𝐓𝐑𝐄𝐍𝐓𝐀

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«𝐂loe, tu balli I don't care.»

La ballerina si preparò al centro del palco e fece un cenno veloce a Maria per farle capire che avrebbe potuto mandare la base.

(video sopra, ragazza al centro, dal minuto 1:10 a 2:08)

All'inizio, l'esibizione fu rovinata dall'ansia.
Cloe aveva paura, faceva bene ad averla, ma poi si pose la domanda che si era fatta pure poco prima: cos'aveva da perdere? Era una sfida così, da dentro o fuori, il suo destino era appeso a quella coreografia e a quella che avrebbe ballato dopo e se fosse uscita doveva farlo perché Albe era più bravo di lei, non perché lei aveva ballato male.
Se fosse uscita, l'avrebbe fatto con onore, ballando bene e avendo avuto qualcuno che aveva cantato meglio e aveva battuto la miglior versione di Cloe Esposito.
La canzone si chiamava I don't care: 'non mi interessa'.
Quale modo migliore per rimettersi in riga, se non disinteressarsi delle paranoie che la sua testa aveva plasmato e ballare come solo lei sapeva fare?

Alle emozioni ci avrebbe pensato dopo, una volta finito di ballare, quando era in casetta ad aspettare i risultati, non in quel momento.
Motivo per cui cacciò un sorriso quando Ed Sheeran cantò "Then you take my hand", pensando alla persona che le aveva tenuto la mano per tutto il tempo da quando si era seduta sul cubo rosso sul soppalco: era anche, se non soprattutto, grazie a lui se Cloe aveva imparato ad amarsi.

E così, pensando ad Alex, continuò a ballare, con il sorriso che le illuminava il volto e più che altro divertendosi, sperando così di far divertire anche chi la guardava.

Finì di ballare con un umore totalmente diverso rispetto a quando aveva iniziato.
"When I'm with my baby yeah, all the bad things disappear."
Sorrise tra sé: grazie, Ale.

Si risedette e diede il cambio ad Albe, che scese in pista con Giravolte, una delle preferite di Cloe: quando Albe aveva presentato l'inedito, ancora a febbraio, lei e Christian erano andati avanti per un sacco a cantarla e pure a ballarla, continuando a volteggiare su se stessi e facendo diventare quella canzone praticamente uno dei tormentoni della casetta insieme a Io volevo solo te di Luca.

Questa volta Cloe cantò, eccome se cantò, mancava appena che saltasse in piedi e improvvisasse un balletto.
Albe notò il suo radicale cambio d'umore e visto che era solito passeggiare per il palco mentre cantava, si premurò di raggiungerla quando attaccò con il ritornello, e si avvicinò quasi faccia a faccia con lei tanto che probabilmente quando cantò "Quando balli fai le giravolte" si sentirono le stonature di Cloe.

E anche dopo continuò a cantare muovendosi ma tornando periodicamente da lei, guardandola, facendole facce buffe o indicandola, come se fossero tornati a febbraio e fossero di nuovo in casetta, con lui che la cantava a cappella e lei che, seppur stonata, lo seguiva e volteggiava ridendo.

Terminò la canzone e Cloe rischiò seriamente di non aver più fiato per ballare per quanto aveva cantato.
Ma non le importava: si era divertita, stava bene, il pubblico e i giudici li avevano guardati ridere e avevano sorriso a loro volta rendendosi conto di quanto fossero forti i legami che si creavano in casetta, al punto che forse mai, nemmeno fuori da lì, si sarebbero spezzati.
Perché era così, stavano guardando due ragazzi cantare e ridere come se fossero al bar quando invece si stavano esibendo su uno dei palchi più prestigiosi per un'aspirante cantante e ballerino, consapevoli che per uno dei due sarebbe stata l'ultima volta.
Ma non ci volevano pensare: volevano essere spensierati, e a tutti andava bene così.

𝐈𝐍 𝐏𝐔𝐍𝐓𝐀 𝐃𝐈 𝐏𝐈𝐄𝐃𝐈 || Alex WyseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora