𝐐𝐔𝐀𝐓𝐓𝐎𝐑𝐃𝐈𝐂𝐈

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𝐂loe sapeva che Luigi Strangis era davvero bravo a mantenere le promesse, ma quella volta aveva tanto sperato che non l'avesse fatto.

L'allievo di Rudy Zerbi si era preso carico della situazione sentimentale dell'amica ritenendo che nè lei nè tanto meno la sua cotta colossale chiamata Alessandro Rina avrebbero mai mosso un muscolo l'uno verso l'altra, orgogliosi fino alla morte e timidi, in quel campo, in modo incredibile: Alex perchè generalmente era timido di suo, Cloe perché era invece inesperta e usava quello scudo di timidezza per mascherarlo.

Era in sala tre a provare, dato che per quel giorno aveva terminato le lezioni ma aveva bisogno di consolidare le informazioni e riprovare i passi per pulire un po' le coreografie da portare in puntata.
Lo specchio a parete di fronte a sè rifletteva la sua figura mingherlina ma piena di energia mentre si dilettava in passi di hip hop o in movimenti di modern.

La musica di How long di Charlie Puth, seppur bassa, rimbalzava tra le pareti della stanza mentre lei si muoveva a tempo, in passi rapidi ma sciolti, dando molto peso anche all'espressività, come le aveva detto suggerito Andreas.

«How long has this been goin' on? You been creepin' 'round on me, while you're callin' me "baby".» canticchiò a tempo con i passi.

La porta della sala si spalancò senza preavviso, facendole perdere un attimo la concentrazione per il mezzo infarto. Non si voltò, piuttosto guardò nello specchio chi fosse ad aver aperto l'uscio.
Si aspettava chiunque, fuorché la persona che effettivamente vi era lì: Alex.

E solo quando si rese conto che era lui si voltò, guardandolo probabilmente con un'espressione indecifrabile.
Era la prima volta che si trovavano da soli, e la prima volta che si trovavano a doversi rivolgere la parola da quando Cosmary non era più in casetta. Era imbarazzante, assolutamente sì.

«Che ci fai qui?» gli chiese confusa, prendendo l'occasione per abbassarsi e riallacciarsi le scarpe.

«Non lo so bene nemmeno io. - rispose il ragazzo grattandosi la muca imbarazzato - Luigi mi ha mandato qui, dicendomi che c'era qualcosa per me. Ho pensato fosse qualcosa di quelle specie di sorprese che organizza Maria, sai, no? Invece, nulla di tutto ciò. E ti sto disturbando, peraltro, perciò è meglio se vado.»

Cloe si ricordò le parole di Luigi, e del fatto che essendo così timidi nessuno dei due avrebbe mai fatto un passo verso l'altro. Per smentire la cosa, dato che odiava che gli altri le facessero certe osservazioni, mormorò:
«Se vuoi, puoi restare.»

Ci fu una pausa, durante la quale Cloe stava meditando sul disastro che aveva appena fatto pronunciando quelle quattro parole, e Alex stava in piedi a guardare verso di lei pensando ad un modo per andarsene, dal momento che rimanere nella sua stessa stanza mentre ballava non sarebbe stato proprio il massimo visto le ultime esperienze.

«Avrei, insomma, bisogno di qualcuno che mi dica se va bene quello che sto facendo.» cercò di spiegare.

Faceva molta tenerezza in quel momento, rinchiusa in una felpa non sua che quasi le copriva del tutto le culotte nere che indossava per vedere meglio allo specchio i movimenti delle gambe. E mentre la osservava aspettare una sua risposta, gli tornò in mente il momento in cui aveva ballato sui tacchi.

«No, non... non sono la persona più adatta, non ne capisco un fico secco di danza.» rispose, non intenzionato a vederla fare una coreografia magari simile a quella in una stanza in cui erano soli. No.

«Dovresti fare un po' di staging, sei sempre un sacco rigido.» fece lei, e Alex non riuscì bene a capire se l'insinuazione c'entrasse con la risposta che aveva dato oppure no.

Rimise la musica di Charlie Puth e iniziò a muoversi.
Capendo che la musica non era come quella di Toxic, e che stava ballando con le scarpe da ginnastica, rimase un attimo fermo a guardarla mentre riproduceva i passi della coreografia che le aveva insegnato Andreas, usando espressività e fluidità nei movimenti.

𝐈𝐍 𝐏𝐔𝐍𝐓𝐀 𝐃𝐈 𝐏𝐈𝐄𝐃𝐈 || Alex WyseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora