Chapter Thirty-One

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⚠️Storia originale di MesserMoon su Ao3⚠️

Questa è una traduzione italiana, potrete trovare la storia originale (in inglese) su Ao3, sul suo profilo.

Mi scuso per alcuni errori con i verbi, (passare da passato prossimo a passato remoto per esempio), ed eventuali ripetizioni ma mi attengo al testo originale dell'autore/ice.

Alcune parole di cui che non trovo una giusta traduzione verranno messe in fondo al capitolo.

Rispetto la punteggiatura, le parole in corsivo e gli spazi, senza modificare l'opera originale.

Nota: La traduzione è fatta interamente da me. @KookSpook
La copertina della storia pure.

Capitolo Trentuno

⚠️TW: Riferimento alla violenza sessuale⚠️

Mary non è un'idiota. Sa che non sta bene. Tra l'incapacità di dormire per più di qualche ora alla volta e la nuova paranoia di essere costantemente seguita, sta decisamente precipitando. Eppure, seduta sul tetto della sua casa d'infanzia a soffiare fumo nel cielo rosa della sera, trova difficile preoccuparsi. Beh, a dire il vero, ultimamente le risulta un po' difficile preoccuparsi in generale.

Fa troppo freddo per questo ma non riesce più a stare in casa. Si sente in trappola. Intrappolata dalla camera da letto in cui è cresciuta, più piena della bambina che era prima che della persona che è ora. Si riconosce a malapena in questi giorni, ricorda a malapena di essersi preoccupata dei ragazzi i cui poster sono appesi alle sue pareti, o dei nomi dei suoi peluche o delle ragazze che le hanno regalato i braccialetti dell'amicizia ancora appoggiati sul suo comò—tolti un giorno per sbaglio e mai più rimessi.

Inspira profondamente, riempiendo i polmoni con tutto il fumo possibile, lasciandolo bruciare, trattenendolo finché non inizia a tossire e a soffocare. Si alza in piedi, gettando la sigaretta quasi finita dal bordo del tetto e lasciando che le lacrime le escano dagli angoli degli occhi. Non piange davvero, non lo fa da molto tempo, ma è una bella sensazione, anche se non è la stessa.

Lo sente arrivare prima di sentire la finestra aprirsi.

"Credevo che papà l'avesse sistemata." dice Damian, facendosi largo come se fosse stato invitato.

"L'ha fatto," dice Mary annuendo alla zanzariera della finestra che aveva tirato fuori e gettato più in basso sul tetto.

Damian emette un fischio basso mentre si sistema accanto a lei. "Ti beccherai l'inferno per questo."

Mary si limita a scrollare le spalle, guardando il cielo che si sta rapidamente oscurando. Una folata di vento particolarmente pungente li attraversa, infilandosi sotto il maglione e attraversando la pelle.

"Cazzo," sibila il fratello, incrociando le braccia sul petto. "Si gela maledettamente qui fuori."

"Nessuno ti impedisce di tornare dentro."

Suo fratello sbuffa. Sono vicini d'età, solo due anni di differenza—Damian è il fratello maggiore. Erano vicini anche in altri modi, erano amici. Anche se ogni volta che torna a casa è sempre più difficile ricordarlo. Damian è all'università ora. Mary non riesce mai a ricordare quale. Non riesce a immaginare che ci andrà mai lei stessa.

"Chi era allora?" Chiede Damian.

Mary si mette in tasca e tira fuori un'altra sigaretta. È eccessivo, ma sa che lui odia l'odore e spera che lo faccia tornare dentro. "Chi era chi?" chiede lei, accendendola alla vecchia maniera—con i fiammiferi rubati in cucina. Si è abituata troppo bene a farlo con la magia.

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