5. Fuoco e musica

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Camminiamo avvolti dall'oscurità. La sabbia vellutata che si insinua tra le dita e il profumo di legna bruciata mi invadono i sensi. Al centro della spiaggia, il fuoco getta attorno a sé minuscole scintille dorate e tinge le tenebre di un chiarore rossastro. C’è un sacco di gente, saranno almeno cinquanta persone.
Quelli che ho già conosciuto sono seduti su tronchi, posti a semicerchio intorno alla buca scavata per proteggere le braci dal vento, e lanciano al cielo risate e grida che si perdono nel silenzio della notte. Qualcuno è già brillo. Bud barcolla senza meta e quando ci vede alza le braccia al cielo. «Le birre finalmente! Sia lodato il dio del malto!» Ci corre incontro e ci strappa le confezioni di mano. «Queste vanno messe in ghiaccio, ragazzi, sono calde come lava,» precisa, dirigendosi verso una piscina gonfiabile piena di bottiglie, che galleggiano in un acquitrino di ghiaccio sciolto e sabbia. E Dio solo sa che altro. Mi volto e Elena non c’è più; alzo la mano in quello che mi sembra un cenno di saluto piuttosto goffo e mi siedo sul bordo di un tronco, la chitarra ancora appesa alle spalle.

«Ehi, suonaci qualcosa, bomber!» Mi esorta il ragazzo castano, dandomi un colpetto sulla spalla.

«Luca smettila di vagare e passami le cartine,» aggiunge, mettendo le mani a coppa intorno alla bocca per farsi sentire sopra le voci degli altri. Mi pare sia quello che chiamano Alex.

«Okay.» Almeno faccio qualcosa, penso. Estraggo la chitarra dalla custodia e, lentamente, inizio ad accordarla, una corda alla volta.

Vorrei guardarmi intorno, vorrei individuare la sua posizione, ma non ne ho il coraggio. Ancora non l’ho visto e inizio a temere che non ci sia. Penso già di tornare a casa, quando Alex mi allunga qualcosa.

«Tieni, accendi.» Scuoto la testa, perplesso. L’ultima volta che ho fatto un tiro da una canna ho rischiato di soffocare. Non ho voglia di ripetere l’esperienza. Men che meno davanti a tutti loro.

«No grazie. Non fumo.» Mida scoppia a ridere.

«Non esiste, sai? È il tuo primo falò, devi accendere la tua prima canna con noi.»

«E dai Metropoli, non farla tanto lunga. Non dirmi che in città non vi fate le canne! Qui è il solo passatempo che abbiamo, a parte il sesso.» La sua voce.

Alzo gli occhi e lo vedo, esattamente di fronte a me. C’è sempre stato o è arrivato ora? La luce del fuoco disegna ombre sul suo viso e getta bagliori sulle lenti scure che porta ancora, nonostante sia notte fonda. Gli altri ridono per la sua battuta, ma lui resta serio. È seduto sulla sabbia, le gambe stese, la schiena appoggiata al tronco alle sue spalle. I suoi piedi nudi quasi sfiorano i miei. Elena è praticamente sdraiata su di lui e intreccia le dita nei suoi capelli. Perché il solo fatto che mi abbia rivolto la parola, mi fa venire voglia di accontentarlo in tutto quello che mi chiede? Mi volto verso Alex.

«Perché ti chiamano Alex? Trasformi in oro quello che tocchi?»

«Lo puoi dire forte, fra! Guarda che cannetta che ti ho tirato su.» Sorrido.

«Okay, la accendo. Ma vi avviso che sono un novellino, perciò siete autorizzati a ridermi in faccia.»

«Questo è il minimo, ma poi ti offriamo una birra!» Mi passa la canna e, contemporaneamente, mi dà una pacca amichevole sulla spalla.

«Mi sembra equo.» La accendo e, miracolosamente, non tossisco. Anzi, non mi dispiace nemmeno. Devo ammettere che praticamente non aspiro, ma faccio qualche tiro prima di decidermi a passarla.

«Dai Metropoli, non ti ci affezionare! Passa quella canna! Ehi, Alex, hai creato un mostro.» Questa sera Chri sembra di buon umore. La cosa mi rende esageratamente felice.

«Lo so, ho un talento naturale nel condurre i savi e gli onesti alla perdizione,» gli risponde Alex.
«Tieni, cittadino, bevi. Te la sei guadagnata,» aggiunge rivolto a me, passandomi una birra.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now