33. Conta soltanto questo

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Apro gli occhi e mi rendo conto che stavo sognando. Ero al faro, di notte e avevo paura. C’era Chri con me, ma non riuscivo a vederlo. Le note di un pianoforte, nell’aria. Mi sembra il Notturno di Chopin, op. 9 n. 2, da quello che ricordo delle lezioni prese da bambino, bruscamente interrotto sul finale da un fragore di legno frantumato. Come un pianoforte che si infrange sugli scogli.

Era tutto così reale che, nonostante ora sia completamente sveglio, nel ripercorrerlo vengo colto da un brivido. Fuori dalla finestra, la nebbia si è diradata; c’è solo una leggera foschia all’orizzonte, che sale dal mare calmo come una lastra di ghiaccio, ma il cielo è plumbeo, nell’atmosfera tipica di fine ottobre. Guardo l’ora, sono quasi le tre del pomeriggio. Sono tornato a casa verso le undici, dopo che Chri mi ha lasciato, perché voleva pranzare con suo padre. Mi ha chiesto di unirmi a loro, ma al momento lo trovo ancora decisamente fuori luogo. Va bene fare coming out, ma il fidanzamento in casa mi sembra eccessivo. L’idea mi fa ridacchiare. Sono così felice che non mi sembra vero.

Mi alzo dal letto e mi stiracchio. Sento mia madre canticchiare al piano di sotto. Avrà un appuntamento con il tipo, se è così allegra. Provo una fitta di gelosia, ma la reprimo immediatamente. Ci manca solo che le impedisca di dimenticare quel deficiente di mio padre. A proposito. Una scorsa al display del cellulare e vedo che, mentre dormivo, mi ha già chiamato altre due volte. Okay, la prossima volta risponderò. Promesso. A questo punto, sono quasi curioso.

Ci sono anche tre chiamate di Elena. Chissà cosa vorrà. Mi sa che ha a che fare con stamattina. Scendo le scale di corsa.

«Ciao mamma, faccio un giro in paese.»

Si affaccia alla porta della cucina «sei sempre in giro.»

«Mamma, sono stato in casa fino adesso. Dormivo.»

«Che fai domani?» Merda, domani. Ero riuscito quasi a dimenticarlo, quest’anno.

«Niente, lo sai che non mi piace festeggiare il mio compleanno. Gli altri non lo sanno nemmeno.»

Sorride, poi si fa seria e cambia discorso. «Hai sentito tuo padre? Mi ha chiamata a casa e sul cellulare.»
Scuoto la testa.

«No, non ho sentito il telefono,» mento. Nemmeno io sono mai stato bravo a mentire. Lei alza un sopracciglio.

«Matti, vuole solo parlarti. E credo ti voglia fare gli auguri.» Già, in anticipo.

«E scommetto che tu non gli hai detto che il mio compleanno è domani.» Fa una smorfia.

«Non me l’ha chiesto.»

«Già, non ne ha mai azzeccato uno,» commento.

Mi si avvicina e mi posa una mano sulla spalla. «Mattia, dagli una possibilità. Lo sai che odio difendere tuo padre, ma questa volta ci sta provando. Davvero.»

Non ho dubbi sui suoi sforzi. In fondo, sono io il bastardo, povero padre incompreso.

«Vado, mamma,» mi limito a dire, sbattendo la porta.

Quando sto per appoggiare la bici al muro del bar, Elena esce come una furia e mi trascina dietro l’angolo, senza nemmeno darmi il tempo di chiuderla. La sua espressione è quasi comica.

«Ti aspettavo,» esordisce senza neppure salutarmi.

«Me ne sono accorto,» rispondo, sarcastico. Lei mi ignora.

«Problema numero uno. Cosa cavolo avete detto agli altri, stamattina? Siete impazziti? A parte il fatto che mi avete fatto fare la figura della cretina, la cosa peggiore è che siete diventati l’argomento del giorno. Non parlano d’altro! E sospettano che io sappia qualcosa. Come facevo a fingere? Mi hanno presa alla sprovvista! Cosa vi è saltato in mente, si può sapere?» È sconvolta. Sorrido e le poso una mano sulla spalla.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now