2. Seconda settimana di Luglio

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Alla Città Celeste non si contavano i giorni, ma le settimane. Era la seconda settimana di Luglio quando una mattina Etnia, svegliandosi, sentì qualcosa di inusuale nell'aria.
Ebbe l'impressione che un evento molto diverso dal solito si sarebbe verificato di lì a poco; una lieve sensazione di disagio pesava sul suo stomaco in modo fastidioso. Era piuttosto preoccupata, perché non le era mai capitato di percepire quella strana sensazione.
Si girò più volte da un lato all'altro, attorcigliando le lenzuola sulle sue gambe; poi, finalmente, si alzò dal letto svogliatamente, e trascinando i piedi raggiunse il bagno dove si lavò la faccia con l'acqua fresca del rubinetto. Osservò la forma rotonda e graziosa del suo viso riflesso nello specchio, ed istintivamente si mise a sorridere. A differenza delle sue amiche, che non facevano altro che lamentarsi del loro aspetto, lei si sentiva piuttosto a suo agio con il proprio corpo. Era giovane e carina, di che cosa avrebbe dovuto preoccuparsi?
All'improvviso fu scossa da un tremito quando si ricordò di avere un appuntamento con Ashley quella mattina. Che stupida, se ne era completamente dimenticata!
Corse a vestirsi ed uscì di casa, strizzando gli occhi non appena il sole cocente di Luglio raggiunse la sua pelle. Le temperature erano molto alte, specialmente d'estate; per questo le strade della città erano tappezzate di getti d'acqua che potevano essere azionati da un semplice pulsante. Ogni edificio, inoltre, era munito di sofisticati impianti di raffreddamento.
Etnia uscì in strada quasi correndo, e si diresse in fretta e furia verso la piazza.
-Dove vai scema?!- gridò dalla finestra il suo fratellino, agitando le mani. Lei si voltò indietro rispose con un gestaccio. -Affari miei!- esclamò. Il loro rapporto era un po' particolare: si volevano molto bene, nonostante l'apparenza. Tim ed Etnia erano molto legati tra loro, soprattutto perché lei era stata per il fratello più piccolo una specie di esempio, un obbiettivo da raggiungere. Anche se non lo ammetteva, la stimava moltissimo.
-Lo dico alla mamma!- gridò ancora il bambino, facendo una rumorosa pernacchia.
-Dillo a chi vuoi!- concluse la ragazza, riprendendo a correre per la sua strada. Accelerò la sua corsa nonostante il caldo le stesse già facendo sudare la fronte, e stette attenta a non colpire nessuna delle persone ferme per strada a bagnarsi sotto ai getti.
In pochi minuti raggiunse la piazza, dove si fermò a riprendere fiato accanto alla grande statua posta al centro. Puntò i palmi delle mani sulle ginocchia ed inspirò più volte l'aria calda che aleggiava attorno a lei. Alzò poi la testa, e con lo sguardo cercò Ashley.
Era la sua migliore amica, o almeno tale la definiva da un paio d'anni ormai. Andavano sempre in giro assieme, e nonostante il cerchio di ragazze attorno e sé variasse di anno in anno, sia perché alcune sceglievano altre amicizie sia perché altre si trasferivano da altri lati della città, Ashley era l'unica rimasta sua amica sempre.
Adesso, però, sembrava non esserci.
-Che cavolo- esordì Etnia -Eppure mi aveva dato appuntamento per stamani...-. Si girò intorno più volte, ma il suo sguardo non incrociò mai quello dell'amica. Aguzzò la vista e scrutò ogni singola faccia, vagando con lo sguardo nel mezzo della folla che si accalcava in vicinanza dei getti d'acqua; ma nulla.
Ashley non c'era.
"Possibile che mi sia sbagliata?" si chiese Etnia, sbuffando rumorosamente. Sentì una goccia di sudore scendere giù dalla sua fronte, e si diresse verso gli altri in modo da essere raggiunta dagli spruzzi nebulizzati.
Alla città celeste faceva molto caldo, perché era stata costruita nel bel mezzo di un gigantesco deserto. Si diceva che nessuno aveva mai visto quel che c'era oltre; ma tutti gli abitanti sapevano, per passaparola, che il resto del mondo era solo un cumulo di cenere.
Non c'è nient'altro, la fuori. Solo sabbia e rocce scottanti. Niente acqua, nessuna forma di vita.
Nessun umano sarebbe potuto sopravvivere un solo giorno, fuori dalle mura. Inevitabile la morte, causata dal caldo, dalla sete, e dalle radiazioni.
Tutti lo sapevano. Era una cosa che veniva spiegata ed insegnata anche ai bambini; questo per evitare che qualche individuo munito di eccessiva fantasia potesse mettersi in testa che tentare di scappare per andare alla scoperta del mondo potesse essere una buona idea.
A nessun abitante era concesso di uscire dalle mura. Un inutile suicidio, ecco cosa sarebbe stato.
E probabilmente proprio grazie a quegli insegnamenti nessuno ci pensava; neppure Etnia, che nonostante avesse uno spirito avventuroso amava la sua città e, piena di energia com'era, difficilmente si annoiava.
-Che cavolo...- farfugliò mettendosi in cammino verso casa. Se Ashley non si faceva viva, allora forse davvero aveva capito male; forse l'appuntamento che avevamo fissato era per il giorno seguente.
Abbassò la testa per riparare gli occhi dalla forte luce del sole, e prese a camminare con andatura frettolosa attraversando un imponente massa di persone intente a chiacchierare tra loro. Non appena riuscì ad attraversare il gruppo passandovi in mezzo, accelerò la sua corsa intenta ad arrivare a casa prima possibile, e rimettersi al fresco a leggere il suo libro.
Non poteva prevedere, però, che una persona spuntasse fuori dall'angolo di un edificio in modo improvviso. Non riuscì a fermarsi in tempo e colpì il malcapitato con una spallata, rischiando di cadere lei stessa.
-Oh, mi scusi! Mi scusi tanto!- esclamò preoccupata, poggiando una mano sulla spalla di quello che vide essere un signore piuttosto anziano. Vestiva con una curiosa camicia a scacchi e portava i lunghi capelli bianchi raccolti in un codino. Il suo volto era scavato da molte evidenti rughe, ed un filo di barba percorreva il contorno delle sue labbra pallide.
-Non fa niente- ripose lui, con una tonalità di voce piuttosto fredda. Il modo in cui lo disse, in effetti, lasciò intendere ad Etnia che invece la situazione lo aveva parecchio innervosito.
-È spuntato all'improvviso e....- tentò di giustificarsi la ragazza -Non l'avevo visto... Non volevo-.
Il vecchio la guardò con una strana espressione in volto, poi scosse la testa. -Ho detto che non importa- ripeté, scocciato. -Ma stai più attenta-.
Etnia questa volta restò in silenzio, ed osservò quel curioso individuo girare i tacchi riprendere a camminare per la sua strada. Fu scossa da un brivido quando si sentì afferrare improvvisamente la mano;
-Eccoti quà!-.
Si voltò di scatto; era Ashley.
-Maledizione, dove eri fino ad ora? Ti ho cercata nella piazza ma..-.
-Mia madre rompeva, ha voluto che passassi prima a salutare la nonna... Ecco perché sono in ritardo- si difese l'altra, ridacchiando.
Etnia scosse la testa e sorrise a sua volta. -E quanto ci hai messo a salutare tua nonna? Ti aspetto da mezz'ora, o qualcosa del genere!-.
-Senti, non rompere- ribattè l'altra afferrando l'amica per la mano -E vieni che devo farti vedere il nuovo negozio di vestiti che ha aperto infondo alla strada!-.
Etnia emise un lieve sospiro e si lasciò trascinare via dall'altra, mentre ancora con lo sguardo cercava il profilo del curioso individuo che aveva incontrato poco prima.

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