32. Disegni

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La fronte premuta contro il finestrino freddo, osservo l’asfalto correre sotto di noi e le luci delle case perse nel buio della campagna. Chri mi posa una mano sul ginocchio e io gliela prendo nella mia. Intreccia le dita alle mie e mi accarezza piano, ma non dice nulla.

«Scusa. Ti ho fatto passare una gran bella giornata di merda,» borbotto con una risatina che somiglia a un grugnito. Lui resta serio.

«Non preoccuparti di questo.»

«Quanto ti sei rotto le palle? Dimmi la verità.» Sorride appena.

«Un pochino. Ma sei anche riuscito ad animare la situazione a tratti.» Chiudo gli occhi e ridacchio. Poi sospiro.

«Grazie, Chri.» Mi volto verso di lui.
Distoglie per un attimo gli occhi dalla strada e mi dà una stretta alla mano, che tiene ancora nella sua.

«La finisci di ringraziarmi? Ti ho detto che sono felice di essere qui.» Annuisco.

«Okay.»

«Lo troverai un modo per sdebitarti, non ti preoccupare.» Sorrido.
Mi rendo conto che c’è un fastidioso silenzio. Ci vuole un sottofondo.

«Alice in Chains?» Propongo. Scuote la testa.

«Radiohead?» Smorfia.

«David Bowie?»

«Non c’è qualcosa di più…recente?» Sbuffo, spazientito.

«Tipo?»

«Boh, qualcuno nato dopo il 1970?»

«Parla quello moderno…» Ignora platealmente la mia frecciatina.

«Dai, metto qualcosa io stavolta. Lo conosci Mahmood?»

«Sì, cioè. Ne ho sentito parlare. Roba da Sanremo, non mi interessa.»

Sorride, mentre smanetta con il suo telefono, distogliendo pericolosamente lo sguardo dalla strada.

«Me l’ha fatto conoscere Luigi per una cover di Redemption Song. Sai, lui ascolta solo quello. Mi è piaciuto lo stile e ho iniziato ad ascoltarlo. Ce n’è una che ti piace sicuramente. Gioventù Bruciata, si chiama. Eccola,» conclude.

Le note si diffondono nell’abitacolo. Le sonorità un po’ arabe, esotiche. La sua voce un po’ nasale ma morbida.

«Di che parla?» Borbotto

«Di suo padre.» È un genere che non mi fa impazzire, ma ammetto che qualcosa si deposita dentro.
Torno a osservare il mondo che fugge via nella notte, mentre sento un sorriso amaro affiorarmi alle labbra.

Mia madre mi sta aspettando in piedi. Vedo la luce attraverso la finestra del salotto e penso a un modo per fuggire. Non ho voglia di parlarne. Dopo aver salutato Chri, mi avvio riluttante al patibolo. Apro la porta, butto le chiavi sul mobile dell’entrata e incontro la mia immagine riflessa nello specchio. Sono spettinato e ho gli occhi cerchiati di rosso. La camicia e la giacca sgualcite e la cravatta penzola storta dal mio collo, come il cappio di un condannato a morte.
No, non esageriamo.

Mia madre non è così male e io non sono tanto depresso. Però non c’è pericolo di riuscire a fingere che sia tutto okay. A ogni modo, non ce n’è bisogno perché dall’espressione sul suo viso, è chiaro che sa già tutto. È seduta sul divano con il suo pigiama azzurro di pile e in mano un libro che fingeva di leggere. Sul tavolino di fronte a lei campeggia una vaschetta enorme di gelato al cioccolato e due cucchiai. Le sue labbra strette in una linea sottile.

«Ciao, mamma. Vedo che sei già stata informata degli esiti disastrosi della giornata, quindi, se non ti dispiace, io andrei a letto.»

«Non ci pensare nemmeno, Mattia.» Nome per intero, ma il suo tono è dolce.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionDonde viven las historias. Descúbrelo ahora