26. Calma Piatta, Qualcosa Deve Avvenire

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La fioca luce della sera filtrava attraverso le canne che sorreggevano le pareti della capanna, sospesa sul lago. Quando Etnia aprì gli occhi, impiegò alcuni secondi per ricordare dove si trovasse.
Sollevò la schiena avvertendo una fitta di dolore proveniente da tutti i muscoli, conseguenza dello sforzo fisico fatto troppo di recente, e si trovò sistemata addosso una coperta lungo tutto il corpo. Si lasciò un'occhiata attorno, e si rese conto di essere sola.
Nux l'aveva coperta ed era uscito, probabilmente.
Sì alzò in piedi dapprima barcollante e sollevò con timidezza la maglia, per poi osservare ciò che restava del foro del proiettile che l'aveva colpita alla vita qualche giorno prima. La ferita stava guarendo; iniziavano a formarsi i primi accenni di una crosta, e non sembrava essersi infettata.
Seguendo il fascio di luce più imponente si diresse all'uscita della piccola capanna, e si affacciò all'esterno: il sole stava ormai tramontando sul villaggio e la gente del posto si era tutta riunita vicino al porticciolo, attorno ad un grande fuoco. La notte si faceva fredda, in quel deserto.
Unì le mani dietro alla schiena e si avvicinò alla folla, cercando con lo sguardo il profilo snello di Nux. Lo trovò seduto a terra proprio accanto al fuoco, circondato da un gruppetto di bambini che lo osservavano come se fosse una creatura mitologica.
-Ma non li hai mai avuti, i capelli?! - domandava uno di loro.
-Che figata non avevo mai visto un Trivial da vicino-.
Non appena Etnia fu vicina, il ragazzo notificò la sua presenza e si voltò verso di lei. - Ciao, tutto bene? - le chiese, impacciato.
Lei sorrise caldamente, annuendo con la testa. Si mise a sedere a terra vicino al fuoco, proprio accanto a lui, ed intrecci le gambe tra loro.
Dopo pochi attimi, si ritrovò ad osservare le fiamme serpeggianti che parevano danzare intrecciandosi per poi lasciarsi, con i loro colori caldi e accesi. Ascoltando lo scoppiettio della legna ardente, sentì il suo corpo rilassarsi man mano che i suoi vestiti si riscaldavano.
Nux le si avvicinò, e senza dire niente poggiò la testa sulla sua spalla mettendosi a sua volta a fissare il fuoco. La ragazza si sentì lievemente in imbarazzo ma lo lasciò fare, restando ferma in silenzio.
-Ci riuniamo a cena- annunciò uno degli abitanti, con entusiasmo - Venite, nella capanna laggiù-. Indicò con il dito una delle costruzioni più grandi del villaggio, ove in molti si stavano già dirigendo.
Etnia si alzò in piedi entusiasta; la sua pancia era vuota da troppo tempo, aveva una fame tremenda. Si voltò indietro, tuttavia, quando si accorse che Nux era rimasto a sedere.
-Non vieni? - gli chiese.
Lui sollevò gli occhi chiari. - Non hanno dello spray nutriente-.
-Oh- farfugliò lei aggrottando la fronte. Stava per chiedere se non potesse mangiare in modo normale, ma preferì tacere quando realizzò che quel ragazzo probabilmente non aveva mai ingoiato cibo solito nella sua intera vita, dunque il suo sistema digerente doveva aver avuto qualche tipo di... Adattamento.
-E come fai? Non hai fame? - si limitò a chiedere, chinandosi a terra per tornare ad avvicinarsi a lui. Nux scosse brevemente la testa - Io non sento la fame, lo spray serve solo per darmi le energie.. -. Sorrise lievemente. - Non pensare a me, vai a mangiare- concluse.
La ragazza parve pensare per una manciata di secondi, poi annuì. - Ok, ma torno subito- concluse.
Si diresse assieme agli altri abitanti alla capanna di raccoglimento, dove trovò un enorme pentolone riscaldato da un falò, all'interno del quale le anziane del villaggio avevano cucinato quello che pareva essere un minestrone. Adesso lo stavano distribuendo a tutti, con l'ausilio di un grosso mestolo di legno.
Etnia recuperò una ciotola vuota e si avvicinò.
-Ecco a te, ragazza- le disse la vecchia signora, versando la sua porzione di liquido denso e caldo - Non è molto, ma è tutto quello che possiamo darti-.
-Vi ringrazio infinitamente- rispose lei, che in quel momento vedeva quella ciotola di minestrone come la cosa più buona del mondo.
Stando bene attenta a non farla cadere, portò la sua ciotola fino ad un tavolo e si mise a sedere, china con la testa ad annusare il profumo delle verdure cotte.
Sollevò il cucchiaio soffiando per raffreddare il cibo, e se lo portò alla bocca. Finalmente del cibo, dopo tutto quel tempo e tutta quella fatica.
Consumò quel modico pasto con voracità, finché giunta all'ultima cucchiaiata non fu interrotta dalla voce di un uomo che la stava osservando con i pugni puntati sul tavolo.
-Tu vieni dalla città celeste, si vede lontano un miglio-.
Etnia sollevò lo sguardo; era un uomo sulla quarantina, vestito di stracci. - Ma tranquilla, non voglio dirlo in giro... Gli altri non la prenderebbero molto bene-.
A quel punto, per la ragazza fu quasi istintivo porre una domanda. - Per quale.. Motivo? -.
L'uomo si fece una grassa risata. - Sei proprio ingenua, tipico della tua razza- esordì. Poi si chinò lentamente, avvicinando la bocca al suo orecchio per poterle sussurrare una frase. - Voi cittadini siete odiati da tutti quanti da queste parti-. Indietreggiò lievemente. - Con i vostri visi perfetti... I vostri vestiti nuovi... Le vostre vite perfette-. A quel punto sorrise, ma in modo piuttosto maligno. - Siete come dei pidocchi sul mondo. Vivete sulle spalle degli altri, godete degli sforzi dei poveracci-.
-Hei, basta così-.
La voce di Nux interruppe in modo improvviso la conversazione.
Etnia si voltò verso di lui e si sentì incredibilmente sollevata dalla sua presenza. Il ragazzo la afferrò per un braccio e la trascinò verso di sé.
-Un Trivial, questa è bella- continuò l'uomo, che ancora non si era dato per vinto. - Che diavolo ci fanno uno schiavo e una principessa in questo buco dimenticato da Dio? -.
Nonostante l'evidente provocazione, Nux non rispose ma si limitò ad abbandonare la capanna seguito da Etnia, che non faceva che guardarsi indietro per essere sicura che quell'individuo non avesse in mente di seguirli.
-Idiota...- farfugliò la ragazza, abbassando lo sguardo.
Nux si fermò in mezzo alla strada sterrata che percorreva il paese dividendo le baracche di bamboo, e si voltò verso la compagna di viaggio.
-Forse è il caso di non dividerci più- si limitò a dire.
La ragazza non poté fare a meno di sorridere sotto i baffi; trovava estremamente carino il fato che si preoccupasse così tanto per lei.
Non aggiunse altro, ma si diresse in direzione della capanna nella quale erano stati invitati.
Nel piccolo villaggio c'era l'energia elettrica, che avevano ottenuto con l'ausilio di un generatore. Ogni casa aveva una singola lampada interna, per evitare un sovraccarico dell'impianto. Le luci erano utili a scacciare gli animali selvatici ed evitare l'intrusione di qualche individuo dalle cattive intenzioni.
Nux attese l'arrivo di Etnia prima di sistemarsi sotto alla coperta e spegnere la luce. Lei fece lo stesso, e si ritrovò distesa ad un palmo di distanza. Era così vicina che poteva sentire il sottilissimo rumore generato dall'aria che entrava ed usciva dalle sue labbra ricoperte di cicatrici.
-È bello, stare in un letto- farfugliò.
Etnia annuì. - Si, è una cosa che ho sempre adorato... Ma non avevo mai capito quanto fosse preziosa finché non l'ho persa... Come tutto il resto, direi-.
Nel pronunciare quelle parole non riuscì a non pensare alla sua famiglia. Ai suoi genitori, uccisi come animali da macello, ed al suo amato fratellino che adesso era chissà dove.
Sospirò pesantemente, ed una lacrima solcò la sua guancia facendola singhiozzare. Un malessere generale invase l'intero suo corpo; lo stomaco si rivoltava solo al pensiero che la sua vita era diventata un incubo così, da un giorno all'altro.
Non più di qualche secondo dopo aver asciugato quella timida lacrima, si sentì avvolgere dalle braccia di Nux.

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