Dodici

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La settimana successiva, un pomeriggio, Veronica dovette recarsi da Claudio e Fabrizio per aiutarli con un gruppo di turisti inglesi. Barbara, la scorbutica signora a cui i due pagavano l'affitto, aveva chiesto loro di far visitare il quartiere ai figli di alcuni suoi vecchi amici trasferitisi in Inghilterra quarant'anni prima.

Sfortunatamente i loro figli parlavano quasi solamente inglese e i due coinquilini, disperati, avevano chiesto aiuto a una di noi. Veronica scelse di andare per fare pratica con la lingua, mentre io studiai un'oretta e poi decisi di andare a trovare Gianna.

Andai da lei a piedi dato che casa sua non era molto distante dalla nostra. Quando bussai, purtroppo, mi aprì Geneviève.

«Chi si rivede, l'amica degli spagnoli!» squittì acidamente.

Cercando di mantenere la calma e la buona educazione la avvisai del fatto che stessi cercando Gianna, la quale fortunatamente si avvicinò a noi sentendoci parlare.

«Sofia!» esclamò allegramente oltrepassando Geneviève per potermi salutare «Come mai qui?»

«Nessun motivo in particolare, sono venuta a trovarti» risposi semplicemente.

«Bene, vi lascio alle vostre cose!» si intromise la brunetta irritata rientrando e chiudendo subito il portone.

Gianna cercò di ribattere prima che Geneviève sparisse, ma la fermai. «Lascia stare, non preoccuparti. Possiamo anche farci un giro.»

Lei sospirò amaramente e annuì, per poi allontanarsi da casa facendomi cenno di seguirla.

«Non ce la faccio più, seriamente! Non le sopporto» sbraitò quando fummo abbastanza lontane «Anno nuovo, vita nuova. Si cambia casa!»

Rimasi colpita dalla sua improvvisa determinazione. «Oh, brava! Questo è parlare.»

«Grazie, Sofì. Ma cambiamo argomento, che forse è meglio.»

Non le diedi affatto torto, infatti iniziammo a parlare di tutt'altro mentre percorrevamo le vie del quartiere: musica, università, esami, anni del liceo, ricordi d'infanzia... E figuracce.

Raccontai a Gianna della mia caduta dalla scala della settimana prima e lei non fece altro che ripetermi quanta fortuna avessi avuto ad avere dietro Juan e Fernando che erano prontamente intervenuti. Aveva più che ragione, almeno c'era stato un lato positivo.

Passammo davanti alla pizzeria in cui lavorava Juan. In quel momento era chiusa in quanto era ancora pomeriggio, ma avrebbe aperto un'oretta dopo e quella sera in base ai turni ci sarebbe stato lui lì.

«Stasera Juan lavora, giusto?» osservò infatti Gianna.

Annuì. «Sì, lavora due o tre sere a settimana.»

«Certo che qualche volta potrebbe pure offrircela una pizza!» scherzò la mia amica.

«Non è detto che non lo farà» sorrisi divertita.

Gianna sorrise a sua volta e continuammo a camminare rimanendo in silenzio per un po', fino a quando lei non mi rivolse una domanda, la fatidica domanda.

«Sofia... Potrei chiederti una cosa?»

«Certo, dimmi.»

Lei prese fiato e sospirò. «Sei mai stata innamorata?»

Spalancai un istante gli occhi a quella domanda inaspettata, poi sospirai anche io ripensando a Juan e le risposi.

«Sì... Direi di sì. E tu?»

«Anche io» ribatté Gianna pensierosa guardando verso un punto fisso.

Rivolsi lo sguardo verso il punto in cui guardava e vidi un ragazzo alto e moro attraversare dall'altra parte della strada.

Encanto [INCONCLUSA] (2015-2017)Where stories live. Discover now