11. Segreti

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Al suono della campanella tutti schizzano fuori, ma Chri non ha ancora infilato la roba nel suo zaino. Vado a rilento, sperando di fare un pezzo di strada con lui fuori dalla scuola.

«Prendi il pullman?» Mi chiede.

«Già,» sbuffo. Mi guarda.

«Ti darei uno strappo, ma devo fare un salto in un posto, prima. Sei sicuro di farcela per le tre?»

«Ti ho detto di sì, tranquillo. Arrivo a casa, infilo un costume e volo in spiaggia.» Chri sorride.

«C’è anche Elena in corriera.»

Alzo gli occhi al cielo. «Lo so.»

«Non ti piace per niente, eh?» No, vorrei dire. Mi piace ben altro.

«Non è questo, mi piace. A chi non piacerebbe? Ma…insomma, sono appena arrivato, siete le sole persone che conosco in questo posto sperduto, non voglio bruciarmi le possibilità di ritagliarmi un ruolo nel gruppo. La situazione è così poco chiara che mi pare solo una complicazione. E poi…»

«E poi?» Mi incita.

«Beh, lei lo fa soltanto per far ingelosire te. È ovvio.» Fa una smorfia,

«E tu non vuoi essere il ripiego. E se ti dicessi che non è così, tu non mi crederesti, vero?»

«Me lo dici perché insisti tanto?» Gli chiedo, un po’ infastidito dal fatto che voglia appiopparmela a tutti i costi.

Quanto sono sfigato. In un angolino del mio cervello malato continuo a sperare, anche se so benissimo che con lui non c’è storia. Lo so, ma non riesco proprio ad accettarlo. Lui guarda a terra e sospira

«Niente, vorrei solo che riuscisse a essere felice, almeno lei.» Questa sincerità improvvisa mi lascia interdetto.

Lo guardo e mi viene voglia di fare qualcosa di molto mieloso, tipo prendergli la mano.

«Le vuoi molto bene, vero?» Annuisce senza distogliere lo sguardo dalle piastrelle scure ai suoi piedi.

«Sì,» ammette. C’è determinazione nella sua voce e un dolore profondo che non riesco a ignorare.

«Ma allora, perché…?» Mi zittisce con un cenno.

«È una lunga storia, Metropoli. Ci si vede più tardi.» Si alza, lasciando tutto il contenuto dello zaino sotto il banco ed esce dalla classe.

Elena mi aspetta davanti alla porta del pullman e appena mi vede, sorride. «Ehi, dov’eri finito?»

«Dovevo andare in bagno,» mento. Ma è possibile che devo renderle conto di ogni mio spostamento? Non starei con una palla al piede del genere nemmeno se avesse la faccia di Tom Ellis e il corpo di Henry Cavill.

Beh, se avesse il corpo di Henry Cavill, forse un po’ di rottura di palle si potrebbe pure tollerare. Ho letto da qualche parte che sul set di The Witcher continuava a strappare i costumi di scena con i bicipiti. Dio santissimo. Ma pure il corpo di Tom Ellis, eh. O la faccia di Henry Cavill, che non è mica da buttare. O entrambe le combinazioni. Un sandwich. Ridacchio.

«Che c’è da ridere?» Mi chiede, torno sulla terra.

«Niente. Mi è venuta in mente una cosa buffa.» Per fortuna, non mi chiede di raccontargliela.

«Matti, ti devo parlare,» dice invece, seria.

Faccio un respiro. «Dimmi.»

«Non qui! È una cosa personale. Possiamo vederci oggi pomeriggio?»

«Oggi pomeriggio non posso. Devo studiare matematica con Chri.»

«Ah, davvero?» Esclama, assumendo un tono inquisitorio. «Fate comunella, voi due.» Scuoto la testa.
Comunella. Ma come parla?

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now