Chapter 44

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Subito dopo senza esitare si fiondò sulle mie labbra e questa volta ricambiai poggiando entrambe le mie mani sul suo viso, avvicinandolo ancora di più a me.
Le sue dita si poggiavano e si toglievano velocemente dal mio corpo, insicuro dei suoi gesti, strano ma vero. Aveva paura di toccarmi? Quel ragazzo era la complicità in persona.

Scansai cautamente le mie labbra dalle sue carnose e fredde allo stesso tempo, il mio sguardo cadde verso le sue mani e le afferrai facendole aderire ai miei fianchi con molta semplicità mi rivoltai verso il suo viso, questa volta con un sorriso quasi imbarazzato. "Fai piano" sussurrai, ma questa volta fu più forte di me far scontrare le nostre labbra, quelle che avrei dovuto odiare ma che dopo tutto amavo...

Il suo corpo torreggiava sul mio bagnato, avevo rimosso tutto quello che mi aveva appena fatto e avevo ceduto ai miei sentimenti. "È tutto uno sbaglio quello che stiamo facendo" alzai il mio viso facendo incontrare i nostri occhi, i suoi celestini con i miei verdi come la speranza.

"E anche se fosse?"  roteò lo sguardo tamburellandosi le dita sulla fronte ed io gliele spostai dal volto, evitando che si innervosisse più di quanto non lo fosse già. "Come stai?" mi chiese istericamente, anche se tra i due quella che doveva essere arrabbiata dovevo essere io, senza ombra di dubbio.

"Come vuoi che stia Rafe?" e tolsi le sue mani dal mio corpo, osservandolo dispiaciuto e tremando dal freddo (o forse per l'agitazione?) "hai provato ad affogarmi" feci un passo indietro, ripensando veramente all'accaduto, facendomi salire un nodo alla gola impedendomi di parlare.

"non lo avrei fatto" bisbigliò avvicinandosi ed io mi allontanai nuovamente, questa volta di diversi passi lontano dal suo corpo. "No?" alzai un sopracciglio e lo guardai stupita, cercando di mettere tutto il possibile sarcasmo nella mia espressione "Rafe" scossi la testa "tutto questo non doveva succedere" mi riferì al bacio e notai la sua lingua roteare all'interno della sua bocca "addio" sussurrai stringendo le mie mani e mi voltai per andarmene.

Non era un semplice addio, questa volta era definitivo: me ne sarei andata dalle outer banks e si, per colpa sua me ne sarei andata.

Portai le braccia al petto e presi a camminare immersa nei miei problemi, lasciando chiare orme di acqua sul pontile di legno, visibili a chiunque. Il mio fiato cominciava a farsi più corto e il freddo non aiutava, stavo ormai tremando quando arrivai al parcheggio delle auto, da lì avrei dovuto camminare fino a casa mia e ripeto: casa mia e non quella stupida villa dei cameron, in cui ero stata costretta ad andare.

Ritornai in me quando violentemente una mano possente e fredda mi afferrò per l'avambraccio, facendomi sobbalzare. Era lui.
"Che diamine stai facendo?" sbottai spingendolo e dimenandomi, ma evidentemente i miei sforzi erano inutili visto che mi trascinò fino alla sua auto prima di sbattermi contro la porta e rinchiudermi ad essa con il suo corpo.

"Ascoltami" mi alzò il mento e fece incrociare i nostri occhi "tu ora vieni a casa con me" bruscamente mi accomodò all'interno della macchina e subito dopo prese posto nel sedile di fianco al mio ovvero quello del guidatore, pensai che quando si sarebbe seduto avrei potuto scappare.

Posai una mia mano sulla maniglia della porta, ma senza nemmeno che guardasse i miei movimenti parlò: "non uscirai da questa macchina" la mise in moto "hai capito?" gridò tutto d'un tratto sbattendo le mani sul volante e facendomi chiudere gli occhi dalla paura, ormai la sensazione che con lui mi era permanente.

Portai le mani al viso e le tenni lì cercando di soffocare le lacrime, o almeno era quello che speravo di fare. Non potevo più sopportare una situazione del genere, non sopportavo più Rafe.

Il viaggio fu silenzioso e veloce, molto veloce. Arrivammo a casa sua e raggiunsi camera mia molto velocemente, speravo di non doverlo più vedere per il resto della serata, ma non fu così. "Dove cazzo stai andando?" sbottò arrabbiato, serrai gli occhi e mi bloccai di colpo alle sue parole, strinsi i pugni e cercai di tirare fuori l'orgoglio che ancora in me c'era "in camera mia" sentì un suo lamento e allora mi voltai per squadrarlo "qualche problema?" chiesi, ma  evidentemente avrei dovuto evitare di usare questi termini così scontrosi con lui.

In un secondo mi ritrovai in camera sua "guardami" gridò bloccandomi violentemente al muro "guardami quando ti parlo cazzo" colpì la parete dietro di me e i miei occhi si fissarono sui suoi movimenti, facendomi scorrere lacrime lungo le mie guance rosse e accaldate per il tutto. "Finché non ti sarai calmata starai sotto la mia supervisione" pronunciò quella frase con tanta fermezza e decisione "vai a farti la doccia" aggiunse infine prima di liberarmi.

Raggiunsi il bagno e mi ci chiusi dentro, cominciai a soffocare nel mio stesso pianto, avevo via di uscita? Sapevo rispondermi benissimo a questa domanda ed era no, quindi mi limitai ad eseguire i suoi ordini, si proprio Gaia Routledge era arrivata a questo punto.

Feci una lunga doccia calda, speravo che tutto lo stress e i problemi accumulati svanissero, ma così non fu e mi limitai ad uscire dal getto dell'acqua ed avvolgermi un asciugamano lungo il corpo.

Spalancai la porta del bagno, ritrovandomi Rafe seduto sul letto con le mani sulla testa, un po' ero contenta nel vederlo soffrire "non ho niente da mettere" dissi scocciata, visto che non mi avrebbe permesso di uscire dalla sua stanza chissà per quanto. "Prenditi una mia maglia" concluse rimanendo a scrutare il mio corpo nudo, visto che a coprirlo c'era solo un asciugamano che arrivava poco dopo il mio sedere.

scelta difficile || rafe cameronWhere stories live. Discover now