21. La felicità è reale solo se condivisa

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Il ritrovo per la festa è, come al solito, al bar alle otto. Pensiamo di mangiare qualcosa in giro, quindi a casa non mi resta molto da fare, a parte ciondolare con la testa tra le nuvole, passando da stati di euforia ed esaltazione, a momenti di depressione nera e totalizzante.

Mia madre, grazie al cielo, è presa come gli altri dai preparativi per la serata, quindi non mi degna di uno sguardo. Inizio a sospettare che abbia qualcuno in mente, non l’avevo mai vista così allegra e perennemente svanita. Comunque chi se ne frega, basta che non mi stia addosso, perché non saprei proprio cosa dirle.

Mi preparo con calma e parto con ampio anticipo, anche se mi cambio una decina di volte. Passo un’ora davanti allo specchio per tentare di dare ai capelli una parvenza di ordine, come al solito senza successo. Alla fine opto per una maglietta nera con il logo dei Pearl Jam, che ho sempre creduto mi stesse benissimo, anche se stasera mi sembra terribile e i miei jeans preferiti. Anche quelli, un delirio.

Ci siamo messi d’accordo già da giorni, non ho sentito nessuno oggi, ma penso mi avrebbero avvisato se ci fosse stato un cambio di programma. Non c’è niente come una bella pedalata per pensare e io ho il cervello che, dal pomeriggio, non si ferma un attimo.

Il viaggio di ritorno dal faro è stato uno schifo. Chri non mi ha rivolto la parola per tutto il tempo, non mi ha nemmeno guardato. A un certo punto, credo di essermi addormentato perché non mi sono accorto di aver raggiunto la riva. Gli ho dato una mano a trascinare la barca in secca, sempre in silenzio e ho avuto il coraggio di aprire bocca solo per salutarlo. Lui mi ha fatto un cenno e me ne sono andato senza voltarmi, il cuore pesante come il piombo.

Il ricordo delle sue labbra, delle sue mani, mi ha ossessionato tutto il giorno. Non riesco a pensare ad altro. ‘Non succederà più.’ E, per quanto mi sforzi, non riesco proprio ad accettarlo.

Ad aspettarmi ci sono soltanto Luca e Luigi. Immagino che gli altri non siano ancora arrivati e faccio per sedermi. Luigi mi ferma con un gesto e si alza.

«No, non sederti, andiamo. Pensavamo non saresti venuto.

«Mancano venti minuti alle otto,» gli faccio notare, perplesso.

Luca sorride. «Infatti, non sei in ritardo, però stamattina a scuola non c’eri.»

«Ho dormito,» mento e sono certo di arrossire, ma loro sembrano non accorgersene.

«Gli altri?» Chiedo, fingendo un’indifferenza che non provo nemmeno nell’unghia del mio mignolo.

«Carola viene con i suoi, perchè se non li fa contenti le rompono le palle tutta la sera. Gli altri sono già andati. Chru ci ha detto che saresti venuto con noi,» mi informa Luca, inconsapevole della pugnalata che mi sta infliggendo. Sarei andato con loro. Mi ha abbandonato qui. Ha preferito caricare Cosmary sulla sua macchina. Cosmary, Dio santo. Capisco Alex ed Elena, capisco addirittura Serena. Ma Cosmary? Il pensiero che mi stia evitando è soffocante, claustrofobico. Non lo sopporto.

Improvvisamente, mi viene in mente Chicco. «Che c’è, Matti? Hai una faccia,» mi chiede Luigi, aggrottando la fronte.

«Niente,» minimizzo e sforzo un sorriso, ma mi sento come se avessi lo stomaco pieno di cocci di vetro. «Continuo a chiedermi perché non ci abbiano aspettato,» dice Luca una volta saliti in macchina. «Tanto ci dobbiamo trovare davanti al molo.»

Luigi si stringe nelle spalle «lo sai che Chri a volte è strano. Vai a sapere che gli passa per la testa.»
Già, penso tra me. Vai a sapere.

Il paese è gremito di gente. La festa sembra bellissima. È una specie di festival; c’è musica ovunque. Gli artisti di strada suonano a ogni angolo e sono incredibili. Mi sorprendo a pensare che mi piacerebbe provarci. Una chitarra, uno sgabello, la gente intorno. Forse ce la farei, se riuscissi a iniziare a suonare prima di rendermi conto che c’è qualcuno che mi ascolta. Magari di spalle, come Jim Morrison alle sue prime apparizioni.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now