19. Fantasmi dal passato

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Il sabato mattina mi sveglio all’alba, ma non è che abbia dormito poi molto. Avevo il terrore che la sveglia non suonasse, che mi passasse l’ora, qualsiasi cosa che mi impedisse di presentarmi in spiaggia alle sette e mezza, zaino in spalla e costume.
Come da istruzioni di Chri.

Non avevo avuto il coraggio di ricordarglielo e temevo che lui l’avesse dimenticato, perché non ne aveva più fatto parola. Ieri sera però, poco prima di tornare a casa, mi ha seguito dentro il bar deserto, nel momento in cui sono entrato a prendere una cosa da bere. Appoggiato al bancone, ormai senza speranza, avevo il morale sotto le scarpe.

Mirta era nel retro a cercare una lattina fresca, perché si era rotto il frigo del bar. Ho sentito una presenza alle spalle e mi sono voltato. «Dovresti fare il ladro,» ho borbottato con una risatina, per mascherare la sorpresa. Lui ha sorriso. «Allora, Metropoli, ci stai ancora per domani o hai cambiato idea?» «Certo che ci sto,» ho risposto, con una voce ferma che mi ha dato una certa soddisfazione. «Perfetto. Sette e mezza alla spiaggia, solito posto, zaino, telo e costume. Porta qualcosa da mangiare, okay?» Ho annuito. In quel momento è rientrata Giulia.

Chri mi ha fatto l’occhiolino ed è uscito, senza ordinare nulla. Era entrato soltanto per parlare con me. In privato. Il nostro piccolo segreto. Non ho pensato ad altro per tutta la notte.

Mi alzo, mi faccio una doccia e mi infilo il costume sotto un paio di jeans talmente stracciati, che mi chiedo come abbiano fatto a sopravvivere a mia madre e alle sue incursioni per eliminare il superfluo (per far posto ad altri libri, sospetto).
Sopra, una maglietta degli Smashing Pumpkins e la solita felpa grigia con cappuccio. Prendo pure una coperta, a quest’ora c’è un freddo insopportabile.

Nello zaino, oltre al telefono che ormai uso soltanto per ascoltare la musica, metto qualche panino che mi sono preparato ieri sera, quando mia madre era già a letto, per non destare sospetti. Afferro un paio di candele dal ripiano sopra la scrivania e un accendino. Penso che potrebbero tornare utili.

Esco di casa mentre la mamma è ancora nel mondo dei sogni. Chissà che mi inventerò per giustificare l’intera giornata fuori. Magari dirò che mi sono fatto un giro al centro commerciale di C. con gli altri. Niente di troppo elaborato, in questi casi. Sono in anticipo di venti minuti e mi preparo ad aspettare, ma vedo che Chri è già lì, ad armeggiare con la barchetta scrostata che ho visto il primo giorno qui.

Mi acciglio «Mi vuoi dire che devo salire su quella bagnarola?» Chiedo.

Alza gli occhi e mi sorride. Non porta neppure gli occhiali da sole, oggi. Giurerei che è felice di vedermi e io mi sciolgo completamente. Chiedimelo guardandomi così e vengo anche nel Mare di Bering, a fare la pesca dei granchi reali su una zattera.

«Buongiorno, sei in anticipo.» Abbassa lo sguardo sulla barca e poi lo sposta di nuovo su di me. Si stringe nelle spalle. «Beh, sì, ti presento il nostro mezzo di trasporto. A meno che tu non voglia venire a nuoto.»

«Fa freddissimo,»mi lamento, tanto per dire qualcosa. E, almeno alle mie orecchie, suona molto stupido. Tutti i pensieri che mi sono fatto su di lui in questi giorni, mi si stanno pericolosamente rivoltando contro.

«Già. Dai, arrotolati i pantaloni e dammi una mano a trascinare in acqua la bagnarola, così partiamo. Ehi, hai mica un pennarello?» Mi acciglio.

«Sì, perché?»

«Dammelo,» mi ordina sbrigativo, studiando lo scafo mentre agita due dita nella mia direzione, in attesa.

Rovisto nello zaino ed eseguo. Lo afferra senza guardarmi; poi, si inginocchia a terra e scrive qualcosa sul lato destro. Tribordo? Babordo? Non ne ho idea. Mi avvicino per leggere. “Bagnarola”. Lascio andare una risatina.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now