso.
"Tua madre, quella in Italia?"
"Si, lei..." ho solo lei di madre. Che domande fai? Di certo non chiamo Sachiko "mamma".
"E... con lei, hai un brutto rapporto?"
"Non posso dire che è brutto. Ma non siamo nemmeno migliori amiche. Anzi, onestamente, non so che tipo di rapporto abbiamo..."
"Capisco... ti ha detto qualcosa di brutto?"
"Sì..."
"Mi dispiace..."
Capisce che non mi va di parlare di questo argomento, quindi smette di fare domande.
Ripenso alle parole di mia madre, ma non solo quelle della telefonata di oggi, di sempre. Tutto ciò che mi ha detto, quindi scoppio in lacrime. Lui è seduto vicino a me e sento il suo sguardo su di me. Non voglio alzare gli occhi, ho paura di vedere la faccia che prende il suo volto. Dopo poco, mi porge un fazzoletto.
Finito il mio sfogo, sentivo il bisogno di spiegargli, di raccontargli tutta la mia storia. Non so perché questo cambiamento improvviso, ma devo dirgli perché mi sento così.
Gli spiego allora il rapporto con mia madre. Di come da piccola sono dovuta crescere da sola perché i miei genitori erano sempre fuori casa per lavoro, di come mia madre mi attacca a volte quando è nervosa, di come mio padre prende sempre le sue difese nonostante lei sia nel torto, di come mi sono sempre sentita sola per questo motivo. Gli ho raccontato di come lei mi fa paura quando si arrabbia, ma di come provi in tutti i modi, quando è in un buon umore, a fare la madre perfetta. Gli ho raccontato di come prima mi urla che avrebbe preferito che io non nascessi, ma pochi secondi dopo torna da me e si scusa dicendo che in realtà mi ama. Gli ho raccontato di come è possessiva con me, di come vuole tenere tracciata la mia intera vita. Di come si aspetta che io non sbagli nulla. Gli ho detto tutto. Più parlavo, più argomenti mi venivano in mente, più me ne liberavo. Lui è rimasto tutto il tempo in silenzio ad ascoltarmi, non ha detto una parola. Spero che non abbia pensato che io l'ho fatto apposta per fargli pena.
"Scusami. Ho parlato troppo. Sto facendo passare questa storia come un dramma, quando invece c'è gente che se la passa peggio di me. Scusa. Mi sento un mostro se ci penso. Sono una ragazza fortunata, ho da mangiare, da bere, un tetto sotto cui dormire, in più mi trovo qua, in questo posto con te. Non dovrei lamentarmi di nulla. Scusa." gli dico alla fine del mio lungo monologo. Sono fatta così, chiedo sempre scusa per tutto.
Alzo lo sguardo, per vedere il suo volto che non ho voluto guardare per niente mentre parlavo: avevo paura della sua espressione.
Non faccio in tempo a vederlo in volto, che sento una folata d'aria improvvisa. Mi accorgo che mi sta abbracciando. Sono stupita, letteralmente. Talmente tanto che rimango immobile, mentre invece le sue braccia mi stringono in modo potente, che quasi mi manca l'aria. Il suo volto è appoggiato alla mia spalla sinistra: è così vicino che riesco a percepire il suo odore, profuma di un profumo buono. Mi piace come profuma.
Il suo odore mi rilassa, mi fa tornare in me e decido di ricambiare l'abbraccio.
Rimaniamo abbracciati per qualche istante, che sembra infinito. Questo abbraccio è talmente caloroso che vorrei non staccarmi mai da lui. Perché gli abbracci fanno stare così bene?
Dopo un po', lui si stacca da me, mi guarda negli occhi. Penso che si sia spaventato guardandomi, ho un aspetto orribile: gli occhi rossi, il mascara tutto colato, le guance arrossate dal pianto... che orrore! Non voglio che mi veda così! Abbasso lo sguardo, ma lui mi alza di nuovo il viso con due dita sotto il mio mento. Mi costringe a guardarlo negli occhi. Normalmente penserei che questa cosa è un sacco imbarazzante e cringe, ma non in questo momento.
La mano con cui mi aveva preso dal mento scivola lentamente sulla mia guancia e con il pollice accarezza la mia pelle umida. Con l'altra mano, prende un fazzoletto e mi asciuga le ultime lacrime rimaste, poi porge la sua testa in avanti, e con la sua mano, fa in modo che anche la mia testa si porga in avanti, così le nostre fronti si toccano e guardiamo entrambi in basso così in questa posizione. Lui non stacca la sua mano dalla mia guancia.
Dopo un attimo di silenzio, è ancora lui a romperlo.
"Non devi dire queste cose, ognuno passa il suo inferno. Non vuol dire che se qualcuno se la passa peggio di te, allora tu non hai il permesso di soffrire. Ognuno ha i suoi problemi." fa una pausa. "Ti prometto che un giorno non dovrai contare solo sulle tue forze. Un giorno non sarai più sola. Se mi ritieni all'altezza, spero di poter essere in grado di stare al tuo fianco. Non me la prenderò se non sono io quello che può starti vicino, a me basta solo vederti felice. Ti prometto che se sarò io, farò tutto il possibile per renderti gioiosa. Altrimenti, sappi che resterò comunque al tuo fianco, se hai bisogno di qualcosa basta che mi chiedi. Conta su di me". Sussurra leggermente queste parole, ma riesco a sentirle bene in quanto siamo molto vicini.
Quello che mi ha detto è stato stupendo, nessuno mi ha mai detto una cosa simile. Scoppio di nuovo in lacrime, ma questa volta dalla felicità.
Lui si stacca dalla mia fronte.
"Ehi ehi... non piangerai ancora? Era così triste quello che ho detto?" dice.
Mi viene da sorridere. "No, Kyosuke. Non piango più, te lo prometto. Grazie per le tue parole." gli dico infine sorridendo, asciugandomi le lacrime.
Lui mi mostra un suo sorriso che mi fa tornare il buonumore. Questo ragazzo è il migliore che io conosca. Ha qualcosa che solo lui ha.
Si alza dalla panchina, mi porge la sua mano che io prendo e ci dirigiamo verso la sua moto insieme, mano nella mano.

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