Chapter Forty-Nine✔️

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⚠️Storia originale di Messermoon su Ao3⚠️

Questa è solamente una traduzione, i diritti vanno tutti all'autrice/ore.
Fatemi notare errori.
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Capitolo Quarantanove


⚠️TW: Violenza
TW: Breve accenno al suicidio
TW: Morte (NON personaggi principali, non lo sottolineerò mai abbastanza, non spaventatevi, Regulus non muore in questo capitolo)⚠️



Il sole bacia appena l'orizzonte mentre Remus corre per la strada, stringendo al fianco il borsone di tela. Fa freddo stamattina, le guance sono rosee, le dita un po' intorpidite. Il camper Volkswagen blu arrugginito davanti a lui suona il clacson incoraggiante mentre sente la porta laterale aprirsi di botto.

"Sei in ritardo!" Grida una voce, risuonando nella strada vuota, spaventando i piccioni.

Remus sbuffa e fa gli ultimi metri per arrivare alla macchina, afferrando il tettuccio e dondolandosi all'interno. "Non—sono—in—ritardo," riesce a dire tra un respiro e l'altro, scivolando sul sedile. Qualcun altro chiude la portiera. Remus mostra l'orologio all'autista con un sorriso. "Vedi, le sei del mattino, in punto. Sono letteralmente in orario."

Il vecchio uomo alza gli occhi al cielo, tornando a guardare la strada. È calvo sulla sommità del capo, con una folta barba ramata che gli copre il viso. "Sfacciato," borbotta, gli occhi trovano Remus nello specchietto retrovisore, senza riuscire a nascondere il suo divertimento mentre si allontana dal marciapiede.

Remus si sistema, annuendo agli altri sei passeggeri del camper. Ne ha visti alcuni nelle altre visite ma almeno due di loro sono facce nuove—nuove per lui comunque. Nessuno di loro parla, è troppo presto, Remus gira la testa verso il finestrino e guarda il cielo illuminarsi mentre il giorno si insinua lentamente e si lasciano alle spalle la città. Gli edifici e le auto si trasformano in campi e autostrade infinite, il sole del primo mattino scintilla contro l'asfalto.

La prima volta che era venuto su, l'aveva fatto da solo. Aveva dovuto prendere un treno e poi un autobus, e poi camminare per circa tre chilometri. Quando vide il cartello i piedi lo stavano uccidendo.

"Sembra che tu abbia intenzione di fermarti per un po'."

Remus ci mette un attimo a capire che Arnold—l'autista—sta parlando con lui. Sbatte le palpebre, ancora mezzo addormentato, e abbassa lo sguardo sulla borsa che ha in grembo. Dopo qualche secondo fa spallucce.

"Potrebbe essere, non si sa mai, volevo... tenere aperte le mie opzioni suppongo," cerca di fare un sorriso al vecchio che non tradisca nessuno dei sentimenti che gli turbinano dentro.

"Opzioni huh?" Arnold chiede, annuendo. "Beh, so che molta gente lassù sarà felice di sentirlo."

"Non prometto niente però, quindi non spettegolare," dice Remus, scherzando solo a metà.

Arnold ride, è un rumore profondo, viene direttamente dalla sua pancia. Come Babbo Natale. "No, non mi sembri il tipo che fa molte promesse."

Remus si mordicchia l'interno del labbro per impedirsi di fare una smorfia, voltandosi di nuovo verso la finestra. Arnold non sa che in realtà Remus fa sempre promesse, solo che non è particolarmente bravo a mantenerle.

Alla sua prima visita le cose andarono male quasi subito. Dopo due miglia di cammino arrivò a un cartello di legno dipinto con la scritta 'Lupercale' in cima a una strada sterrata, delimitata su entrambi i lati da fitti boschi. Da qualche parte, alla fine di questa strada, si supponeva ci fosse una vecchia casa colonica che Remus doveva trovare.

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