10. Nascondersi

84 4 0
                                    

Sul pullman, Elena si siede di nuovo accanto a me. Ne sono felice, perché il fatto di non essere solo mi fa sentire meno esposto. Ancora non c’è traccia degli imbecilli di ieri. So che saliranno alla fermata successiva e se non sono loro, saranno altri. È sempre la stessa solfa ovunque e non c'è verso di starne fuori, ma mi sforzo di non pensarci e di chiacchierare con lei. Sembra allegra come al solito.

«Mi sembri di buon umore,» le faccio notare dopo un po’ di convenevoli.

«Certo. Perché non dovrei?»

«Beh, per ieri sera,» rispondo. Mi pento subito di averlo detto. «Mi era sembrato…» esito «non sono fatti miei, lo so. Cioè, non è che devi parlarne per forza.»

Fortunatamente, lei non si mostra infastidita dalla mia epica mancanza di tatto.

«Figurati. Non è niente. Mi dispiace che tu abbia dovuto assistere alla scena. Hai visto com’è Chri, ogni tanto fa un po’ lo stronzo, ma non è cattivo. Davvero. Abbiamo soltanto…discusso.»

«Quindi voi due state ancora insieme?» Chiedo.

Mi rendo conto di apparire più interessato di quanto dovrei, ma non posso proprio farci nulla. Scuote la testa ridacchiando.

«Perché me lo chiedi?» E mi lancia un sorriso malizioso.

Perché non imparo a tenere la bocca chiusa? Non ci so proprio fare con la diplomazia. Mi stringo nelle spalle e fingo di cadere dalle nuvole.

«Niente, così,» balbetto, senza dubbio peggiorando le cose, il viso rosso di imbarazzo.

Decido di tacere e far partire la prima traccia che capita, senza nemmeno sentirla. Così, giusto per evitare di sprofondare ancora di più nelle sabbie mobili della mia inettitudine sociale. Nonostante la musica alta e la pessima figura che mi incasina i pensieri, i miei sensi sono comunque all’erta quando sale il gruppetto che temevo. Il tipo a cui hanno fatto quella divertente seduta di make up ha cambiato posto e si è seduto proprio alle mie spalle, seppellendosi a tal punto nel sedile, che non lo vedrei nemmeno se mi arrampicassi sul poggiatesta. Loro si fanno strada nel corridoio come se stessero facendo un regalo al conducente e a tutti i passeggeri, deliziandoci con la loro rumorosa presenza. Praticamente una mandria.

Il tipo del pennarello rallenta il passo proprio a un metro da me e mi fissa apertamente, voltando appena la testa per non perdermi di vista mentre procede. Sento il cuore che inizia a martellare nel petto, ma mi sforzo di non darlo a vedere e faccio il possibile per reggere il suo sguardo senza vacillare. Solleva appena un angolo della bocca in un sorriso di scherno e mi supera, con il suo corteo alle calcagna che starnazza come uno stormo di anatre. Non ho idea del perché, ma ho la sensazione che non mi daranno fastidio.

Al suono della campanella della prima ora, tutti si mettono a sedere in fretta, perché oggi c’è latino e la prof non perdona. Penso ancora ai tipi del pullman che stamattina si sono dedicati alle canne sul sedile posteriore, ignorandomi platealmente. Estraggo i libri dallo zaino, mentre cerco decifrare il significato di quell’occhiata. Forse, davvero, la fama che mi porto dietro involontariamente, potrebbe evitarmi qualche rogna.

Credo di essere la persona più insicura che esista sulla faccia della terra, ma quello che penso io non conta; ha importanza solo come mi vedono loro e non ho alcuna intenzione di smentirli. In fondo chi se ne frega, mi basta che non mi rompano le palle. Chri non è ancora arrivato. In ritardo anche oggi o assente?

Mentre mi chiedo come sarà una mattina in banco da solo e mi dico che sarò certamente più rilassato, non dovendo nascondere continuamente l’effetto che mi fa averlo così vicino, Elena mi si avvicina sorridente. Troppo sorridente.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now