20. Il faro

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Chri attracca la barca alla scaletta arrugginita che spunta tra le rocce. È fissata a una struttura di cemento che affonda fino dentro il mare, per poi trasformarsi in una scalinata di pietra vera e propria, che arriva fino alla porta della casetta del guardiano.

L’isoletta su cui è appollaiato il faro non è che un enorme scoglio nudo, di roccia scura, con qualche ciuffetto di vegetazione qua e là, ma per lo più deserto e inospitale. Il faro stesso è una costruzione in pietra, un tempo forse dipinta con una pittura bianca, ora annerita e scrostata in più punti. Senza scendere dalla barca, Chri inizia a spogliarsi.

«Che fai?» Chiedo.

Non che mi infastidisca, ma la temperatura è ancora bassissima e il pensiero che voglia tuffarsi tra questi scogli un po’ mi lascia perplesso.

«Secondo te? Faccio il bagno,» mi risponde ridendo «sono sudatissimo dopo questa sfacchinata e ti assicuro che non avremo tanta voglia di scendere subito, dopo aver salito le scale.» Mi indica la scalinata in pietra.

Effettivamente, è abbastanza lunga. E ha l’aria di essere ripida e scivolosa come l’inferno. Va bene, mi dico. Niente bagno. Se ne parlerà al ritorno.

«Fai pure, io ti aspetto qui.»

«Non esiste, Metropoli. Dai, tuffati. Non mi farai mica fare il bagno da solo?» E come si fa a dirgli di no?
Fosse vestito ce la potrei anche fare, ma così è sleale.

Lascio andare un lamento e inizio a sbottonare i jeans. Per un attimo, mi sembra di sentire il suo sguardo su di me, ma quando mi volto sta armeggiando nello zaino. Scuoto la testa e sospiro. Se continuo così impazzisco.

«Allora sei pronto o no?» Non ho ancora avuto la forza di spogliarmi del tutto. Ho la pelle d’oca e temo che l’acqua sia ghiaccio liquido.

«Arrivo! La pazienza è una caratteristica che non ti appartiene, vero?» Lo ammonisco infastidito.

Lui sembra divertirsi un mondo. «No, me lo dicono tutti. Comunque puoi restare lì un’altra ora, ma non tornerà l’estate. E rilassati, l’acqua è meno fredda di quanto credi.»

Noto che non si è ancora tolto la sciarpa che tiene intorno al collo; il solo indumento che gli è rimasto a parte il costume. Dovrebbe sembrarmi ridicolo, ma l’effetto che mi fa è tutt’altro. Mi decido a togliere felpa e maglietta in un colpo solo, soprattutto perché devo assolutamente smettere di fissarlo, ma me ne pento immediatamente.

«Cazzo, che freddo,» impreco, la testa intrappolata nella stoffa e il torace sferzato dal vento gelido.

Chri ride e si tuffa. La barca ondeggia pericolosamente e gli schizzi d’acqua mi colpiscono come piccole schegge di ghiaccio. Quando mi volto a guardare, cercando invano di domare i brividi, la sciarpa è lì, sul fondo della barca, ma Chri è già in acqua, visibile solo dal mento in su. Penso ancora per un istante a quei segni, che per un po’ avevo dimenticato e vorrei fare qualcosa per lui. Ma lui vuole essere aiutato? Non lo so.

«Ti muovi?» Mi grida dall’acqua.

Chiudo gli occhi, trattengo il fiato e faccio quello che non avrei mai fatto di mia spontanea volontà. Decisamente, l’ormone è più forte di qualsiasi pensiero razionale. L’acqua è effettivamente più calda di quanto mi aspettassi, ma molto più fredda del livello di tolleranza del mio corpo. Quando riemergo mi trovo a pochissimi centimetri dal suo viso, tanto vicino da distinguere le goccioline impigliate alle ciglia. I suoi occhi sono di un colore incredibile.

Deglutisco e benedico le basse temperature che tengono a bada reazioni altrimenti incontrollabili. Per un attimo resto lì, inebetito. Dio cosa darei per baciarlo adesso. Le sue labbra salate, i capelli gocciolanti appiccicati alla fronte, le sue guance scavate ricoperte da un velo di barba. Il cuore inizia a battere così forte che temo che le vibrazioni passino attraverso l’acqua e lo raggiungano. Lui sorride e io credo che non ce la potrò fare a controllarmi ancora.

Universo Dentro - Zenzonelli VersionWhere stories live. Discover now