45|| HO MESSO VIA

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"Ho messo via un pò di illusioni
Che prima o poi basta così
Ne ho messe via due o tre cartoni
Comunque so che sono lì
Ho messo via un pò di consigli
Dicono è più facile
Li ho messi via perchè a sbagliare
Sono bravissimo da me
Mi sto facendo un pò di posto
E che mi aspetto chi lo sa
Che posto vuoto ce n'è stato ce n'è ce ne sarà.
Ho messo via un bel po' di cose
Ma non mi spiego mai il perchè
Io non riesca a metter via te"

Una scatola.
Una cartella.
Dei ricordi.
Era questo ciò che mi rimaneva di lei.
Una scatola piena di oggetti che mi ricordassero lei.
Una cartella piena di foto che non avevo avuto il coraggio di eliminare.
Dei ricordi che anche se avessi voluto farlo non sarei mai riuscito a cancellare.
Degli oggetti che non riuscivo a guardare, non riuscivo a toccare senza pensare a lei.
Delle foto che mi ero imposto di non aprire.
Dei ricordi che non riuscivo a dimenticare, a riporre in un angolo per qualche attimo.
Dei pensieri.
Dei sorrisi.
Degli sguardi.
Dei baci.
Delle parole.
Dei discorsi.
Delle dichiarazioni.
Dei luoghi.
Degli abbracci.
Non esisteva una scatola che potesse contenere tutto questo perciò avevo il dovere e l'obbligo di lottare contro i miei ricordi.
Un modo per dimenticarla, un modo per metterla via in uno di quegli scatoloni doveva pur esserci.
Non capivo perché, nonostante i miei sforzi, non riuscivo a mettere via lei dai miei pensieri.
Non capivo perché, nonostante sentissi il bisogno di allontanarmi da lei, stavo male al solo pensiero di non poterla avere accanto per un'intera giornata.
Non capivo perché, nonostante la notte scorsa ero fermo e deciso sulla mia decisione, ora non sapevo più ciò che volessi, ciò che desiderassi.
Non capivo perché quella stessa mattina la sua presenza mi avesse scombussolato a tal punto da spingermi a domandarle se quel bacio, quel maledettissimo bacio era significato qualcosa per lei.
Non capivo perché, nonostante pensassi che affidarla a Lorenzo fosse la cosa giusta da fare, provassi quell'implacabile gelosia.
Invece lo capivo benissimo, mi ero innamorato, innamorato come uno stupido ragazzino, avevo perso la testa per una donna, avevo perso la testa per lei.
Non capivo perché, nonostante la scorsa sera loro due mi fossero sembrati così vicini, come io e lei non eravamo mai stati, lei non sembrasse davvero legata a Lorenzo da quel tipo di sentimento.
Non capivo perché avessi la sensazione di essere saltato a una conclusione troppo affrettata, di aver cancellato volontariamente un passaggio.
Eppure quelle mani le avevo viste, quelle mani che si cercavano, quelle che mani che si sorreggevano, quelle mani che si aggrappavano l'una all'altra, quegli sguardi li avevo notati, quegli sguardi che lasciavano trapelare qualcosa di irrisolto, quegli sguardi che brillavano, quegli sguardi persi, quei sorrisi li avevo fin troppo analizzati, quei sorrisi timidi, imbarazzati, accennati, nascosti, o meglio avevo visto la mano di Lorenzo cercare quella di Beatrice, lo sguardo di Lorenzo ripercorrere quella vecchia cotta infantile e ricercare in quel incontro quella fiamma che aveva da sempre acceso il loro rapporto,  il sorriso di Lorenzo comparire sul suo viso non appena pronunciassi il nome di Beatrice.
Ma questo non aveva più alcuna importanza, lei aveva scelto comunque lui, non che le avessi lasciato davvero scelta, non era un 'o lui o me' quello che gli avevo messo davanti agli occhi, era un 'lasciami andare', era un 'non scegliere me', era un 'non posso renderti felice, non come vorrei', era un 'devo lasciarti andare', era un 'chiedimi di restare, per una volta, per favore chiedimelo, chiedimi di rimanere lì con te, non importa nient'altro, mi importa soltanto che tu me lo chieda, mi importa che sia io per una volta a poter prendere una decisione, che non sia quella di rompere, che io possa decidere se ascoltare la tua richiesta o voltarmi e andarmene ma tu non mi hai lasciato alcuna scelta, hai accettato passivamente tutto quello che io avevo blaterato, non lo pensavo davvero Beatrice, non lo pensavo, non lo volevo, non lo desideravo, ciò che sentivo davvero di volere ardentemente con tutto il mio cuore era che tu me lo chiedessi, chiedimelo adesso, chiedimi di restare'.
Era questo che mi teneva legato a lei, la speranza, le illusioni, la consapevolezza che lei avesse provato quel sentimento per me.
Non avevo ancora nessuna delle risposte ai quei mille perché ma avevo trovato la risposta al perché più insensato, inspiegabile e incontrollabile, sapevo perché la amavo, sapevo perché erano nati tutti quei dubbi, quelle domande, quelle insicurezze, quelle paure, quei risentimenti.
Per quel sorriso che spuntava sul suo viso raramente ma quando lo faceva illuminava la mia intera giornata.
Per quegli occhi che riuscivano a ridere e a brillare come delle stelle.
Per quegli sguardi indecifrabili, quegli sguardi pungenti, quegli sguardi preoccupati, quegli sguardi attenti.
Per quella smorfia, quella smorfia che faceva ogni volta che stava per dire una bugia.
Per quella cicatrice sotto il labbro.
Per quella risatina che risuonava nelle situazioni di imbarazzo o di nervosismo.
Per quel naso che si arricciava quando qualcosa non andava.
Per quelle mani che con il loro tocco delicato erano capaci di tranquillizzare chiunque.
Per quegli abbracci non troppo stretti, non troppo lunghi, il tanto per far sentire la sua presenza, per dire 'vedi che io sono qui e non ho intenzione di lasciarti'.
Per quell'innocenza appartenente solo ad una bambina.
Per quelle battutine sempre pronte.
Per quella faccia tosta che non aveva paura di niente e di nessuno.
Per quella forza d'animo.
Per quella sua voglia di diventare qualcuno, di lasciare un segno nella vita di ognuno.
Per quell'ambizione.
Per quelle richieste d'aiuto silenziose.
Per quella fierezza.
Per quel 'va tutto bene' accompagnato da un sorriso anche quando andava tutto a rotoli.
Per quel legame con suo padre.
Per quella testardaggine.
Per quel lato nascosto, quel lato insopportabile, negativo, impaziente, impulsivo.
Per quella voce riconoscibile tra mille altre.
Per quella bellezza elegante, raffinata, semplice, da mozzare il fiato.
Per quella semplicità.
Per quella capacità di usare in ogni situazione le parole adatte.
Per quella delicatezza.
Per quella dolcezza.
Per quella vulnerabilità.
Per quella fragilità.
Per quell'intelligenza disarmante e per altri mille ovvi motivi.

Andai velocemente in camera, recuperai quella scatola, la riposi sul mio letto, mi sedetti, la guardai per un po', poi mi decisi e la aprii. Non era ancora il momento di dimenticare.

M.L. Finalmente tuDove le storie prendono vita. Scoprilo ora