17. Una storia maledetta

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Al rientro, mia madre mi ha accolto con la proposta di una cioccolata calda, nonostante le temperature equatoriali, che ho declinato, benché fossi tentato. Lei è rimasta in salotto a fare zapping, ma io ho una missione da compiere. Le parole di Chri mi hanno incuriosito, anche se sono distrutto.

Il diario è abbandonato sul mio letto, dove l’ho lasciato ieri sera prima di crollare. Lo afferro riluttante e mi metto comodo: una vecchia maglietta logora e diversi cuscini sotto la testa. Avrò bisogno di molto conforto per proseguire, perché il punto in cui ho abbandonato ieri era una palla mortale. Ancora una pagina di dettagli noiosi e termini marinareschi in disuso da un secolo e mollo tutto. Va bene assecondare l’ormone, ma la mummificazione non va più di moda. Invece, dopo solo qualche pagina polverosa, la mia pazienza viene premiata e mi trovo letteralmente catapultato dentro la storia.

Giorno 73

Vento di tempesta da Nord-Ovest. Mare in tempesta, vento incessante. Onde altissime lambiscono il faro. Mentre pulivo il camino dalla fuliggine ho scorto una pietra spostata. Quello che vi era stato nascosto dietro ha fatto accapponare la pelle anche a un lupo di mare come me. Ho bevuto quasi tutta la bottiglia di whisky e ora non mi resta che la birra, per scaldare le mie fredde notti qui. È in preda ai fumi che mi annebbiano la mente che ho la forza di scrivere queste cose. Quello che segue è ciò che ho trovato: Una decina di fogli scritti con mano tremante. Una manciata di capelli aggrovigliati e impiastricciati di una strana poltiglia. Sangue secco. E denti. Denti umani.

Giorno 79

I fogli trovati nel camino sono stati strappati dal giornale di guardia del mio predecessore. Le date corrispondono e anche il tipo di carta. La calligrafia è la medesima. Pensavamo le avesse distrutte, invece le ha conservate insieme alle sue reliquie. È stato trovato morto, sfranto sugli scogli. Pare si sia gettato dalla stanza della lanterna. Questo è quello che mi hanno detto quando ho dovuto sostituirlo da un giorno all’altro. Il resto l’ho saputo leggendo quelle pagine. Resoconti raccapriccianti delle scorribande di un folle. Si avvicinava di soppiatto con la sua piccola barca a remi e si arrampicava sulle navi. Uccideva e trascinava i corpi con sé fino al faro. Nessuno sulla terraferma lo ha mai scoperto. Probabilmente, gli uomini dell’equipaggio avranno dato la colpa della scomparsa dei loro compagni a qualche spettro del mare. Le leggende nate intorno a questi luoghi sono innumerevoli. In cantina nascondeva le ossa spolpate, sepolte sotto le pietre. Ossa umane senza dubbio. Sostiene di aver cucinato la carne e di averla mangiata. A volte anche cruda. Dice che è stato il faro a costringerlo a farlo. Che aveva bisogno di anime per nutrire la luce. Questa mattina, quando mi sono svegliato, il fuoco era acceso, ma io sono certo di aver spento fino all’ultimo tizzone. Senza dubbio il whisky mi ha annebbiato la mente.

Giorno 80

Il gabbiano è morto. Questo luogo è freddo e tetro e qualsiasi cosa io faccia per renderlo migliore fallisce miseramente. Il mare è potente. Può fare innamorare e può fare impazzire. Starci fermi nel mezzo è come essere al centro dell’universo. Lontani da tutto e soli. Immensamente, irrimediabilmente soli. Chi ha vissuto qui ha perso la ragione. Anime deboli. Bisogna essere forti per sopportare la solitudine, bisogna essere folli per sopportarla davvero e continuare a vivere. Io non lo sono più. Non lo sono, da quando l’ho vista. Speravo di rendere accogliente questo luogo per portarla da me. Le ho promesso che l’avrei sposata, che le avrei dato la felicità. Ma lei non può vivere qui se non cambio le cose. E io non posso andarmene, questo è il mio posto, il mio lavoro. Il faro non vuole che me ne vada. Non me lo permetterà mai. Mai. Chi vive qui deve restarci per sempre, oppure morire. Giorno 81 Un motivo suonato al pianoforte. Monotono e triste. L’ho udito tutta la notte, raggomitolato tremante dentro il mio letto. Questa volta non era il vento, ne sono certo. Non sono mai stato credente, ma ho trascorso le ore di veglia pregando. Qualcuno ha fumato la mia pipa, ma io non ricordo di averlo fatto. Il whisky è finito.

Giorno 82

È arrivato il battello dei rifornimenti. Mi hanno trovato dimagrito e stralunato. Mi hanno chiesto se sto bene e ho mentito. Non voglio ammettere la verità, ma ho paura. Ho chiesto di raccontarmi qualche leggenda sul faro e un marinaio è rimasto con me a pescare e mi ha accontentato. Tutti. Sono morti tutti. Sedici guardiani e tre mogli, che vivevano qui con loro. Una di loro pare fosse una pianista, ma del piano nessuna traccia. Si dice che il marito l’abbia fatto a pezzi e gettato in mare, dopo averla uccisa. Morti violente, suicidi. Deliri. Parlavano di fantasmi, di strane musiche udite nella notte, di gemiti e lamenti e rumori nella stanza della lanterna. Trovavano il tabacco sparso sul tavolo, la pipa sporca dopo averla ripulita e riposta, il fuoco acceso, i tizzoni ardenti. Ho pensato che, forse, si sono lasciati influenzare dai racconti, ma io queste cose le ho viste prima che me le raccontassero. Mi hanno chiesto di nuovo se sto bene e se ne sono andati. Ho pianto, appollaiato su uno scoglio, fino al calare del sole e poi sono andato ad accendere la lanterna. Mi hanno lasciato una lettera di Alice. Vuole venire da me. Questo luogo non fa per lei, ma per me andarmene ora è impensabile. Dice che arriverà con il prossimo battello e che chiederà al capitano di sposarci. Non posso permetterglielo, ma non ho nemmeno la forza di impedirglielo. Dio veglia su tutto. Non mi sono mai sentito tanto solo.

Giorno 87

Morti. Sono morti tutti. Il piano ha suonato tutta la notte. Poi, il fragore del legno sugli scogli. Una, due, tre volte. Ho pianto. Sto piangendo anche ora, le lacrime che inumidiscono la carta. L’inchiostro si allarga come una macchia indistinta che divora le parole. Chopin. Non conosco la musica, ma so che è Chopin. Alice. I morti. Sono morti tutti. Morirò anch’io, lo sento. Il Faro non mi permetterà di andarmene, non posso andarmene. Non posso lasciare il Faro. Lui non mi lascerà andare. Alice, mio Dio. Non può venire qui. Giorno 90 Il mare ha parlato, stanotte. Gemeva, dolente. Il vento urlante lambiva le onde che si infrangevano sugli scogli. Mi fa impazzire, la voce del mare. Forse è così, sto impazzendo. Pazzo, sono. Devo andarmene. La lanterna si accende da sola, io non ricordo, non ricordo di averlo fatto. Non ricordo. Hanno messo qualcosa nel whisky, lo sento. Stanno cercando di farmi impazzire. Uccidermi? È questo che vogliono? Ah sì, maledetti. Giocano con la mia mente. Stanno cercando di farmi ammattire. Stanno cercando di uccidermi. Maledetti. Maledetti. Maledetti. Maledetti. Maledetti. Maledetti. Maledetti. Maledetti. Chopin No, non ci riusciranno. Li ucciderò io. Le loro anime nutriranno la luce. La mia è nera, ormai. L’Anima è nera. Il Whisky è finito. Io sono finito.

Dopo due pagine di parole illeggibili e macchie d’inchiostro confuse, il diario si interrompe bruscamente, senza spiegazioni. Rabbrividisco, nonostante il caldo. Fuori, l’alba colora già cielo e mare. Il pensiero di andare a scuola dopo una notte in bianco ha i contorni dell’incubo, ma dormire un’ora è peggio. E poi, chi ce la fa a prendere sonno dopo una lettura del genere?

Scorgo il faro dalla mia finestra e mi coglie un altro brivido. Scendo in cucina in punta di piedi e mi faccio un caffè da combattimento, poi mi butto sotto la doccia e ci resto fino al momento di uscire di casa.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now