21. Sei tutto ciò che mi resta

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Punto X del C.E.T.: Le regole contenute nel C.E.T. (Codice Esistenziale dei Trivial) sono indiscutibili.
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Etnia trattenne il fiato, e pensò che avrebbe voluto morirci, in quell'abbraccio.
Non aveva più la forza, né il coraggio, di affrontare quella che ormai era diventata la cruda realtà. Tutto era accaduto in modo così veloce e violento, che adesso accettare quegli avvenimenti era per lei impossibile. Si sentiva uno straccio, un guscio vuoto senz'anima.
Nonostante questo, le braccia di Nux che avvolgevano il suo corpo le impedivano di crollare; per quanto orribile e spaventosa potesse essere la realtà, sapeva che lui sarebbe rimasto lì, al suo fianco. Sarebbe stato il suo appiglio, la sua ancora di salvezza.
La ragazza emise un lento sospiro, e si trattenne dal piangere per l'ennesima volta. Doveva essere forte, adesso; disperarsi, non sarebbe servito a nulla. Con la testa poggiata sul suo petto, poteva sentire il battito accelerato del cuore di Nux; e quel suono, le ricordò la frase che lui aveva pronunciato poco prima.
"Tu sei viva".
Loro, loro era entrambi vivi. Nonostante tutto ciò che avevano passato, i loro cuori battevano ancora entrambi. E questa non era forse una speranza? Non era forse un'ultima possibilità, che sarebbe stato stupido buttar via?
-Ti chiedo scusa...- farfugliò, chiudendo gli occhi.
Lui non disse nulla, perché non aveva bisogno di quelle scuse. Sapeva bene che cosa lei stesse provando; emozioni orribili che per lui non erano affatto sconosciute.
Etnia restò ancora avvolta in quell'abbraccio, immobile, per un tempo indefinito. I pensieri nella sua mente si ricomposero pian piano, mentre recuperava la calma; come tanti tasselli, composero un puzzle.
I suoi genitori erano morti a causa sua.
Suo fratello, probabilmente, era stato ucciso a causa sua.
Ed... Si era sacrificato per salvarla.
-Sono stata stupida...- farfugliò, con voce tremante. Fece un piccolo passo indietro, sciogliendo l'abbraccio, e guardò Nux dritto negli occhi. -È come se li avessi uccisi io... Tutti quanti...-.
Il Trivial la guardò attentamente. I suoi occhi azzurri avevano un aspetto triste, un pò vuoto. -E invece no... Sono stati... Loro- rispose, con voce neutra.
La ragazza annuì vagamente, senza smettere di guardarlo.
Sì... Loro.
Percorse con gli occhi ogni cicatrice che il ragazzo portava sul volto, e realizzò che gli assassini della sua famiglia erano gli stessi che avevano fatto del male a lui. Forse non le stesse persone, ma comunque pedine che giocavano a favore del "sistema".
Era stato il sistema, a portarle via tutto. Avevano distrutto la sua vita soltanto perché era venuta a conoscenza della verità. Solo questo era bastato a causare tutto quell'orrore, tutta quella disperazione.
-Ho perso tutto...- farfugliò ancora Etnia, abbassando lo sguardo a terra, ove le sue scarpe si posavano sulla sabbia rovente.
Nux non disse nulla, ma si voltò a scrutare l'orizzonte con aria pensierosa; per la prima volta, forse, avrebbe potuto raggiungerlo.
La ragazza, tuttavia, richiamò nuovamente la sua attenzione, con la frase che pronunciò subito dopo.
-Sei... Sei tutto ciò che mi resta-.
Sulla bocca del Trivial comparve un sorriso appena percettibile; ma i suoi occhi si illuminarono. Probabilmente quella era la prima volta che si rendeva conto di essere importante per qualcuno; non era più solo uno schiavo, un oggetto, una bestia ubbidiente. Adesso era... Una persona. Come tutte le altre.
-Dobbiamo cercare una città, o moriremo di sete quà fuori- disse, questa volta con aria determinata.
La ragazza annuì. -Sai dove sono?-.
Lui aggrottò la fronte. -Hmm... No. Ma so come raggiungere le rovine-.
-Le rovine?- esordì lei.
-Sì... I resti di una vecchia città. Quello è il luogo di rifornimento di tutti gli insediamenti vicini quindi... È probabile che troveremo qualcuno in grado di mostrarci la via-.
Etnia ragionò in silenzio per qualche manciata di secondi, poi annuì ancora. -Può funzionare.... Quanto è distante?-.
-Se partiamo adesso.... Saremo là entro due ore-.

.................

Il calore rovente della sabbia attraversava persino le suole delle scarpe, mentre i due avanzavano l'uno accanto all'altro verso quell'orizzonte lontanissimo.
Fu subito evidente la differenza di sopportazione fisica tra loro: mentre Nux camminava con aria determinata senza accennare alla fatica, Etnia aveva iniziato ad arrancare già da un pò. I muscoli delle sue gambe erano doloranti, e gli scottanti raggi del sole che le battevano sulla testa non erano certo d'aiuto.
Guardava davanti a sé, fino a raggiungere con lo sguardo il punto in cui la sabbia si univa al cielo, chiedendosi quanto ancora avrebbero dovuto camminare. L'orizzonte non arrivava mai, perché si spostava assieme a loro; e, nonostante probabilmente fossero in viaggio da più di un'ora, non era mai riuscita a scorgere niente altro che sabbia. Iniziava a pensare che forse ciò che le avevano detto era vero; forse là fuori non c'era davvero niente. Ma Nux e Ed avevano detto il contrario, ed ora... Non poteva che fidarsi. E sperare di arrivarci viva, a quelle rovine di cui il ragazzo le aveva parlato.
Riempì i polmoni d'aria calda con un profondo sospiro, ed accelerò il passo fino a posizionarsi nuovamente al fianco di Nux. Vide che anche lui aveva la fronte sudata, e di certo iniziava ad essere stanco di camminare sotto al sole; nonostante questo, la sua determinazione non gli impediva mai di distogliere lo sguardo dall'orizzonte verso cui avanzava. Pensò che aveva ragione; perdersi d'animo nel mezzo nel deserto non era affatto una cosa intelligente. Avrebbe avuto tutto il tempo di lamentarsi una volta raggiunta una città, un luogo sicuro.
Deglutì saliva nel vano tentativo di bagnarsi la gola; la sete iniziava a diventare insopportabile. -Quanto distano ancora le rovine?- chiese poi, voltandosi verso il Trivial.
Lui le lanciò un rapido sguardo, per poi tornare a voltarsi avanti. -Un'altra ora... Forse poco meno- rispose. -Ce la fai?-.
Etnia si voltò indietro senza smettere di camminare, e cercò con lo sguardo le mura della Città Celeste. Si rese conto, tuttavia, che era ormai troppo lontana perché potessero vederla. Voleva dire che si erano allontanati già moltissimo.
-Sì... Ce la faccio- farfugliò.
Il viaggio sarebbe stato ancora lungo, e probabilmente il suo fisico non avrebbe retto fino al raggiungimento della meta. Ma non voleva di certo dirlo, sentirsi un peso; si giurò che avrebbe fatto del suo meglio, sperando che questo le avrebbe consentito di farcela.
Il loro cammino proseguì, sotto gli incessanti raggi del sole che però, molto lentamente, avevano iniziato a farsi più leggeri. Questo non poté che essere un sollievo per entrambi, ma allo stesso tempo sembrò preoccupare in modo particolare Nux.
-Dobbiamo raggiungere le rovine prima che il sole scenda- disse. -Se scende il buio ci toccherà fermarci. Ma non possiamo, abbiamo entrambi bisogno d'acqua-.
La ragazza, che ormai camminava con la testa bassa e le braccia molle lungo il corpo, annuì vagamente. -Quanto manca ancora..?- farfugliò con voce flebile.
In risposta, lui le posò una mano sulla spalla. Quando Etnia sollevò la testa per guardarlo, le indicò con la mano destra in punto all'orizzonte.
Fu allora che, finalmente, vide le rovine. Un gruppo di vecchi palazzi grigiastri, alcuni dei quali giacevano a terra, altri pericolosamente distorti. Erano ancora molto lontani, ma neppure così tanto. Ciò significava che, nonostante il suo stesso stesso scetticismo, ce l'aveva fatta!
Finalmente, l'orizzonte non era più soltanto sabbia e cielo.

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