3. Tuffarsi

116 4 0
                                    

Faccio due passi nel sole del primo pomeriggio. Non ho nessun posto dove andare, ma ho bisogno di un po’ di silenzio, per schiarirmi le idee. Il paesino è piccolo, tipicamente mediterraneo con le sue casette decorate da fiori rosa alle finestre, i negozietti di souvenir e quell’odore di mare che si respira tra le vie. Alla mia destra, un negozio che vende ceramiche dipinte. A sinistra, un intrico di case tutte intrecciate tra loro, come fossero accatastate; porte colorate che spuntano una sull’altra, arrampicate su scale ripidissime, la biancheria appesa ai fili, che volteggia nella brezza, profumata di sole.
Gatti. Ovunque. Appisolati sulle scale scrostate dall’aria salmastra, sui muretti in pietra, silenziosi e pigri nella calura del pomeriggio. Sorrido, piacevolmente colpito dall’atmosfera di quel luogo, dall’odore di eucalipto e di fichi, che si spande tra le vie come una carezza morbida e calda. Mi sento come se fossi stato catapultato in una specie di dimensione alternativa, sospesa da qualche parte nel tempo.
Mi dirigo verso la spiaggia e mi trovo di fronte uno spettacolo incredibile. Il sole è alto nel cielo e si riflette sul mare, un tappeto di stelle. Non c’è nessuno, a parte qualche gabbiano che svolazza qua e là alla ricerca di un po’ di cibo. Giù in fondo, una vecchia barca corrosa dalla salsedine aspetta il suo marinaio, che forse non tornerà. A pochi passi dal mare e costretta a restare sulla terra in eterno.
Lontano, un’isoletta solitaria ospita un faro sbiadito, dall’aria antica. Mi hanno sempre affascinato i fari, con quel loro manto di mistero. Solitudine e poesia. Mi chiedo se anche questo conserva tra le sue pietre, incrostate di sale, qualche leggenda di amori tragici, marinai e fantasmi. Questo posto, con la sua bellezza selvaggia, sembra avere il potere di mettere a tacere i miei, di fantasmi.
Mi sento fuori dal mondo, qui.
Piano piano, un respiro dopo l’altro, tutta l’energia negativa accumulata nell’ultimo anno mi sta lentamente scivolando di dosso. Stendo il telo all’ombra di un pino e mi tolgo la maglietta. La mia pelle è bianchissima, lontana anni luce dalla sfumatura bruna di quella dei ragazzi al bar. Di quella di Chri.
Eh, no. Decisamente non ci voleva. Negli ultimi anni la convivenza con me stesso mi ha dato del filo da torcere. Prima ho tentato di nasconderlo a tutti, compreso il sottoscritto. Mi sono sforzato di convincermi che non fosse vero, che tutti quei sogni e quei pensieri strani su star del cinema, musicisti, giocatori di calcio (sport che, per inciso, ho sempre odiato a morte) e compagni di scuola, non fossero altro che una fase passeggera, da ignorare. Mi sono persino trovato una ragazza. O meglio, lei ha trovato me. Non dovevo fare altro che starci, mi dicevo. Che sarà mai? Già.
Poverina. La sua autostima deve aver subito un duro colpo, visto che non ho mai avuto il coraggio di dirle la verità. Magari si è raccontata che dovevo avere qualche problemino all’impianto idraulico, il che non è assolutamente vero, per la cronaca. Il problema è che sembra voler funzionare solo nei momenti più sbagliati. E scomodi. Alla fine, ho smesso di fare la doccia in piscina e ho iniziato a tornare a casa con i capelli che puzzavano di cloro.
Che altro avrei potuto fare? Ho cercato di rifiutare la realtà, questo è quanto. E, prima o poi, la realtà viene sempre a galla, in un modo o nell’altro.
Dopo mesi di angoscia e situazioni scomode, ho deciso di chiudere anche con le ragazze. Lei sembrava quasi sollevata, io mi sentivo leggero come una piuma. In fondo, potevo pure restare senza, no? I monaci tibetani ce la fanno. Così dicono. Il fatto è che io non ce la facevo.
Così sono passato alla seconda fase, quella in cui non posso ignorare i miei desideri, ma custodisco il segreto gelosamente, come fosse una questione di vita o di morte. Non che avessi fatto chissà quali strabilianti esperienze al tempo, però almeno nei miei momenti di intimità, non mi sforzavo più di pensare a Scarlett Johansson o a Jennifer Lawrence, o a qualche diva del porno non meglio identificata, trovata per caso navigando su internet.
Farsa che mi ero obbligato a tenere in piedi per un certo periodo, con risultati disastrosi, peraltro. E poi è successa quella cosa. E il problema dell’ammissione è tornato. Al punto da sconvolgere del tutto la mia vita già incasinata, mettermi nei guai con la scuola, con mia madre e finire qui, lontano dalla mia casa, spalle al muro, con l’eterna minaccia della verità.
So che lei non mi lascerà in pace finché non le racconterò cosa è successo quel giorno a scuola. Ma, per farlo, dovrò ammettere tutto il resto. E non sono ancora pronto. Non mi vergogno tanto di essere quello che sono, sto imparando a conviverci, anche se parlarne con mia madre, ora, mi sembra imbarazzante all’inverosimile. Parlare di sesso con la propria madre è un incubo che la maggior parte dei ragazzi ha la fortuna di non dover affrontare. Dai, diciamoci la verità.
Quanti si trovano a dover dire qualcosa tipo: ‘ehi, mamma, indovina? Mi piacciono le ragazze! Passo la gran parte del mio tempo libero a immaginare di fare sesso con ognuna di loro.’ Okay, probabilmente nemmeno io dovrò entrare tanto nello specifico, però è un casino. Comunque, il vero problema è un altro. Che non riesco ad accettare, figuriamoci ad ammettere. Così la evito.
A ogni modo, il pensiero di vivere in questo posto dimenticato da Dio un po’ mi spaventava. Non so il perché, in realtà stavo di merda anche in città e non è che mi manchi qualcosa di quello che mi sono lasciato alle spalle. Anzi. Mi piace già qui.
L’atmosfera, gli odori e le persone. Soprattutto le persone. Per fortuna, lui è l’essere più insopportabile di questa terra. E poi ha pure la ragazza. Magari mi passa prima che possa mettermi nei guai. Se solo non avesse quegli occhi. E quel corpo. E quella bocca. Okay.
Decido di tuffarmi in acqua. Prendo la rincorsa e mi lancio nel mare azzurro, alzando spruzzi che mi bagnano completamente, prima di darmi il tempo di cambiare idea. Ghiacciata. Perfetto, proprio quello che mi ci voleva. Faccio un bel respiro e mi immergo. Una bella nuotata per schiarirmi le idee e un bel panino. Posso farcela, mi dico. E lì, nell’acqua fredda, con il sole che mi scalda il viso e il rumore dei gabbiani sugli scogli, mi sembra quasi vero.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now