26. Un pomeriggio di giugno

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AVVISO: In questo capitolo sono presenti scene molto forti di Bullismo e Autolesionismo. È una parte molto importante della storia questa e ci terrei che la leggeste ma, in tal caso non riusciste, capisco la difficoltà e vi abbraccio forte. Buona Lettura.

Ricordo quella mattina come se fosse ieri. Ero in seconda. Era una giornata fredda e nebbiosa, l’umidità era alle stelle e ti bagnava i capelli e i vestiti. Come al solito, andai a scuola in bicicletta e arrivai fradicio come se fossi stato sotto la pioggia.

Avevano appena indetto l’autogestione e avremmo occupato la scuola quella notte, così mi ero portato l’occorrente per dormire fuori, sacco a pelo e spazzolino. Entrai in bagno per asciugarmi con un po’ di carta, nel casino generale degli studenti che si spostavano da un atrio all’altro, per raggiungere le aule adibite a sale di assemblea sui temi più vari, dall’ennesima riforma della scuola all’importanza di usare il preservativo. Sinceramente non me ne poteva fregare di meno.

L’autogestione, per me, non era che una scusa per non fare un cazzo, anche se fingevo di essere politicamente impegnatissimo perché comunque faceva figo. So che molti della mia età lo sono davvero, probabilmente diventeranno dei grandi prima o poi. Non era il mio caso. La sola cosa che mi importava era riuscire a districarmi in quel casino che mi sembrava essere la mia vita.

Vedevo mio padre sempre meno, con il fatto che i miei stavano divorziando e, benché facessi di tutto per renderlo orgoglioso, sembrava che la cosa non funzionasse. Tutto quello che c’era altrove, era più importante di me.

Ancora non sapevo delle sue avventure di letto e del fatto che le donne gli interessavano più dei successi agonistici del figlio. Averlo saputo, avrei lasciato molto prima la squadra di nuoto, che odiavo con tutto me stesso.

La sola cosa che mi piaceva era vedere i miei compagni negli spogliatoi in costume (o senza), ma gli effetti collaterali si erano rivelati decisamente fuori luogo e piuttosto difficili da ignorare.

Una volta era pure successa una cosa, con un tipo. Non ci eravamo mai parlati, prima. Neanche quella volta, a dire la verità. A malapena guardati in faccia. Eravamo nella doccia, da soli. Si era avvicinato e aveva iniziato a toccarmi pianissimo, le gocce d’acqua che scivolavano sulla pelle. Ricordo che chiusi gli occhi, prima di iniziare a toccarlo a mia volta. Non sono neanche venuto. Lui sì, quasi subito. Sulla mia mano.

«Grazie,» mi aveva borbottato prima di andarsene, la sua voce una nota stridente nel silenzio dello spogliatoio vuoto. Il suono dell’acqua ormai fredda, i miei capelli gocciolanti.

Sono rimasto lì un’ora, a fissare i rivoli che mulinavano e finivano nello scarico. Non sapevo se sentirmi figo o cosa, nella mia testa c’era un gran casino. Cercavo di non pensarci, ma non ci riuscivo. Non ero il solo. C’erano anche altri, come me. E non solo alla TV, sui social. Erano dappertutto.

Come si era accorto che anch’io ero così? Che mi sarebbe piaciuto così tanto? Non volevo che mi piacesse, non volevo essere come lui. Non volevo saltellare qua e làvestito di rosa e fare la checca isterica. Non volevo essere un frocio.

Volevo che mio padre fosse fiero di me e non lo sarebbe mai stato se avessi lasciato trapelare la verità. E così la smisi. Abbandonai tutte le situazioni a rischio e mi sforzai di fingere.

Quella mattina, nel bagno, c’era un ragazzo. Indossava quegli occhiali con la montatura nera, che su Johnny Depp o Colin Farrell sono sexy da morire, ma su uno sfigato di quindici anni fanno solo nerd senza speranza. Gli nascondevano un paio di occhi scuri vispi, innegabilmente belli. Il resto non era degno di nota: denti sporgenti e maglie larghe sopra jeans sformati.

Chicco non era bello, ma quando penso a lui non riesco a dimenticare i suoi occhi. C’era qualcosa, dentro, una specie di luce che si accendeva solo ogni tanto, ma valeva la pena esserci, quando accadeva. Stava leggendo un vecchio romanzo logoro, seduto sul pavimento, in un angolo. Era la prima volta che lo vedevo.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now